Menù della Sicilia preistorica (da non si sa al 5000 a.C.)

Incisioni della grotta dell’Addaura
Incisioni della grotta dell’Addaura

Menù della Sicilia preistorica (da non si sa al 5000 a.C.)

La Maggior parte degli studiosi è concorde nel ritenere che il genere umano arrivò in Sicilia, all’epoca dell’Homo Sapiens, 5 o sei milioni di anni fa, attraverso la traiettoria Africa -> Asia -> Europa -> Sicilia.

Ma se, in quell’epoca il mare mediterraneo non esisteva, potrebbe essere possibile immaginare (ma non ci sono prove) che la traiettoria più semplice sia stata quella diretta.

Tracce di quei primi abitatori della Sicilia sono state trovate alcuni anni fa nei pressi di Agrigento (come riporta in uno dei suoi ultimi articoli il famoso storico archeologo Sabatino Moscati a pagina 37 del numero di luglio 1997 della rivista “Archeo”).

La teoria in realtà potrebbe essere confermata dai manufatti ritrovati a Capo Rossello presso Realmonte (ciottoli scheggiati a una estremità su una faccia o su due facce) e quelli trovati in un riparo sotto roccia nella Valle del Platani presso Cammarata.

Altre tracce della presenza umana nel paleolitico inferiore, sono state trovate in provincia di Catania lungo i fiumi Dittaino e Simeto e a Noto Antica.

Vale anche la pena di ricordare che, nel 2005 nel territorio di Capaci (centro urbano palermitano divenuto tristemente famoso a causa del sanguinoso attentato al giudice Falcone) è stato ritrovato un osso di dinosauro, in un banco di rocce carbonatiche risalenti al periodo Cretaceo: si tratta di una porzione di un arto di un teropode, gigantesco rettile vissuto circa 90 milioni di anni fa, durante il periodo del Cenomaniano.

Non abbiamo tracce significative risalenti al paleolitico medio (100.000-35.000 a.C.).

Verso la fine del paleolitico medio il livello del mare non era molto diverso da quello attuale, una quindicina di metri più basso, ma poi nel corso dei millenni tese ad abbassarsi fino a raggiungere, circa 24.000 anni fa, i 120 metri sotto il livello attuale: questo portò le coste siciliane e quelle tunisine ad essere divise da una distanza di 20 o trenta chilometri, pochi per le barche di oggi, molto per farle a nuoto, 12.000 anni fa il livello del mare era salito fino a raggiungere i -47 metri rispetto al livello attuale tanto che le isole di Levanzo e di Favignana erano unite alla Sicilia a formare un unico grande promontorio.

Del paleolitico superiore (35.000-8.000 a.C.) e al mesolitico (8.000-6.000a.C.), invece sono state ritrovate testimonianze in quasi tutta la Sicilia:

  • Grotta dei Genovesi (Isola di Levanzo-Egadi);
  • Grotta dell’Addaura (Palermo);
  • Grotta della Molara (Palermo);
  • Grotta Uzzo (Trapani);
  • Agira (Riparo Longo).

La preistoria siciliana ci lascia segni in alcuni punti ancora oggi visibili.

Incisioni della grotta dell'Addaura

Nella parte occidentale dell’isola, lungo i litorali palermitani e trapanesi, si trovano quelle che sono considerate le prime dimore dell’uomo conosciute in Sicilia, in quanto si tratta di grotte che  furono abitate all’incirca 12.000 anni fa (seppure i primi uomini avevano popolato la Sicilia alcune centinaia di migliaia di anni prima), tra cui la grotta da Za’ Minica, presso Carini, oppure la grotta dell’Addaura a Palermo, oppure la grotta del Genovese, a Levanzo, oppure la famosa Grotta del Kronio a Sciacca.

Dal V millennio a.C. vi furono immigrazioni neolitiche di etnie ibero-caucasiche, camito-semite e berberiche (i cosiddetti Sicàni e gli Elimi).

Acropoli di LipariNelle isole Eolie e precisamente a Lipari, i primi coloni neolitici andarono per l’ossidiana, il luccicante “vetro vulcanico” di incredibile duttilità ed efficacia funzionale, che l’attività eruttiva regalò alla più grande delle Eolie e che costituì il vero e proprio oro nero dell’antichità fino alla “invenzione” del metallo, tanto che l’ossidiana, da Lipari, fu esportata in Sicilia, a Malta ed in gran parte della penisola italiana già dal III millennio a.C.

Intorno alla fine del II millennio a.C., un popolo di origine campana, gli Ausoni, invase l’arcipelago, che poi, a causa di un evento sconvolgente non sconosciuto, fu abbandonato fino al VI secolo a.C., allorquando i coloni Cnidi ripopolarono le Eolie.

Dal II millennio a.C. vi furono immigrazioni pre-indoeuropee dei Liguri (i Siculi) e dei Cretesi, sfuggiti alle invasioni ariane.

PantalicaNella Sicilia sud-orientale rimane dalla metà del II millennio a.C. l’emporio costiero di Thapsos e dal I millennio a.C. l’inaccessibile Pantalica, l’insediamento più suggestivo dell’intera preistoria siciliana, a causa della millenaria erosione dei fiumi Anapo e Calcinara prodotta lungo tutti i sui lati

Il modo di alimentarsi é funzione del tipo di societá alla quale si appartiene: cosí un popolo di pastori nomadi baserá sempre la sua alimentazione sul latte, i latticini e la carne, mentre gli agricoltori si nutriranno prevalentemente di farinacei, verdure. Anche i contadini naturalmente consumeranno carne, ma pochissima e soprattutto si asterranno da quella bovina, in quanto i buoi saranno loro necessari alla coltivazione dei campi.

Queste tradizioni, tramandate dagli antenati attraverso una lunga consuetudine, restano radicate nelle abitudini dei popoli anche quando le loro attività si saranno diversificate.

Non ci possono essere conoscenze approfondite su cosa mangiavano i preistorici siciliani.

Ancora oggi in alcune foreste delle isole dell’oceano indiano ci sono gruppi di uomini che non hanno conosciuto alcuna evoluzione, non avendo mai incontrato (o avendolo incontrato forse fortunatamente una sola volta) l’uomo “civilizzato”.

Ciò che è certo è che il nutrimento era ricco di frutta, bacche, foglie e legumi spontanei, radici, termiti vive (sembra strano, ma sono dolci e morbidissime!), insetti. Ancora oggi in gran parte dell’Africa, dell’Asia e dell’Australia è possibile mangiare scarafaggi e cavalletti e persino in Sardegna, fino a quando non venne messo fuori legge, era possibile mangiare il “casu marzu”  un formaggio coi vermi: addirittura ed una volta nell’allora famoso ristorante romano “La Majella”, seduti accanto all’allora famoso sindaco di Milano Tognoli, a me ed al mio amico Enzo Di Franco, ci furono tranquillamente servite delle cappelle di funghi porcini da cui spuntavano decine di vermi e ci fu detto che si trattava di una prelibatezza.

Nel libro di cucina più vecchio dell’antichità, Deipnosofisti di Ateneo di Naucrati, a pagina 133 del Libro IV, riporta un esplicito cenno alla bontà  “della cavalletta e della cicala infilata su una sottile canna”.

Peraltro, sembra che la FAO, l’organizzazione mondiale che lotta contro la fame nel mondo, abbia promosso un programma mondiale per il consumo degli insetti, essendo una nutriente e gustosa fonte di proteine, spesso introvabili in altri alimenti, nonché ecosostenibile,  perché il loro allevamento, a differenza di quello del bestiame tradizionale, procura scarsi danni all’ambiente, mentre invece, secondo le stime dell’ONU, circa un quinto dell’emissioni di gas serra è causato dagli allevamenti di bovini, ovini e suini.

Piatto unico composto interamente da insetti cucinatiSulla stessa “scia”, il Museo Tridentino di Scienze Naturali lo scorso 13 aprile 2011, ha organizzato l’evento “Insetti à la carte” in cui è stato preparato il seguente menù: tartine al patè di larve, locuste saltate con olio e frittelle di cavallette, di cui riporto qui la foto del piatto:

Infine, pochi giorni fa che una catena di supermercati olandesi ha messo in vendita, nel reparto carni, sia insetti freschi da cucinare, che buste dal contenuto già pronto.

Comunque per un menù preistorico, si potrebbe immaginare la seguente composizione:

  • Grilli fritti
  • Zuppa paleolitica
  • Lattuga con il miele

ed ecco le “ricette”:


Grilli fritti

Grilli frittiTenete a digiuno i grilli per un giorno in modo che le interiora siano pulite.

Fate infuocare una pietra piatta su della brace: se non l’avete , va bene una padella.

Immergere in un grasso liquefatto ogni grillo e metteteli sulla pietra infuocata, facendolo soffriggere per circa 10 minuti, finché non diviene leggermente croccante.

Ponete su un piatto di verdure per insalata, cospargete con prezzemolo tritato e mangiate.


Zuppa paleolitica

Zuppa paleoliticaI risultati di una campagna di scavi avvenuta nello stato di Alberta in Canada hanno mostrato le modalità che vi descrivo qui di seguito, ma in medio oriente si preparava fino nel medioevo una ricetta del tutto simile, denominata Sikbaj tannuri.

In un terreno argilloso, scavate una fossa, profonda circa 80 cm e larga poco meno.

Accendete un bel fuoco, ed al momento in cui c’è già molta brace disponibile, ponete sulla brace delle pietre piatte (quelle levigate dalla corrente di un fiume sono le migliori) e, appena sono roventi, riempite la fossa scavata prima per tre quarti di acqua fresca e subito dopo gettatevi le pietre infuocate.

L’acqua inizierà a sobbollire, ovviamente, e molte pietre andranno a pezzi a causa dell’escursione termica.

Tannur anticoQuesto sistema è durato per millenni, con il nome di tannur.

Insieme alle pietre buttate dentro, anche un pezzo di carne (capra, coniglio o, se preferite, un bel pesce), insieme a qualche radice profumata (cipolle, carote, patate, ecc.) ed aspettate la fine della cottura.


Lattuga con il miele

Lattuga con il mieleLa parola miele sembra derivare dall’ittita melit. Per millenni ha rappresentato l’unico alimento zuccherino concentrato disponibile. Le prime tracce di arnie costruite dall’uomo risalgono al VI millennio a.C. circa.

Secondo alcuni studiosi, questa è una pietanza di origini preistoriche utilizzata da popolazioni carnivore per integrare l’alimentazione priva di zuccheri ed ancora oggi è un piatto tipico delle Isole di Capo Verde, ove viene servita anche con un trito di uova sode.

La scorsa estate, lo mangiata personalmente durante il mio viaggio in Tirolo.

Sfogliate un cespo di lattuga, lavatela per bene e mettetela a sgocciolare.

Intingete le foglie di lattuga nel miele e mangiatele

Ricordate che il miele è il vomito disidratato delle api.