Gli «arancini» porgono il primo saluto di benvenuto ai viaggiatori che si apprestano alla traversata dello stretto di Messina.
Le origini dell’arancino sono molto discusse. Essendo un prodotto popolare risulta difficile trovare un riferimento di qualche tipo su fonti storiche che possano chiarire con esattezza quali le origini e quali i processi che hanno portato al prodotto odierno con tutte le sue varianti. Nel XII secolo il geografo Idrisi non riporta alcuna notizia di risaie in Sicilia, pur essendo presente fra i piatti della cucina arabo-sicula una sorta di timballo di riso condito con carne e verdure ed aromatizzato con zafferano.
Nel primo vocabolario siciliano nel 1751 di Michele del Bono e poi in quello nel 1785 di Michele Pasqualino il termine “arancinu” è riferito solo come aggettivo. Nel 1773 viene riportato nel libro “Credenziere del gusto” la ricetta dei Bignè al Riso: “Cotto il riso nel latte, e freddato, si unirà con gialli di uova, cortecce di portogallo candite, e tritolate, cannella, e pane di Spagna in polvere, e fatto tutto in bocconi, si friggeranno infarinati prima, e dorati nell’uova, e polverati di zucchero si servono”.
Secondo una riflessione di Carlo Blangiforti, a pagina 53 del suo recentissimo libro “L’ingrediente segreto“, in Sicilia il suffisso “inu” è utilizzato per formare aggettivi riferiti al colore: gilistrinu, cunigghinu, curaddinu, furnintinu e quindi anche … arancinu. La prima documentazione scritta che parli esplicitamente dell’arancinu, in qualità di pietanza è il Dizionario siciliano-italiano del palermitano Giuseppe Biundi, edito nel 1857 a Palermo, il quale testimonia la presenza di “una vivanda dolce di riso fatta alla forma della melarancia“. Da allora, nei decenni successivi, fino ad oggi, fu sempre riportato nei vari documenti il termine di “arancinu”.
Forse la tecnica di preparazione dell’arancinu, che è del tutto simile alla “croquette”, (introdotta nel panorama culinario siciliano dai monsù francesi emigrati nel Regno Borbonico alla fine del ‘700), ha portato i palermitani a storpiare il termine in “arancina”, probabilmente per puro ed innato, quanto inutile, senso distintivo di cittadini del capoluogo siciliano.
Il Ministero delle Politiche agricole ha ufficialmente riconosciuto e inserito nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (PAT) la nomenclatura “arancini di riso”.
Per la preparazione degli arancini, si fa cuocere al dente il riso originario in abbondante brodo fino a completo assorbimento. Si fa raffreddare su un piano di marmo. Formati dei dischi di questo impasto, si pone al centro di ciascuno una porzione di farcitura e si chiudono. Successivamente si passano in una pastella fluida di acqua e farina e si impanano nel pangrattato, pronti per essere fritti. A Palermo e Catania è molto diffuso l’uso dello zafferano per dare un colorito dorato al riso, molto compatto e nettamente separato dalla farcitura, contrariamente a quanto succede nella zona di Messina, dove si utilizza il sugo insieme allo zafferano. In ogni caso la ricetta originale degli arancini non prevede l’uso delle uova, né per il ripieno (l’originario infatti contiene molto amido e non necessita di uova per essere legato), né per la panatura.
Ma come fare gli arancini di riso siciliani classici (al ragù di carne)?
Preparate un ragù di tritato di carne abbastanza asciutto (altrimenti aggiungete un po’ di farina 00 per farlo rapprendere) con una cipolla; una carota; un gambo di sedano; 2 foglie d’alloro; 3 chiodi di garofano; 1 pizzico di rosmarino; 250 g di carne macinata di bovina; 250 g di tritato suino; 300 ml di passata di pomodoro (oppure 2 cucchiai di concentrato di pomodoro); 200 g di piselli; mezzo bicchiere di vino bianco secco; pepe; sale.
Fate rosolare in un tegame le verdure pulite e tritate finemente in un filo d’olio extravergine d’oliva.
Dopo qualche minuto, unite la carne e lasciate rosolare, quindi alzate la fiamma, versate il vino e lasciatelo evaporare.
Aggiungete le erbe aromatiche e i chiodi di garofano, i piselli e la passata di pomodoro.
Aggiustate di sale e di pepe e lasciate cuocere dolcemente per 1 ora e mezza.
In una pentola antiaderente dal fondo spesso, mettete 3 litri di acqua e 1 kg di riso (originario, ribe, ecc), 2 bustine di zafferano (nella Sicilia orientale non viene usato), 100 g di burro, 30 g di sale, tutto a freddo.
Fate cuocere a fuoco moderato, senza mescolare e aspettate che il riso assorba tutta l’acqua, ci vorranno circa 45 minuti. Quindi, versate il contenuto ormai senza liquido su una spianatoia di legno e stendete il riso, per farlo raffreddare spontaneamente.
Una volta che il riso è raffreddato, prendendone un pugno per volte, formate una palla di riso all’interno del palmo della mano, grande quando un’arancia.
Adesso apritela al centro e inserite un po’ di ragù, facendo una piccola polpettina.
Inumidite le mani, richiudete l’arancino e compattatelo bene. Ripassate l’arancino in una pastella (per questa mescolate con una frusta 400 ml di acqua con 250 g di farina e 1 pizzico di sale oppure 200 ml di acqua con 150 g di farina, 2 uova e 1 pizzico di sale: il composto dovrà risultare liscio, abbastanza liquido e privo di grumi) e poi nel pangrattato.
Friggete gli arancini in abbondante olio di semi a 180°C, (potete usare una piccola pentola coi bordi alti e il fondo non troppo spesso, così da poter cuocere gli arancini totalmente immersi nell’olio) fin quando non saranno ben dorati e poi riponeteli su dei fogli di carta assorbente.
In alternativa, potete cuocere gli arancini al forno, sistemandoli su una teglia ricoperta di carta da forno e infornate a 180°C per una trentina di minuti.
Se si vuole dare la forma appuntita tipica della Sicilia orientale, all’interno del palmo della mano umida posizionate un po’ di riso e riponete al centro la farcia. Ora, aiutandovi con l’altra mano (sempre inumidita) fate roteare il composto, in modo che il riso che avete già preso andrà a coprire la parte scoperta. Insomma, più o meno il procedimento ricorda quello del tornio: facendo roteare il riso vedrete che poco a poco salirà su, formando la tipica forma a punta.
Ed ecco una scheda per l’ANALISI SENSORIALE degli arancini siciliani preparata da Giuseppe Ignoto della Chaine di Rotisseur Sicilia
VISTA | # forma: tronco di cono, appuntito, con base circolare piatta, di media grandezza # impanatura: crosticina color oro carico, senza variazioni, né eccessivamente scure, né tanto meno nocciola o marrone – senza venature e/ striature scure o chiare (indice di frittura eccessiva e/o ripetuta, o utilizzo di oli vari, scadenti e strutto) – superficie uniforme, leggermente rugosa (leggera rugosità all’utilizzo del pangrattato per la frittura) – superficie senza crepe, o spaccature od addirittura con ripieno fuoriuscito (cattiva elaborazione, cattiva cottura) # interno: riso color naturale bianco (un po’ più colorato se è stato utilizzato il brodo) – ripieno: ragù di carne, color rosso carico, né poco carico, né molto chiaro, sono evidenziati i colori della carota, dei piselli, e dell’uovo – formaggio filante, color latte |
OLFATTO | # esterno – impanatura, odore tenue, fragrante di buona frittura, non eccessivamente intenso, e che ricorda l’aroma dell’olio utilizzato per la frittura # interno: odori misti, complessi, dove prevalgono quelli del ragù, della salsa utilizzata, e delle carni cotte, un po’ meno quello del formaggio |
GUSTO | # esterno – crosticina esterna fritta, croccante di medio spessore (no, basso spessore, non riesce a contenere la pressione esercitata dal ripieno, spesso fluido, che riesce a creparne la superficie, e se è spessa ne diminuisce la gustosità, la presa, no, al sapore anche leggermente rancido dell’impanatura) # interno: riso ben cotto, mai “al dente” o addirittura scotto – sapori misti, complessi, dove prevalgono quelli del ragù e della salsa utilizzata, delle carni cotte, dei piselli, dell’uovo, meno intenso quello del formaggio – carne sapida, ben cotta, soda, filamentosa se non tritata – formaggio tenero e filante, che ricorda il latte, gustoso – ragù, non deve essere dolce ma sapido, gustoso, dal sapore tipico, caratteristico, mai speziato, (si, all’utilizzo dello zafferano) – ripieno mediamente denso, mai fluido, sapido ed equilibrato, con i componenti ben amalgamati e combinati |
A cavallo di ferragosto, a Rosolini, in provincia di Siracusa, per cinque giorni, si svolge la sagra dell’arancino, che nel 2018 è giunta alla ottava edizione, divenendo una delle più importanti manifestazioni siciliane Durante la sagra, viene coinvolto tutto l’abitato e la partecipazione di molti artigiani locali ed artisti, con l’animazione delle serate con spettacoli di musica , danza, comicità, giochi, oltre che la degustazione di più di dieci tipi di arancino e di altre specialità tipiche locali.
Un’altra sagra arrivata all’18° edizione, si svolge a Ficarazzi di Acicastello, in provincia di Catania.
Il libro “Siciliani a tavola” di Albero Denti di Piraino, edito nel 1970, è il primo e ultimo libro di cucina siciliana che ne riporta il nome al femminile.
Mentre nel libro “La cucina siciliana di derivazione araba” di Tommaso D’Alba, edito nel 1980 ne riporta quattro:
Ma oramai in Sicilia nelle città di Catania, Messina e Palermo le “arancinerie”, vengono preparati arancini con gli ingredienti più vari: è possibile trovarne fino a trentuno tipi diversi (come ad esempio, a Messina dai Fratelli Famulari: ragu, norma, burro, quattro formaggi, spinaci, diavola, nduja, salamino, porchetta, bisonte, della suocera, funghi, salsicciotto, bacio, pesto e gamberetti, dello stretto, salmone, nibali, balotelli, noci, pistacchio, Roma, con i piedi, al trancio, dell’avvocato, della felicità, franceschino, vegetariano, vegano, nutella, nutella e pistacchio).
Ma oltre a quello classico con il ragù, in giro per la Sicilia è possibile trovarne altri dei tipi più disparati:
Mentre, alcuni chef siciliani si sono cimentati in versioni personalizzate per i gourmet più sopraffini:
“Doppo, tutti gli arancini s’infilano in una padeddra d’oglio bollente e si fanno friggere fino a quando pigliano un colore d’oro vecchio” (Gli Arancini di Montalbano – A. Camilleri)
Ed ora vediamo qualche ricetta con cui si può comporre un intero menù e le ricette dei suddetti arancini gourmet:
Pulire e tagliare i carciofi e metterli a soffriggere in olio e cipolla tritata.
Far saltare per 5 min. Dopo aggiungere il riso, farlo tostare anch’esso e sempre mescolando aggiungere brodo vegetale.
Infine parmigiano e burro per renderlo cremoso.
Una volta cotto il riso si fa raffreddare stendendolo un po’.
Una volta raffreddato il riso, gli si da una forma sferica con le mani.
L’arancino dovrà essere immerso in una pastella di acqua e farina e successivamente passato nel pangrattato.
Friggere in olio bollente e servire ancora caldi.
Cuocete 500 grammi di riso in 1,2 litri di acqua salata, in questo modo il riso assorbirà tutta l’acqua mantenendo anche tutto l’amido che sarà fondamentale per far sì che gli arancini non si rompano.
Cuocete il riso a fuoco basso e se non fosse ancora pronto aggiungete acqua bollente. Unite 120 grammi di pesto, 3 tuorli e abbondante formaggio grattato. Amalgamate bene ed allargate il composto in un grosso piatto per farlo raffreddare.
In un padellino fate cuocere 100 grammi di piselli con una noce di burro ed un giro d’olio, salate e portate a cottura con poca acqua. Lasciateli croccanti.
Tagliate a cubettini una mozzarella e fatela scolare per bene.
Con le mani umide prendete un po’ di riso, disponete al centro i piselli e la mozzarella. Chiudete e formate gli arancini della forma che preferite, ovvero rotondi o con la classica forma a cono.
Sbattete le restanti uova con un pizzico di sale ed impanate gli arancini, passandoli prima nell’uovo e poi nel pangrattato.
Scaldate l’olio di semi in una pentola stretta in modo che l’arancino mentre cuoce sia completamente ricoperto d’olio.
Quando la temperatura dell’olio sarà di circa 180° deponeteci l’arancino usando un mestolo forato.
Fateli dorare per bene e scolateli su carta assorbente.
Serviteli su un letto d’insalata condita con olio aromatizzato al basilico.
Potete farvelo ricoprendo le foglie di un mazzetto di basilico con olio extravergine.
Otterrete due cose: un ottimo olio profumato e delle foglie di basilico perfettamente conservate.
Lessate il finocchietto e conservando il liquido, scolate il finocchietto e tagliuzzatelo.
Lessate il riso nell’acqua del finocchietto e, dopo averlo scolato, stendetelo su una teglia e fate raffreddare bene.
A parte preparate la salsiccia, rosolando in padella con olio e cipolla, e cuocete a fuoco medio con un po’ di sale. A fine cottura, aggiungete il finocchietto selvatico già lessato e sminuzzato e fate raffreddare bene.
Assemblate le arancine: fate delle piccole palle tra le mani umide, formando un incavo nel mezzo, in cui va messo un cucchiaio di salsa di finocchietto, un pezzo di salsiccia rosolata e un dadino di caciocavallo; quindi chiudere il tutto e formate una palla che farete rotolare ogni pallina all’interno di ogni contenitore ruotandolo in senso orario.
Prima nella farina, poi nell’uovo leggermente sbattuto, poi nel pangrattato. Dovete fare ruotare ogni pallina per un bel po’, di modo che assorba bene la farina, ed anche il pangrattato. Più velocemente, invece, nell’uovo sbattuto.
Friggete, o cuocete in forno, dopo aver adagiato le arancine in teglia unta e irrorato con un filo d’olio (temperatura alta per pochi minuti).
Servire tiepide., dopo averle poste su un foglio di carta assorbente.
Preparare il ragù il giorno prima e togliere un terzo del grasso della pelle di un petto d’anatra (e buttarlo).
Tagliare il resto (carne e pelle) a dadini. Far soffriggere un gambo di sedano, una carota, mezza cipolla il tutto tagliato a dadini. Aggiungere del rosmarino.
Non appena si colora aggiungere la carne e mescolare. Salare. Quando la carne si colora e il grasso si è un po’ sciolto, sfumare con il vino. Abbassare il fuoco e cuocere una decina di minuti poi aggiungere un po’ d’acqua (o brodo) e cuore per una mezzora. Infine versare 150 grammi di panna e cuocere ancora una ventina di minuti a fuoco basso.
La carne deve essere tenera e la salsa cremosa. Salare, pepare, aggiungere qualche foglia di prezzemolo e far riposare almeno 2 ore (meglio tutta la notte, al fresco).
Cuocere 300 grammi di riso. Portare a bollore 900 g d’acqua e salare. Tuffarci il riso e cuocere un quarto d’ora circa, avendo cura di mescolare, per evitare che il riso si attacchi e far in modo che rilasci l’amido. Scolarlo rapidamente (deve rimanere un po’ d’amido), rimetterlo nella pentola e condirlo con 30 grammi di burro e 30 grammi di parmigiano grattugiato.
Versarlo in un piatto per farlo raffreddare. Non appena è tiepido-freddo, incorporare l’uovo. Coprire di pellicola e lasciare in frigo almeno 3 ore.
Con le mani umide, formare delle palle nell’incavo della mano, fare un buco al centro fino a metà spessore, nasconderci un cucchiaino di ragù e un dadino di formaggio. Richiudere ben eventualmente con ancora un po’ di riso un modo che la palla sia perfettamente sigillata. Passate in una pastella densa di farina e acqua e subito nell’uovo sbattuto e dopo nel pangrattato.
Friggerli 3 alla volta in una pentola profonda con olio bollente ma non fumante.
Rigirarli non appena sono dorati.
Metterli su carta assorbente e salarli.
Preparare il brodo: lavare e mondare le verdure 1 kg finocchietto selvatico, 2 carote piccole (o 1 grande), 1 gambo di sedano, 1 porro, metterle in una pentola capiente e coprirle di acqua ben fredda e portare a ebollizione. Far bollire per un’ora.
Ricordo che il brodo non va mai salato, per non alterare la sapidità del piatto a cui va aggiunto.
Togliere il finocchietto, scolarlo molto bene premendo con il dorso di un cucchiaio, tagliarlo e tenerlo da parte. Filtrare il brodo rimanente (potete frullare le verdure, salarle e mangiarle così, magari aggiungendovi un cucchiaino di curry per dare più sapore).
Preparare il riso: versare in una pentola di capacità adeguata 30 g di l’olio e mettervi 40 g di burro. Far sciogliere il burro a fuoco molto dolce (non deve soffriggere), poi spegnere la fiamma e farlo raffreddare leggermente: la cipolla infatti va messa nei grassi di cottura a freddo, altrimenti si brucia.
Nel frattempo tritare molto finemente una cipolla e farla imbiondire nel soffritto. Aggiungere 600 grammi di l riso Originario e farlo tostare a fiamma vivace per 3 minuti circa. Sfumare con il vino e quando l’alcool sarà evaporato (fidatevi del vostro olfatto, più che della vista!) aggiungere 2 litri di brodo.
Portare a cottura per 12 minuti (il tempo di cottura dell’Originario è 14 minuti) aggiungendo altro brodo quando necessario, regolare di sale. Il riso deve essere piuttosto al dente e non deve risultare all’onda come un normale risotto, ma più compatto (altrimenti le arancine non tengono!).
Spegnere il fuoco, mantecare con 50 g di burro e altrettanto grana grattugiato, poi immergere la pentola nel lavello pieno di acqua fredda (facendo attenzione a non fare entrare acqua nel riso!) e mescolare il riso per fermarne la cottura e farlo raffreddare rapidamente.
Una volta che il risotto si è raffreddato allargarlo in una teglia, coprirlo con pellicola trasparente per non farlo seccare e metterlo in frigo per almeno 4 ore.
Preparare la farcia: far rinvenire 50 grammi di uva passa in acqua tiepida per 20-30 minuti.
Squamare un kg di sarde, pulirle e diliscarle, sciacquarle velocemente sotto l’acqua corrente, poi tagliarle a pezzi. Tritare finemente una cipolla.
Versare l’olio in una capace padella, mettervi la cipolla e quattro filetti di acciughe dissalati, accendere il fuoco e soffriggere il tutto: i filetti di acciughe si scioglieranno nel soffritto. Aggiungere le sarde e farle rosolare. Unire a questo punto il finocchietto tritato, salare e pepare e far cuocere per 5 minuti.
Aggiungere l’uva passa scolata, 50 grammi di pinoli e una bustina di zafferano sciolta in poca acqua. Mescolare, completare la cottura e spegnere il fuoco. Far raffreddare completamente mettendo le sarde in frigorifero insieme al riso.
Preparare la vellutata: sciogliere 15 grammi di burro a fuoco dolce e mescolarvi 15 grammi di farina e 1 pizzico di sale. Far tostare il roux per 2 o 3 minuti (deve rimanere bianco), poi aggiungervi 300 ml di brodo al finocchietto bollente. Mescolare con una frusta per evitare la formazione di grumi, far prendere bollore e quando la salsa comincerà ad addensarsi calcolare 10 minuti di cottura. Regolare di sale e far raffreddare in frigorifero con riso e sarde.
Formare le arancine: Prendere una bella manciata di riso (ho pesato la prima ed erano circa 130 g) e compattarla in modo da formare una palla. Posarla su una placca e proseguire formando le altre arancine: ve ne verranno una ventina circa.
Se avanza un pochino di riso è meglio: lo userete per aiutarvi a coprire la farcia, quando riempirete le arancine. Coprire le palline di riso con pellicola trasparente e farle raffreddare in frigorifero per 15-20 minuti.
Mescolare il condimento di sarde con la vellutata al finocchietto, in modo da renderlo più cremoso.
Preparate una pastella di 300 grammi di farina, 600 ml di acqua e un cucchiaio di sale. Versare il pangrattato in una teglia e tenerlo a portata di mano. Tirare fuori le arancine dal frigo e farcirle: prendetene una con una mano e con il pollice dell’altra fare un buco al centro e allargarlo bene. Mettervi al centro una bella cucchiaiata di farcia alle sarde, compattarla un pochino con il cucchiaio, poi richiudere l’arancina in modo da sigillare completamente la farcia. Se necessario, prendete un pochino del riso avanzato.
Posare l’arancina farcita su un vassoio, poi passare alla successiva.
Immergere ogni arancina nella lega rotolandovela bene, poi estrarle e posarle ancora sulla teglia, in modo che la lega scoli un poco. Finita questa operazione, passare le arancine nel pangrattato rotolandovele per bene, in modo che se ne rivestano e posarle a mano a mano su una teglia pulita.
Versare nella padella profonda per i fritti una manciata di sale grosso (serve a non far schizzare l’olio) e l’olio di semi (le arancine devono essere completamente sommerse) e farlo scaldare, portandolo alla temperatura di 200 °C.
Immergervi le arancine 2 alla volta per non abbassare eccessivamente la temperatura dell’olio, e friggerle per 2-3 minuti, finché la panatura non diventa dorata. Estrarle con il ragno e proseguire la frittura fino a esaurimento delle arancine.
Servirle immediatamente, belle calde. su un foglio di carta assorbente.
Riso integrale
Portare in ebollizione l’acqua con il sale, aggiungere il riso e cuocere a fuoco lento 30 minuti, scolare, condire con la crema di pistacchio e acqua di vongole.
Ragù di pesciolini in guscio
Scottare leggermente i pesciolini in padella con un filo di olio (precedentemente aperti), aggiungere il pomodoro, condire con un pizzico di sale, alla fine aggiungere erba cipollina.
Succo dei crostacei
Profumare l’olio con basilico e aglio, aggiungere il pomodoro, condire con sale e peperoncino, aggiungere le teste dei gamberi, coprire e cuocere 3-4 minuti, frullare leggermente, filtrare. correggere di sapore.
Guscio di pane grattugiato
Imburrare gli stampi di metallo semi-sferici, abbattere a -18°C, velare con la pastella, pane grattugiato fine e lasciare asciugare, pennellare ancora con la pastella e pane grattugiato, friggere e asciugare in forno a 150° per qualche minuto.
Confezionamento dell’arancino
Scaldare il riso con acqua dei frutti di mare, mantecare con succo di gamberi, farcire con cagliata, ragù dei pesciolini e servire.
Dosi ed ingredienti per sei commensali:
per il consommè di pesce
Per il nero di seppie
Per il ripieno
Per la cottura del riso
Per la pastella e la panatura
Per la frittura
Come procedo
Per prima cosa eviscero e lavo i pesci per il consommè; li tosto in forno a 200° C per 20 minuti e li passo in tegame con aglio intero, basilico, timo e peperoncino. Lascio dorare per tre minuti e verso il Marsala e dopo un po’ tutta l’acqua. Cuocio a fuoco forte fino all’ebollizione e appena affiorano impurità procedo a schiumare con un mestolino, abbassando il fuoco. La cottura del brodo avviene in un’ora circa e solo a consommè pronto aggiungo i capperi tritati. Filtro il liquido in un colino a maglia sottile facendo attenzione di spremere i pesci per averne più succo possibile.
A questo punto metto a cuocere le seppie già spellate, private dell’osso, eviscerate, facendo attenzione a mettere da parte la sacca del nero ed eventuali gonadi o uova del mollusco: sul fondo di un’altra casseruola verso olio quanto basta, la cipolla, il basilico frantumato ed il concentrato. Lascio soffriggere a fuoco leggero per 5 minuti e sfumo col vino. Aggiungo le seppie intere ed il pomodoro. Copro la casseruola con un coperchio e lascio cuocere a fuoco moderatissimo (sulla fiamma della caffettiera) per 45 minuti, facendo attenzione di mescolare di tanto in tanto. A sugo pronto estraggo le seppie e le lascio raffreddare a parte.
Verso nel sugo i capperi tritati e le sacche del nero di seppia, mescolo per bene e tolgo dal fornello. Quando le seppie sono ben fredde le trito finemente e le metto in frigo, aggiungendovi le gonadi lessate per 2 minuti e tritate e/o le uova a crudo. Comincio a cuocere, quindi, il riso con il battuto di cipolla e 5 cucchiai d’olio d’oliva; lo doro per 2 minuti e vi verso il Marsala e, subito dopo, i primi mestoli di brodo. La cottura del riso avviene lentamente in circa 12 minuti e a questo punto lo coloro col sugo al nero di seppia, mescolando sempre e aggiungendo altro brodo se ce ne fosse bisogno.
Appena pronto, con cottura al dente, do una piccola mantecata con 4 cucchiai di olio d’oliva e lascio raffreddare in una grande placca d’acciaio o su di una superficie di marmo. Di tanto in tanto lo mescolo per farlo raffreddare omogeneamente e appena raggiunge la temperatura ambiente lo metto in frigo per due ore. Quando il riso è ben freddo vi amalgamo l’uovo intero e mescolo bene in modo da avere un impasto omogeneo e cremoso. Dal riso ottengo sei belle sfere aiutandomi con una bacinella d’acqua fredda per evitare che l’impasto non si attacchi troppo alle dita. Schiaccio coi polpastrelli ogni palla e vi aggiungo una foglia di basilico, un pezzo di scamorza affumicata e un cucchiaio di seppia trita. Chiudo il disco di riso a mezza luna e con i palmi delle mani lo porto alla forma conica. Lascio riposare in frigo gli arancini per 30 minuti e nel frattempo procedo ad amalgamare la pastella con uova ,latte, birra e farina, aiutandomi con una frusta. In questa pastella passo gli arancini che poi impano col pangrattato.
A questo punto scaldo l’olio e, a seconda del diametro del tegame di frittura, metto uno o più arancini a friggere per almeno 6 minuti, con fuoco moderato ma non troppo. E’ bene fare attenzione che gli arancini stiano in posizione verticale e che siano sommersi interamente dall’olio. Questo gioiello della rosticceria sicula va lasciato asciugare su carta assorbente per vivande e consumato dopo qualche minuto. L’accostamento del vino può essere vario: da un bianco siciliano profumato da uve grillo o cataratto fino ad un rosso giovane di uve nero d’Avola e pure un Marsala Solera servito a 19° di temperatura. Non è azzardato accostarvi pure uno spumante dell’Etna da uve di nerello mascalese in purezza.
Per il Riso
Per il Ragù
Per il pane al nero di seppia
Per la crema di verdure
PREPARAZIONE
Per la seppia
Pulire le seppie privandole delle interiora e della pelle.
Conservare le sacche del nero da utilizzare per il pane e per il riso.
Tagliare la seppia a julienne e porla in una bastardella.
Scottare la seppia versando acqua bollente e scolare dopo 8-10 secondi e raffreddare sotto acqua fredda.
Condire con olio evo, sale, pepe, prezzemolo e pomodorino a fette sottili.
Per il ragù di salsiccia
In una pentola capiente soffriggere le verdure, l’aglio e gli odori a fuoco vivo, aggiungere la salsiccia, quando sarà ben tostata bagnare con poco vino rosso da lasciarlo evaporare. Aggiungere il pomodoro, salare e lasciare cuocere a fuoco lento per 2 ore circa. Lasciare raffreddare.
Per la crema di verdure selvatiche
Soffriggere la cipolla e la patata e aggiungere il brodo vegetale. A raggiungimento del bollore, cuocervi le foglie delle verdure.
Una volta cotte, togliere dal fuoco e frullare aggiungendo olio evo a filo, e regolare di sale e pepe.
Per il riso
Procedere alla normale cottura del risotto. A cottura quasi ultimata, aggiungere il nero di seppia, spegnere il fuoco e mantecare.
Spianare il riso su un tavolo e lavorarlo ancora caldo.
Confezionare gli arancini passandoli prima dalla pastella (piuttosto densa ottenuta da farina 00 e acqua qb) e poi dal pan grattato ottenuto dal pane al nero di seppia, e friggerli in olio caldo.
Disporre sul fondo del piatto un cucchiaio di crema verde, adagiare sopra l’arancino ben caldo e ultimare con la seppia julienne sopra l’arancino.
PER PASTELLA
PER IMPANATURA: pangrattato
PER FRIGGERE: olio d’arachidi
PROCEDIMENTO
Tagliare il Trunzo e bollirlo, passarlo in padella con olio ed aglio, aggiungendo la salsa di pomodoro; l’impasto deve risultare morbido ma solido.
Successivamente bollire il riso e scolarlo. Condirlo con olio, burro, parmigiano ed un trito finissimo di 1/4 di trunzo già passato in padella.
A questo punto bisogna far raffreddare il riso che deve risultare abbastanza asciutto.
Ai 3/4 di trunzo rimanenti, aggiungere cacio ragusano e formaggio filante tagliati finemente; aggiustare di sale e mescolare bene il tutto per preparare gli arancini.
Mettere una piccola quantità di riso nel cavo della mano, riempirlo con l’impasto e chiuderlo con dell’altro riso formando una palla.
Passare gli arancini nella pastella e successivamente nel pangrattato; friggere in abbondante olio e lasciare riposare.
Rifriggere per ottenere una doratura più croccante.
A Palermo, specialmente negli anni ’40, si realizzavano solo quelli al cioccolato.
Ingredienti per 4 persone
Fumetto di cannella
Procedimento del fumetto di cannella
In un tegamino versare l’acqua, la cannella, la scorzetta di limone, lo zucchero al velo vanigliato, far cuocere per 15 minuti circa e lasciare in caldo.
Procedimento dell’arancina al cioccolato
In una padella antiaderente, tostare il riso con il burro, e iniziare a sfumare con il fumetto preparato in precedenza.
Aggiungere lo zucchero semolato e continuare a girare lentamente con un cucchiaio di legno e, terminata la cottura, lasciare intiepidire. In un secondo tempo, formare delle sfere, simili ad un’arancia e farcirle con i cubetti di cioccolato.
Procurarsi una ciotola molto capiente, dove creerete una miscela a base di acqua e farina (fino ad ottenere una consistenza molto cremosa e liscia) e passarvi le arancine, immergendole del tutto. Successivamente, passarle anche sul pantrito e cuocerle in olio. Prima di consumarle, passarle in abbondante zucchero semolato.
Ingredienti per 10 arancini:
Ripieno:
Spezie:
Esecuzione:
In un recipiente mettere la guancia intera, le verdure intere e lavate, quindi aggiungere le spezie ed il sale.
Fare riposare per un paio d’ore. In una pentola a pressione di dimensioni appropriate mettere l’olio evo con le verdure e la guancia, quindi a pentola chiusa mettere sul fuoco lentissimo per almeno due ore e mezza.
A cottura avvenuta aprire la pentola, colare l’olio e fare raffreddare.
Passare al cutter dando una textura grossolana.
Nel frattempo avremmo fatto il nostro riso, tostandolo in una pentola bassa solo con olio e burro e tirando a cottura con il brodo salato e lo zafferano.
Alla mantecatura aggiungeremo la cipolla stufata nel burro e finita con l aceto ed il ragusano. Formiamo delle palline di ugual peso a cui faremo un buco in cui introdurremo il ripieno, diamogli una forma a cono e facciamoli in frigo per un paio d ore in modo che l amido del riso leghi l arancino.
Paniamoli in farina di mais per avere una maggiore croccantezza ed asciuttezza quindi li friggiamo in olio di semi d arachide per circa 10 minuti.
Ingredienti
Per il ragù di triglie
Per la zuppa di triglie
Per la panatura
Il ragù di triglie
Squamo delicatamente le triglie, poi taglio via la testa e le sfiletto conservando gli scarti che mi serviranno per la zuppa. Scaldo l’olio in un tegame e unisco tutti insieme la cipolla tritata, i pinoli, la parte tenera del finocchietto tritata e il concentrato di pomodoro. Faccio rosolare dolcemente il tutto mescolando e, di seguito, unisco lo zafferano e i filetti di triglia. Insaporisco con sale e pepe, e in pochi minuti completo la cottura del ragù. Lascio raffreddare.
Il riso
Trito finemente la cipolla e la faccio appassire in un tegame con l’olio, poi unisco l’acqua, 20 g di sale e lo zafferano, e faccio alzare l’ebollizione. A questo punto verso nel tegame il riso e, mescolando, lo faccio cuocere fino a completa evaporazione dell’acqua. Fuori dal fuoco, unisco una macinata di pepe e burro a pezzetti, e manteco il riso; poi lo stendo su un piano per farlo raffreddare.
La zuppa di triglie
Faccio essiccare le lische delle triglie nel forno a 60°C, poi le friggo in poco olio caldo fino a che diventano croccanti. Scaldo poco olio in un tegame e faccio rosolare lo spicchio d’aglio. Quando è dorato, unisco il prezzemolo, la passata di pomodoro e, dopo pochi minuti di leggero bollore, aggiungo le teste delle triglie e spengo. A questo punto filtro, aggiungo le lische fritte, frullo il tutto e, di nuovo, filtro; infine regolo di sale per esaltare il gusto della frittura.
Formatura
Riempio uno stampino semisferico con il riso freddo, premendo bene; faccio un incavo e lo riempio di ragù di triglia. Lo sformo e modello l’arancina chiudendo all’interno il ragù. Pennello l’arancina con l’albume, la cospargo con la mollica e la passo nel forno a 200° C per 10 minuti.
Presentazione
Accomodo l’arancina al centro del piatto e verso sul fondo la zuppa. Guarnisco con una coda di triglia essiccata e fritta.
Si tratta di una ricetta brevettata 100 % siciliana
Sono gli arancini che faceva spesso mia suocera.
Far bollire meta del riso siciliano ennese (quello di Agrirape di Angelo Manna) in acqua e sale, scolarlo e disporlo a fontana. Aggiungere due uova, una cucchiaiata di menta fresca e un pizzico di zafferano.
Preparare anche il riso per il secondo strato e poi mescolarlo con ricotta fresca ben sgocciolata, pepe nero e prezzemolo.
Quindi, plasmare con le mani metà dell’arancino, in cui va posto all’interno: un pezzetto di Piacentino ennese e un cucchiaio di ricotta.
Ricoprire il tutto con un’altra cucchiaiata di riso.
Passarlo poi: nella farina, nell’uovo battuto e, infine, nel pangrattato.
Friggere in abbondante olio bollente.
Ingredienti (per 10 porzioni)
Procedimento (per 10 porzioni)
Preparare un risotto allo zafferano con brodo di carne e, a fine cottura, stendere uno strato sottile di risotto su carta da forno e far seccare in forno per 4 ore circa a 80°C, quindi frullare quanto ottenuto cercando di lasciare qualche granello di riso intatto.
Conservare la polvere in un recipiente ermetico.
Condire il trito di carne di vitello con olio, sale, pepe e insaporire con aglio schiacciato da eliminare alla fine del condimento.
Ricavare dal trito condito sfere da 30 gr cadauna, stenderle su pellicola trasparente, batterle con un batticarne avendo cura di coprirle prima con carta da forno, quindi adagiare al centro di ogni cerchio di carne circa 10 gr di stracciatella di bufala sgocciolata.
Richiudere la carne a forma di arancino (cono capovolto).
Condire la concassè di pomodoro rosso spellato con olio, basilico, aglio, sale e pepe.
Lessare quindi i piselli e cuocere le uova di quaglia in camicia in acqua acidulata e salata.
Passare gli arancini nella polvere di risotto, porre sul piatto accompagnati dalla concassè, dall’uovo, i piselli, il crostino e le foglie di basilico.
Servire fresco e mai freddo.
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