Sant’Angelo Muxaro è comune siciliano di 1.301 abitanti della provincia di Agrigento, a circa 30 km dal capoluogo, sulla sommità di una collina a 335 metri sul livello del mare, lungo la riva sinistra del fiume Platani.
Terzo parco naturale della regione per estensioni, i Monti Sicani sono situati tra la provincia di Palermo e quella di Agrigento, con sede a Palazzo Adriano, “la più bella piccola città della Sicilia”, dove è stato girato quel capolavoro di Nuovo Cinema Paradiso.
Probabilmente qui sorgeva una antica città chiamata Camicos, sede del re sicano Kokalos, e i rilevamenti archeologici fatte nei dintorni, delle quali la più importante, un pezzo unico di quasi tremila anni fa, è stata donata ed è esposta al British Museum di Londra, sembrano fornirne una conferma.
Notevole risorsa naturalistica è la Grotta dell’Acqua e la Riserva naturale Grotta Ciavuli, lunga circa 1 km, con un ruscello interno che, prima di sgorgare all’esterno della collina, forma un laghetto interno.
L’attuale centro abitato venne iniziato ad essere edificato nel 1511, a seguito di una colonizzazione dei greci albanesi (arbershe).
In questo piccolo e mitico centro nel 2018, nel giorno dell’Epifania, si è tenuta la sessantunesima Sagra della ricotta (di pecora ovviamente): un prodotto tipico di tutta la Sicilia, ma che qui assume un particolare aspetto di “ancestralità”, sia nei modi di preparazione, di celebrazione e di utilizzazione gastronomica.
Qui, infatti, i pastori transumano ogni giorno in giro per i Sicani con le loro pecore, poi tutte munte a mano, per un latte che cambia a seconda delle stagioni e della vegetazione presente, come ad esempio sulla e trifoglio, tra i migliori.
Dal sito degli organizzatori della Sagra della ricotta (associazione De Marinis, associazione Alikos e azienda turistica Val di Kam) che organizzano, insieme al comune e senza fini di lucro, la manifestazione, si legge: “Ci si sveglia di buon mattino al suono delle campanelle delle pecore che girano per le strade del paese, mentre in piazza si inizia a preparare la ricotta proprio come si faceva una volta: su tre grossi blocchi di pietra viene appoggiata una grande pentola che bolle sopra della legna accesa e sotto l’occhio vigile del pastore che mescola ininterrottamente. La piazza viene pervasa da fumi, odori e sapori e quando la ricotta è pronta, visitatori possono avvicinarsi per assaggiarla. Intanto, fanno ingresso in paese i cavalli per la tradizionale sfilata. Per la gente del posto ormai avere un cavallo da addobbare a festa e cavalcare in questo giorno e qualcosa di unico, di irrinunciabile, qualcosa di cui andar fieri tutto l’anno in attesa della manifestazione prossima. Sempre in piazza Umberto I, inizia la fila per la distribuzione della ricotta, che a dire il vero è solo uno dei prodotti che ritroveremo sul vassoio, assieme al “muffulettu cu a ricotta”, al cannolo, al formaggio pecorino, alla toma e a un bicchiere di vino. Fanno da cornice all’evento, stands di aziende siciliane che vendono i loro prodotti artigianali. Nel primo pomeriggio giungono in paese Nardu e Ribberiu, due pastori in costume tradizionale che portando in giro per il paese il loro asino e il loro gregge, danno vita ad una farsa comica: un susseguirsi di insulti, cadute, scenette grottesche, liti sotto gli occhi infastiditi del loro padrone, U Camperi. Dopo aver girato le vie del paese si ritorna in piazza, dove i due pastori, finiti i mestieri della giornata, provano ad andare a letto, ma sono svegliati dall’angelo del Signore che annuncia loro che in una povera capanna è nato il Bambin Gesù. Tutti volgono lo sguardo alla grotta, simulata su un palchetto in un angolo della piazza, lì tante bambine vestite in candide vesti, le Verginelle, recitano lodi al Signore. La rappresentazione si chiude con la folla che accompagna il Bambino Gesù in Chiesa. La serata si conclude passeggiando tra bancarelle assaggiando prodotti tipici, grigliate di carne e altri prodotti tipici”.
Io ci sono stato, per andare a trovare una mia collega di università, che mi ha ospitato a casa dalla sua anzianissima e arzillissima nonna Emma, la quale è riuscita a farci assaggiare alcune antiche preparazioni del luogo:
ed ecco le ricette.
Procuratevi del latte di pecora non scremato (se non lo trovate potete usare il latte di vacca, ma assolutamente nè scremato, nè parzialmente scremato, nè UHT): mezzo litro di latte produce circa due tazze di ricotta.
Appena il latte inizia a diventare schiumoso ed a bollire; rimuoverlo dal fuoco prima che inizi a bollire.
Quindi aggiungi il succo di due limoni e un cucchiaio di sale (secondo i vostri gusti – dalle mie parti non mettono sale) e mescola delicatamente.
Lasciare riposare la pentola di latte per 10 minuti: dopo questo tempo, il latte dovrebbe essere separato in ciuffi di cagliata bianca lattiginosa e siero di latte sottile, acquoso, di colore giallo – immergere il cucchiaio scanalato nel mix per controllare. Se vedi ancora molto latte non separato, aggiungi un altro cucchiaio di succo di limone o aceto e attendi qualche altro minuto.
Con l’aiuto di un schiumarola prendete i fiocchi di ricotta che vengono a galla depositandoli delicatamente a strati nell’apposito contenitore forato (cavagna), appoggiato su una superfici atta a raccogliere e allontanare i liquidi, aspettando che il siero ancora presente nella miscela coli all’esterno della cavagna.
Dopo 30 o 60 minuti la ricotta risulta disidratata al punto giusto per eventuali altre utilizzazioni
Se la ricotta diventa troppo secca, puoi anche rimescolare parte del siero prima di usarlo o conservarlo.
La ricotta fresca può essere utilizzata subito o refrigerata in un contenitore ermetico fino a una settimana.
Innanzitutto evitare di toccare la ricotta con le mani per tutto il tempo della lavorazione.
Usare una gratella di plastica o metallo posta sopra un piatto e sistemarvi 2 foglia di carta paglia assorbente piegati e rovesciarvi sopra, delicatamente, la ricotta già lasciata a scolare qualche giorno in frigo, coprire con altri 2 fogli di carta paglia facendola aderire alla ricotta stessa e rimettere in frigo per tutta la notte. Il giorno dopo sostituire la carta bagnata con della carta asciutta e rimettere nuovamente in frigo ad asciugare. Ripetere l’operazione per 3 giorni ancora fino a che la ricotta si presenta ben asciutta quindi distribuire del sale su tutta la superficie, sia sopra che sotto, aiutandovi con una saliera a spruzzo, quindi coprire con un foglio di carta e rimettere in frigo.
Dopo 24 ore ripetere l’operazione cambiando la carta sotto e tenendo la ricotta con un foglio di carta, salare, poggiare sulla carta pulita e spargere tutto il resto del sale, stavolta lasciandola tutta le notte fuori dal frigo, vicino ad una finestra aperta per permettere la ventilazione, per tutta la notte e per il giorno successivo, girandola un paio di volte.
Adesso controllare il grado di asciugatura stringendola con il pollice e l’indice al centro della stessa: dovrà essere ben soda e turgida e non morbida altrimenti fare asciugare qualche altro giorno quindi infornare a 200° gradi per 10/15 minuti controllando visivamente il grado di colorazione che si vuole ottenere. Sfornare, fare raffreddare e tenere ad asciugare vicino la finestra ancora qualche giorno, quindi dividere in quarti e conservare avvolgendo i quarti nella carta forno. Il prodotto si conserva non più di 1 mese in frigo e se pensate di non consumarla tutta in questo periodo potete sempre decidere di congelare i pezzi passandoli dal congelatore al frigo qualche giorno prima del loro utilizzo.
In questo contesto mi viene di ricordare un altro “sottoprodotto” della ricotta di antichissime origini ed in uso nella provincia di Messina: la ricotta rinformata (almeno due volte), utilizzata principalmente come condimento di paste con la salsa di pomodoro. E’ il condimento preferito del mio amatissimo figlio Gaetano e non manco mai di portargliene quando mi reco a Roma, dove lui ora abita.
Si procede semplicemente partendo dalla ricotta informata, procedendo a cuocerla nel forno a legna a 180-250°C per circa 30 – 40 minuti, fino all’imbrunimento della “buccia” commestibile, la quale assumerà una coloritura bruno-rossastra.
La ricotta infornata stagionata è nata per essere grattugiata sulla pasta condita nei modi più diversi.
Lessare mezzo chilo di spaghetti al lasciandoli molto al dente. Scolare, versare acqua fredda sugli spaghetti. Scolare bene.
In una grande ciotola mescolare mezzo chilo di ricotta, 200 grammi di mozzarella tagliata a dadini, una rapa rossa cotta al vapore (o un altro ortaggio di stagione) lasciandola soda, sgocciolata e tagliata a striscette, un pizzico di sale e pepe. Mescolare bene.
Mescolare uno o due uova sbattute con gli spaghetti raffreddati. In una padella grande, mettere l’olio d’oliva. Metti metà degli spaghetti in padella. Metti tutta la ricotta, la mozzarella, la miscela di ortaggi distribuendo bene e ricoprire il tutto con gli spaghetti rimanenti.
Cuocere a fuoco medio. Dopo 8-10 minuti, usando un piatto, capovolgere e rimettere in padella. Cuocere dall’altra parte per altri 8-10 minuti.
Preparate con un soffritto con un battuto di una cipolla, uno spicchio di aglio, una carota e un gambo di sedano tritati, quindi aggiungete mezzo litro di passata di pomodoro,un pizzico di sale e di pepe, nonché una foglia di alloro e un cucchiaino di zucchero. Cuocere per almeno quindi minuti.
Preriscaldare il forno a 250°C. Preparare i maccheroni secondo le istruzioni del pacchetto, scolarli e condirli con una metà di ricotta schiacciata per bene e con la salsa preparata prima
In una teglia, mettete uno strato di metà di maccheroni conditi come sopra, uno stato con l’altra metà di ricotta e un sovrastante strato dell’altra metà di maccheroni conditi. Cuocere nel forno per 20 minuti.
Preriscaldare il forno a 200 C Tagliare gli steli di un cavolo vecchio, tritare grossolanamente, lavare e far asciugare bene
Scaldare l’olio d’oliva in una padella larga, aggiungere il cavolo vecchio e cuocerlo, girando alcune volte, solo finché non appassisce (circa un paio di minuti).
Spruzzare o strofinare una tortiera con olio d’oliva. Mettere il cavolo vecchio cotto sul fondo.
Pulire tre carciofi e ricavarne i cuori, tritandoli e mettendoli a strati sopra il cavolo.
Unire 6 uova sbattute, 200 grammi di ricotta, 10 grammi di parmigiano grattugiato, sale e pepe, mescolando fino a quando i formaggi non saranno mescolati nelle uova (ci saranno alcuni grumi).
Versare il composto di uova sul cavolo e il cuore di carciofo, quindi usare una forchetta per mescolare delicatamente in modo che le verdure siano distribuite uniformemente nelle uova. Cospargere alcuni cucchiai di parmigiano grattugiato sulla parte superiore se lo si desidera.
Cuocere la torta per circa 40 minuti. Lasciare raffreddare per qualche minuto, quindi tagliare e servire.
Preriscaldare il forno a 180 °C. Ungere una pirofila da 1,5 litri.
Disporre metà di 300 grammi di patate a fette in base al piatto.
Ricoprire con 4 fette di pancetta e poi con 200 grammi di ricotta, 50 grammi di parmigiano, salvia tritata, sale marino e pepe nero.
Ripetere la successione degli ingredienti e poi completare con un altro 1/3 della patata, 4 fette di pancetta e restante ricotta. Finire con uno strato di patate.
Sbattere insieme quattro uova, 100 grammi di panna, 50 grammi di parmigiano e versare sopra le patate.
Coprire e infornare per 45 minuti finché sono teneri. Togliere il coperchio e cuocere per altri 12-15 minuti fino a doratura.
Il suo nome deriverebbe dall’arabo; precisamente dal termine qas’at, traducibile nell’italiano “bacinella”, “catino”.
La cassata al forno è infatti un dolce rotondo e svasato di pasta frolla siciliana ripieno di crema di ricotta, canditi e gocce di cioccolato e decorato in vario modo con zucchero a velo e cannella.
Per la crema di ricotta, mettere la 700 grammi di ricotta di pecora a sgocciolare in un colino e riporla in frigorifero finché non avrà perso il siero, quindi setacciarla, mescolarla per bene in una terrina insieme a 300 grammi di zucchero e aggiungere 100 grammi di gocce di cioccolato, 100 grammi di frutta candita (preferibilmente zucca candita).
Per il Pan di Spagna, in una ciotola unire 6 uova e 180 grammi di zucchero, una bustina di vanillina, la scorza di mezzo limone grattugiata e a un pizzico di sale e sbattere fino a ottenere un impasto molto chiaro, gonfio e spumoso. Aggiungere poco alla volta 180 grammi di farina setacciata, amalgamando dal basso verso l’alto per non smontare l’impasto. Versare l’impasto in una teglia imburrata e infarinata e cuocere in forno a 180°C per 30-40 minuti circa. Dopodiché aprire parzialmente lo sportello del forno ed estrarre il pan di Spagna solo quando si sarà raffreddato quasi del tutto. A quel punto spostarlo su una griglia per farlo asciugare per bene. Una volta asciutto, ricavare dalla forma due dischi sottili di pan di Spagna.
Per la Pasta Frolla, impastare su di una spianatoia 500 grammi di farina, setacciata, con 200 grammi di zucchero, 200 grammi di strutto tagliato a pezzetti, 4 tuorli d’uovo, 5 grammi di ammoniaca per dolci e la scorza di mezzo limone grattugiata, aggiungendo, appena l’impasto dovesse risultare troppo duro e secco, un po’ di Marsala freddo a filo fino a ottenere una pasta liscia e omogenea. Formare una palla con la pasta, avvolgerla in una pellicola e lasciarla riposare in frigorifero per almeno 60 minuti.
Imburrare e infarinare interamente una tortiera rotonda e svasata di 28 cm, quindi foderarne il fondo e le sponde con parte della pasta frolla spianata e tagliata a forma di disco spesso 5 mm circa. Pressare sul fondo la metà inferiore del disco di pan di Spagna. Poi versare la crema di ricotta nella tortiera, coprire prima con l’altro disco sottile di pan di Spagna e, infine, con la restante pasta frolla. Sigillare per bene i bordi e praticare qualche piccolo foro per fare uscire l’aria dall’interno della cassata. Infornare e cuocere a 180 °C finché la superficie del dolce non si sarà dorata (50-60 minuti). A cottura completata, estrarre la cassata dal forno e lasciarla raffreddare.
Quando si sarà raffreddata, capovolgerla su un piatto da portata e cospargerla interamente con abbondante zucchero a velo e un po’ di cannella da disporre artisticamente.
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