Menù Neolitico dei Sicani (5000 a.C. – 2000 a.C.)

Maschera di Polifemo
Maschera di Polifemo

Menù Neolitico dei Sicani (5000 a.C. – 2000 a.C.)Maschera di Polifemo

La Sicilia è famosa, fin dalle nostre più remote reminiscenze scolastiche dei poemi omerici, come l’Isola dei Ciclopi, i discendenti di un’antica razza di giganti, caratterizzati dall’avere un solo occhio.
Ma il ciclope (dal greco: Κύκλωψ che significa “occhio rotondo) è solo una figura della mitologia greca, anche se questo elemento sembra essere posteriore alle prime attestazioni, quando i ciclopi erano solamente genti di grandi dimensioni dagli occhi tondi.

Secondo alcune ipotesi, la leggenda dei ciclopi potrebbe essere nata a causa di alcuni ritrovamenti fossili di elefanti nani, vissuti in Sicilia al tempo del Paleolitico. La particolarità dei lori crani è di avere un grande buco al centro, che non è altro che il foro nasale dell’elefante. Tali resti fossili potrebbero quindi essere stati scambiati per uomini giganteschi con un occhio solo e infatti anche il filosofo Empedocle afferma che “in molte caverne siciliane furono ritrovati fossili di una stirpe di uomini giganteschi oggi scomparsa“.

L’ipotesi più attendibile rimane oggi quella secondo cui i Ciclopi, antichi fabbri, fossero in realtà degli artigiani emigrati da oriente fino alle isole Eolie dove si sono trovate tracce della lavorazione dei metalli durante la facies Diana (IV millennio a.C.). I riscontri archeologici potrebbero così confermare il mito che li voleva residenti proprio su tali Isole. La presenza di un occhio solo potrebbe essere una tradizione legata all’usanza di coprire con una benda l’occhio sinistro per proteggerlo dalle scintille ovvero da un ipotetico tatuaggio sulla fronte rappresentante il Sole, essere cui questi antichi artigiani poterono probabilmente essere devoti.

La Trinacria o Thrinakie, che significava Isola a forma di tridenteQualche “ciclope” nasce ancora oggi, purtroppo, solo quando l’organismo è affetto da malformazioni genetiche dei cromosomi 18 e 13, come la Holoprosencephaly (i motori di ricerca nel web sono pieni di immagini raccapriccianti).
Ai poemi omerici ci si può rifare per un’altra reminiscenza: Trinacria

Infatti, nell’Odissea la Sicilia è chiamata Thrinakie, che significava Isola a forma di tridente, nome successivamente mutato in Trinakria, che vuol dire Isola dai tre promontori, e cioè: Capo Peloro a Nord-Est (Messina), Capo Boéo o Lilibéo a Ovest (Marsala), Capo Passero o Capo Spartivento a (Sud-Est).
Ma dal V millennio a.C. vi furono immigrazioni neolitiche di etnie ibero-caucasiche, camito-semite e berbere: quella di cui si ha qualche traccia è quella dei Sicani.

I Sicani sarebbero di origine indoeuropea ed avrebbe occupato l’area tirrenica, passando dalla Liguria, per l’Italia meridionale, fino a giungere in Sicilia.

Mappa della sicilia neolitica

Questa ricostruzione è confermata dallo storico greco Tucidide, vissuto verso la fine del V secolo a.C., riporta quanto scritto da Antioco di Siracusa, autore di una storia della Sicilia dalle origini fino al 424 a.C.: «Si dice che i più antichi ad abitare una parte del paese fossero i Lestrigoni e i Ciclopi, dei quali io non saprei dire né la stirpe né donde vennero né dove si ritirarono… I primi abitatori dopo di loro sembra che siano stati i Sicani, a loro dire anteriormente ai Lestrigoni e ai Ciclopi per il fatto che erano autoctoni, mentre secondo verità erano Iberi scacciati dai Liguri dal fiume Sicano nell’Iberia. E quindi da loro l’isola fu chiamata Sicania, mentre prima era chiamata Trinacria: anche ora abitano la Sicilia, nelle parti occidentali… Giunti in Sicilia (i Siculi), grosso popolo com’erano, vinsero in battaglia i Sicani li scacciarono verso le parti meridionali e occidentali del paese e fecero sì che la terra si chiamasse Sicilia invece di Sicania.» (Tucidide VI,2,3,4 Storia)

Secondo Antioco e Tucidide, le origini dei Sicani sarebbero pertanto iberiche, questo perché proprio nell’odierna Spagna esisteva un fiume chiamato Sicano.
Vaso campaniforme neolitico in SiciliaL’arrivo dei Sicani in Sicilia è stato associato da alcuni studiosi alla diffusione della cultura del vaso campaniforme (caratterizzato da una forte decorazione a bande con motivi geometrici), che venne introdotta nell’isola dalla penisola iberica, passando per la Sardegna, fra l’età del ferro e la prima età del bronzo (3000 a.C. circa). I ritrovamenti archeologici però sono scarsi: quelli che si fanno risalire a prima del 1400 a.C. si limitano a piccoli orci in ceramica difficilmente collocabili in un contesto storico.

I principali centri dei Sicani sono Iccara (l’odierna Carini), Inico (l’Isola San Nicola sita in Licata), Indara (l’odierna Naro) e Camico (probabilmente oggi Sant’Angelo Muxaro).
Sui Monti Sicani esistono infinite tracce di questo popolo, ceramica, strumenti di lavoro e decorazioni da Sant’Angelo Muxaro a Himera, da Morgantina a Caltabellotta. In una recente pubblicazione il prof. Alessi aveva spiegato: «Le poche ossa umane casualmente rinvenute nel 1996 in una grotta carsica di S. Angelo Muxaro assieme ad altre ossa animali e ad un singolare corredo funerario, non sono di individui qualsiasi, ma di un bambino e un giovane guerriero di 3.200 anni fa, quasi certamente facenti parte di una potente classe elitaria locale».
È questo in sintesi il risultato cui sono pervenuti, dopo approfondite e sofisticate analisi scientifiche, l’archeologo Giuseppe Castellana, il Centro di Antropologia molecolare per lo studio del DNA antico al Dipartimento di Biologia dell’Università di Roma, Tor Vergata, ed il prof. Francesco Mallegni docente di paleontologia umana e di antropologia alle Università di Pisa e Palermo.

Panorama di Sant'Angelo Muxaro

In seguito, l’area ad est del fiume Salso, fu occupata dai Siculi, che soppiantarono i primitivi popolatori.

Con l’approvazione dell’articolo 64 della Legge regionale n. 6 del 14 maggio 2009 (Finanziaria 2009) l’Assemblea Regionale Siciliana ha approvato la norma che istituisce il Parco dei Monti Sicani (il quinto in Sicilia dopo quelli dell’Alcantara, dei Nebrodi, delle Madonie e dell’Etna).
A cavallo tra le province di Agrigento e Palermo, questo Parco comprende 12 comuni: Bivona (sede “agrigentina”), Burgio, Cammarata, Contesse Entellina, Giuliana, Sambuca, San Giovanni Gemini, Santo Stefano Quisquina, in provincia di Agrigento, e Palazzo Adriano (sede “palermitana”), Bisacquino, Castronovo, Chiusa Sclafani, Prizzi, in provincia di Palermo: ma, a seguito di ricorsi amministrativi da parte movimenti filo venatori, il 9 aprile 2011 il Consiglio di Giustizia Amministrativa ne ha sospeso l’istituzione.

Le testimonianze circa la cultura gastronomica dei Sicani, consistono in macine di pietra vulcanica per l’orzo ed il miglio e focolari all’aperto. per il consumo di carni sul fuoco.

Nel neolitico, l’uomo imparò a riconoscere, a selezionare e a coltivare le graminace, smettendo il suo nomadismo e scegliendo di rimanere in territori adatti alla coltivazione agricola ed all’allevamento, soprattutto di pollame, ovini e suini: gli fu quindi necessario plasmare l’argilla, per realizzare vari contenitori per la conservazione delle derrate alimentari.

Un tipico menù dei monti Sicani, attuabile ancora oggi, potrebbe essere:

Uova sotto la cenere
Carne arrostita sulla pietra o sul fuoco

Ed ecco le relative ricette:


Uova sotto la cenere

Uova cotte sotto la cenereMolto semplici da realizzare per prepararle mettete le uova sotto la cenere calda (ma non troppo) per almeno sette minuti.

Pulirle dalla cenere.

Asportare la parte superiore del guscio e consumare.


Carne arrostita sulla pietra o sul fuoco

Carne arrostita sulla pietraChi di noi non ha partecipato, almeno una volta, a delle scampagnate, avventurandosi nella cottura dei cibi senza l’aiuto di cucine tecnologicamente attrezzate ed idonei strumenti di cottura ?  Tale tipo di cucina viene internazionalmente conosciuta con il nome “trapper” ed ovviamente tratta anche il modo con cui potere accendere un fuoco senza il nostro moderno fiammifero o accendino, a cui in questa ricetta non rinunciamo.

Cercate una bella pietra piatta: fate attenzione quelle arenaria sono praticamente “usa e getta”, dato che si fessurano, se non durante il riscaldamento, quasi sicuramente durante il raffreddamento: da una ventina di anni ce ne sono persino nei negozi specializzati, se non al supermercato.

Accendete un fuoco (ovviamente prendendo ogni precauzione contro il suo propagarsi incontrollato – scavate buche, mettetevi a ridosso di pareti e soprattutto evitate la prossimità di sterpaglie e alberi, tenendo comunque sempre a pronta disposizione sistemi di spegnimento, quali estintori o contenitori d’acqua e scope a ramazza o fronde di albero fresche).

Quando si è formata la brace, ungete la pietra con un grasso (anticamente si usava lo strutto conservato nei vasi di terracotta) e metteteci sopra la pietra piatta, appogiandola su due pietre poste ai lati della brace ed evitando lo stretto contatto della pietra con la brace, ma mantenendo la massima prossimità, in modo che la pietra raggiunga una temperatura di almeno 140 °C, anche se è meglio 150 °C, perché, appena si appoggia la carne, la temperatura diminuisce.

Prendete la carne, preferibilmente con lo spessore uniforme e non troppo basso, con poco tessuto connettivo, ma con piccole venature di grasso inframmezzate al muscolo per mantenere morbida la carne dopo la cottura, ed asciugatela perfettamente

Se la vostra carne è sufficientemente grassa, non è necessario aggiungere olio. Se invece è un taglio particolarmente magro, potete spalmare per bene con le mani un filo di olio su entrambi i lati della carne. L’olio serve solamente per trasferire velocemente e in modo uniforme il calore, non contribuisce al sapore.

Quindi appoggiate la carne sulla pietra molto calda. Attenzione a non metterne troppa altrimenti la temeperatura si abbassa troppo e non ci sarebbe spazio a sufficienza per far evaporare l’acqua, che comincerà a raccogliersi sul fondo, abbassando la temperatura a 100 °C, ottenendo un prodotto bollito, grigio, asciutto perché le proteine della carne sono coagulate strizzando fuori i succhi, e duro perché stracuocendo le fibre si sono contratte e accorciate.

La carne va cotta il più velocemente possibile ad alta temperatura.

Non toccate più la carne per nessun motivo almeno per una decina di minuti: lasciate che attacchi, ma non toccate la carne ! Vedrete che dopo uno o due minuti la carne si staccherà da sola, ma non vi azzardate a girarla fino a quando, sbirciando sotto un lembo, non vedrete il caratteristico colore bruno: il tempo dipende dallo spessore della carne. Cuocete fino a raggiungere la cottura desiderata: al sangue o media (non dite che la volete ben cotta! È un vero peccato cuocere così tanto una bistecca. La farete diventare dura e secca. Soldi buttati a mio parere). Ricordatevi che internamente la carne deve rimanere umida e rosa.

Tutto questo discorso sulla reazione è stato tratto dal blog del famoso chimico Dario Bressanini, ed in particolare dal suo articolo dell’ottobre 2007 sulla reazione di Louis Camille Maillard (http://bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2007/10/01/il-segreto-di-una-buona-bistecca-ma-non-solo-si-chiama-maillard/), in cui viene riportata anche la seguente tabella.

Cosa fare se la bisteccaPerché è successo?Cosa posso fare?
…è duraCotta troppo
Non è un taglio adatto per una bistecca, c’è troppo tessuto connettivo.
Carne di cattiva qualità
Cuocerla di meno
Scegliere un taglio diverso
Cambiate macellaio
…è grigiaCotta a temperature troppo basse. Le reazioni di Maillard non sono avvenute. Probabilmente dell’acqua si è accumulata nella padella bagnata.
La carne era appena stata tolta dal frigorifero
Aumentare la temperatura della padella, aspettare di più prima di mettere a cuocere. Non mettere troppo bistecche contemporaneamente. Asciugatela.
Toglietela mezz’ora prima dal frigorifero
…è seccaCotta troppo. La carne deve rimanere succosa e rossa/rosa
Era stata surgelata in precedenza
Cuocete per meno tempo
Usate carne non surgelata
…è crudaCotta troppo pocoCuocete più a lungo
…ha perso molti succhiNon l’avrete mica punzecchiata con una forchetta, vero?Non ci provate più
…è poco saporitaC’è poco grasso per veicolare i sapori.
E’ un taglio poco saporito
Scegliete un taglio con più grasso (non un filetto ad esempio)
Cambiate taglio: meno tenero ma più saporito (e anche meno costoso)
…è bruciata all’esterno ma cruda dentroTemperatura troppo alta: la parte esterna è bruciata prima che l’interno potesse cuocere
Carne troppo alta
Usate una temperatura più bassa.
Fare la seconda cottura in forno.
…è bruciata all’esternoTemperatura troppo alta.
Cattiva padella.
Troppo poco grasso
Abbassate la temperatura.
Cambiate padella, che sia più spessa.
Mettete più olio.

Il churrascoUn altro modo di cucinare la carne è allo spiedo: ovviamente lo spedo anticamente veniva costituito da aste di legno, che venivano sostituite anche durante la cottura, sopratutto se il pezzo era di dimensioni più grosse.

Il trucco principale sta nel fatto che l’asse dello spiedo non dovrebbe ricadere esattamente sopra la brace, ma deve essere posto in posizione decentrata e vicino ad una superficie che ne posso trasmettere anche lateralmente il calore accumulato.

Per i pezzi di dimensione più piccola questo accorgimento non è necessario.
In ogni spiedo è bene fare in moda di alternare fra pezzi magri e pezzi grassi, evitando di pressarli, altrimenti si rischia di avere una cottura non uniforme.

Le braci non devono essere troppo violente, la cottura deve essere lenta, in modo da far rimanere morbido l’interno e dare tempo alla parte esterna di diventare dorata e croccante.

La fiamma non deve mai toccare il carne e mentre le fiamme si riducono di dimensioni, il si può scegliere di approssimare carne alla griglia.
Il miglior fuoco è quello che forma uno strato di cenere e che non forma di fiamme.

Carne al fuoco con spiedo verticaleMettete una leccarda sotto la carne, in modo che il grasso disciolto sotto l’azione del calore, vi goccioli sopra a e posa essere ripreso e spalmato con foglie di origano o di mirto o di altra pianta aromatica a piacere.

Non dimenticate che:

1) tutta la carne al fuoco deve essere lasciata a temperatura ambiente per circa 12 ore.

2) la carne non deve presentare coloriture gialle o scure del grasso

3) il taglio della carne deve essere fatto in trasversale alla lunghezza delle fibre muscolari.

durante la cottura, generalmente dopo la seconda e la terza ora, avviene la salatura, togliendo poco tempo prima il pezzo di carne dal fuoco ed usando sale medio.