Situata sul versante tirrenico della Sicilia, in Val Demone, tra Ficarra e Raccuja, Sinagra si distende in una fertilissima vallata della catena dei Nebrodi sulle sponde del torrente Naso.
Le prime notizie documentali su Sinagra risalgono al 1082 “quando fu ricordata in un privilegio del conte Ruggiero” e inoltre, con il nome di Senaria, fu citata in una “Bolla”del Papa Eugenio III, che la incluse fra i casali della Chiesa di Messina.
Da tempo immemorabile nel periodo di maggio il torrente Naso si popola di centinaia di persone impegnate nella pesca delle anguille, rimaste intrappolate in piccoli stagni.
Ho sempre associato la pesca dell’anguilla alle valli di Comacchio in Romagna, ma a Sinagra e nei paesi che si affacciano alla vallata ove scorre il fiume Naso (anticamente chiamato Thimetus da Tolomeo), ovviamente fatte le dovute proporzioni, l’anguilla ha avuto un posto di primo piano.
Il mio primo ricordo di Sinagra è per esserci andato insieme a mio zio, il quale non mancava di andare all’invito di un suo amico e commilitone di leva che abitava da quelle parti e che lì ne pescava in abbondanza.
L’anguilla deriva il suo nome, dal latino anguis, ovvero serpente e l’allevamento dell’anguilla ha radici molto antiche, infatti già i Greci le pescavano e poi le allevavano in vasche con un costante ricambio d’acqua, pratica usata anche dai Romani, tanto che Plinio notava come le anguille fossero l’unico pesce che, quando muore, non viene a galla. In Oriente le anguille erano considerate degli animali sacri, in Boezia, invece le più grosse venivano sacrificate alle divinità.
A grandi linee l’anguilla viene distinta in “Anguilla anguilla” originaria dei paesi europei, mentre quella comunemente mangiata in Giappone e negli altri paesi orientali è l’Anguilla japonica; l’Anguilla rostrata è originaria delle coste atlantiche e delle acque interne nordamericane, mentre l’Anguilla australis è dell’emisfero meridionale (Australia, Tasmania e Nuova Zelanda).
L’Anguilla, una volta molto abbondante in Italia, giaceva nelle acque salmastre costiere ed in ogni tipo di acque interne italiane fino ad una quota di 1500 m.; oggi sta scomparendo, anche a causa dell’inquinamento, ma vengono anche allevate e l’Italia è al il primo posto in questa attività.
Il ciclo vitale dell’anguilla inizia con lo stadio di leptocefalo, cui fa seguito, dopo una metamorfosi, lo stadio di ceca, morfologicamente simile all’individuo adulto ma non pigmentata.
A questo seguono lo stadio di anguilla gialla, tipico degli animali in attiva crescita ed infine quello di anguilla argentina, in fase pre-riproduttiva.
L’anguilla è l’unico pesce allevato di cui non è ancora possibile la riproduzione controllata.
L’allevamento ha quindi inizio a partire dallo stadio di ceca o da quello di ragano, l’anguilla selvatica di 5-50 g pescata in ambiente naturale.
L’anguilla dimostra ampia adattabilità a diverse condizioni ecologiche, distribuendosi durante la fase trofica nelle acque interne dalle zone salmastre fino ai torrenti di montagna e colonizzando ogni tipo di ecosistema acquatico. Durante la risalita riesce spesso a superare gli eventuali ostacoli, entro certi limiti, a volte uscendo dall’acqua e aggirandoli. E un pesce di fondo che preferisce substrati molli nei quali infossarsi durante i periodi freddi, ma che si adatta anche a fondi duri nei quali siano presenti anfratti e nascondigli. In assenza di nascondigli, l’anguilla si scava caratteristiche buche nelle quali ripararsi. Dotata di un organo olfattivo notevolmente sviluppato, l’anguilla ha abitudini lucifughe, si muove in cerca di cibo specialmente al calar del sole fino alle prime ore del mattino e resta infossata nel fango durante le ore più calde del giorno. D’inverno si nutre pochissimo preferendo starsene infossata nel fondo pressoché in stato,di anabiosi. Questo comportamento è riscontrabile soprattutto nelle acque dolci; in acque salate è alquanto diverso, dato che si muove anche di giorno, specie se l’acqua è torbida, e anche nella stagione invernale. La sua attività è massima nelle ore di alta marea. Sia in mare che in acque interne non ama la trasparenza e la eccessiva luminosità.
La permanenza nelle acque interne è di circa 8-15 anni per i maschi e di 10-18 anni per le femmine. I maschi possono raggiungere una lunghezza di 50 cm, mentre le femmine possono raggiungere i 150 cm e pesare fino a 6 kg.
Ad un determinato momento della loro vita tutte le anguille delle acque dolci europee abbandonano i fiumi e si dirigono verso il mare ed una volta raggiunto continuano il loro viaggio fino ad arrivare in una stessa zona dell’oceano Atlantico, il Mar dei Sargassi, per deporvi le uova in primavera. Dalla fecondazione di quest’ultime nascono delle larve, trasparenti e a forma di foglia di salice (leptocefali), lunghe pochi millimetri, che iniziano a dirigersi verso oriente.
Sono necessari tre anni ai leptocefali per percorrere gli 8000 km che separano il Mar dei Sargassi dalle coste europee: durante questo tragitto le larve entrano anche nel Mediterraneo attraverso lo stretto di Gibilterra.
In prossimità delle coste, nella primavera del loro quarto anno di vita, i leptocefali si trasformano in piccole anguille ancora molto trasparenti, le ceche, che risalgono i fiumi, penetrando il più possibile all’interno, seguendo un istinto incoercibile che costringe migliaia e migliaia di giovani anguille a superare le difficoltà di questa migrazione controcorrente: una parte di esse arriva persino in laghi non comunicanti con i fiumi, percorrendo vene d’acqua sotterranee e attraversando prati umidi. Durante questo tragitto esse si pigmentano e cominciano ad aumentare di peso, nutrendosi, all’inizio, di animaletti del fondo.
In acqua dolce l’anguilla diventa un pesce con abitudini notturne, che durante il giorno vive nascosto in tane oppure immerso nel fondo.
A seconda del tipo di nutrizione vengono distinte due forme ecologiche: “anguilla a testa appuntita” che si nutre di insetti, larve, crostacei e vermi e “anguilla a testa larga” predatrice, che si nutre di pesci.
La maturità sessuale compare nel maschio dopo un periodo di 9 anni e nelle femmine dopo 12 anni di permanenza nelle acque dolci. A questo punto si verifica una nuova metamorfosi: gli occhi si ingrossano, i colori verdastro del dorso e giallastro del ventre cambiano in scuro e argenteo rispettivamente. Le anguille in questo stadio della loro evoluzione cessano di nutrirsi ed il loro tubo digerente si atrofizza; quindi da luglio a settembre, durante le notti, abbandonano le acque interne per raggiungere, dopo un anno e mezzo, il Mar dei Sargassi dove, dopo aver deposto le uova, muoiono.
La specie è migratrice catadroma e quindi – fra l’autunno e l’inizio dell’inverno, ma talvolta anche in primavera – le anguille “argentine” (cioè adulte), “maretiche”, se femmine, “capitoni”, se maschi, calano in mare e, percorrendo probabilmente 15-40 km al giorno, migrano fino al Mare dei Sargassi, zona della loro riproduzione (nell’Atlantico centrale, fra i 50-65° di longitudine Ovest, e fra i 20-30° di latitudine Nord, ad una distanza di circa 4-7 mila km dalle regioni europee e nord-africane nelle quali la specie si sviluppa). Si pensa che ogni femmina possa emettere – in acque relativamente calde e fino alla profondità di 1000 m – da 1 a 6 milioni di uova del diametro di 1-3 mm, che schiudono solo se la temperatura è superiore ai 20 °C. Dopo la fregola gli adulti muoiono e le larve cominciano a spostarsi gradualmente verso oriente – grazie all’aiuto della Corrente del Golfo e di quella Nord-Atlantica – sino a raggiungere, dopo circa 3 anni, le coste europee e africane.
Le scoperte che hanno consentito di inquadrare il problema della riproduzione dell’anguilla rappresentano uno dei più interessanti capitoli dell’ittiologia, anche perché ancora non tutti gli aspetti sono stati chiariti. La scoperta che il piccolo e strano pesce trasparente a forma di foglia di salice, precedentemente descritto come specie con il nome di Leptocephalus brevirostris, altro non era che la larva dell’anguilla europea, è dovuta a Grassi e Calandruccio. Dopo numerosi anni di ricerche, le prove che l’anguilla europea si riproduce nel Mare dei Sargassi furono ottenute da Schmidt. La distanza tra le aree trofiche a l’area riproduttiva, fino a oltre 6000 km, portò a mettere in dubbio che le anguille europee potessero svolgere una migrazione così lunga e a sostenere l’ipotesi che il reclutamento nelle acque europee avvenisse da parte di individui nati dalla riproduzione di anguille americane, che pure si riproducono nel Mare dei Sargassi dopo avere compiuto una migrazione notevolmente meno lunga. Le due specie, quella europea (A. anguilla) e quella americana (A. rostrata), pure avendo aree riproduttive contigue, sembrano però essere geneticamente isolate.
L’anguilla del nostro corso d’acqua del genere “testa a punta” ha caratteristiche molto particolari qualità organolettiche eccezionali e di alto valore nutritivo.
Al fine di tramandare la tradizione sinagrese ai turisti che presenziano e alle nuove generazioni, ogni anno il 13 agosto a Sinagra viene organizzata la “Sagra dell’Anguilla”. Una serata particolare all’insegna del divertimento assoluto, che prevede la degustazione di molti piatti a base di anguilla. Molto particolare è il sistema usato dai sinagresi per pescare l’anguilla. Si chiama: “stagghiata”che tradotto in italiano significa “fermare l’acqua ”: scelto un tratto di fiume ricco di anguille, si devia l’acqua a monte fino a fare asciugare il tratto sottostante prescelto per la cattura.
I pescatori, forniti di una piccola forchetta, alzano le pietre dove si sono nascoste le anguille e le infilzano per catturarle. Questo metodo è molto antico, tanto da farlo risalire all’era preistorica; ma si usa ancora oggi per la cattura delle anguille. Infatti nei giorni che precedono la sagra, molti turisti affluiscono per assistere a questo tipo di pesca così tradizionale.
Da precisare che vengono catturate soltanto quelle che superano i 100 grammi di peso, preservando così la continuità della specie.
Si usa il detto:“Anciddi, funci e granci spenni assai e nenti mangi”, anguille, funghi e granchi spendi molti soldi per comprarli e mangi poco.
Il grasso di anguilla è un’ottima medicina per chi soffre di mal d’orecchio, infatti, bastano poche gocce per guarire da qualsiasi disturbo.
Dal punto di vista nutrizionale l’anguilla è il pesce con il più elevato contenuto in grassi (oltre il 25%), quindi anche l’apporto calorico è considerevole (oltre 300 Kcal per 100 grammi). L’anguilla ha un buon contenuto di vitamina E, di retinolo (vitamina A), proteine e calcio. Data la grassezza delle carni è un pesce di non facile digestione.
L’anguilla in cucina è considerata un piatto prelibato, e la sua carne, anche se un po’ grassa.
Le migliori anguille sono quelle pescate in acque limpide e correnti (hanno il dorso bruno-verdastro, e ventre bianco), mentre sono da scartare quelle pescate in acque stagnanti e melmose (dorso nerastro, e ventre giallognolo). Sono inoltre da preferirle le anguille più grosse, come i capitoni.
Al momento dell’acquisto, l’anguilla fresca deve essere venduta viva: la sua carne è bianca, grassa e saporita; è molto apprezzata e si può trovare anche inscatolata, congelata e affumicata.
La pelle dovrebbe essere tolta quando l’animale è ancora vivo, ma l’operazione è abbastanza raccapricciante, e non tutti sono in grado di farlo, quindi, generalmente si ricorre all’aiuto del pescivendolo. Se l’anguilla è morta fate attenzione che la sua carne sia bianca e compatta e la pelle lucida: per levargliela bisognerà passarla sulla fiamma affinché quest’ultima si gonfi e si possa quindi strappare facilmente.
La presenza nel plasma dell’anguilla di una tossina (ittioemotossina) inattivata totalmente dai processi digestivi, ma pericolosa se introdotta per altra via nell’organismo umano, rende necessaria, in sede di toelettatura e di sezionamento di questo pesce, l’adozione di precauzioni intese ad impedire il contatto dei sangue dell’animale con punti di soluzione di continuità (ferite o anche graffi) della cute delle mani.
Nel giorno della sagra a Sinagra è possibile assaggiare diverse preparazioni a bae di anguilla, come ad esempio:
Attenzione: se vi trovaste nelle coste della Spagna del sud (Gibilterra, Marbella, ecc.) potreste imbattervi negli avanotti di anguilla lunghi da quattro a sei centimetri di lunghezza, che vengono catturate sulle quelle coste appena arrivano dalla loro migrazione dal mare dei Sargassi, che si mangiano saltati in padella in olio d’oliva e aglio.
Ed ecco ora le ricette:
Pulite le anguille senza spellarle; tagliatele a pezzetti di circa 5 cm e trasferitele in un terrina.
Versatevi sopra una marinata composta di olio, 2 foglie di alloro spezzettate, succo di limone, una presa di sale e un pizzico di pepe e lasciatele immerse per un paio d’ore affinché si insaporiscano.
Trascorso il tempo indicato, infilzate in uno spiedo di legno i tocchetti di anguilla, alternandoli con foglie di alloro e pezzi di scorza di limone.
Alla fine, disponete gli spiedini sulla brace ardente; lasciate cuocere il pesce per 15-20 minuti, rigirandolo un paio di volte e pennellandolo di tanto in tanto con una miscela di olio, sale e pepe.
Spellare le anguille, praticando un’incisione circolare alla base della testa, afferrando quest’ultima con un panno ruvido e, facendosi aiutare da qualcuno, tirare la pelle verso il basso come fosse una calza. eviscerare i pesci e tagliarli a pezzetti lunghi circa 4-5 centimetri.
Lavate l’anguilla accuratamente e tagliatela a pezzi.
In una casseruola con un paio di cucchiaiate d’olio fate soffriggere uno spicchio d’aglio intero, unitevi la foglia di alloro e i pezzi d’anguilla. Salate, pepate e fate cuocere per una trentina di minuti.
Togliete poi i pezzi d’anguilla, sgocciolatevi dal condimento, bagnateli con il succo del limone e teneteli in caldo.
Eliminate la foglia di alloro e lo spicchio d’aglio e, nel fondo di cottura, buttate il riso.
Fatelo insaporire per un paio di minuti, poi aggiungete il vino bianco e fatelo evaporare.
Continuate la cottura, a fiamma bassa, aggiungendo il fumetto bollente o il brodo di pollo, poco alla volta e non versando altro brodo se il precedente non è stato assorbito (questo per evitare che a fine cottura il riso risulti troppo brodoso).
Continuate la cottura per una ventina di minuti. Poco prima della fine aggiungere il prezzemolo e i pezzi di anguilla tenuti da parte.
Date ancora una bella mescolata, spegnete il fuoco e fate riposare per cinque minuti prima di servire in tavola.
Iniziate a pulire il capitone strofinando sulla sua pelle del sale grosso per eliminare la patina viscida che lo caratterizza, ma senza togliere la pelle, e toglietegli anche la testa e la coda; poi immergetelo nell’acqua con mezzo bicchiere di aceto per un’oretta.
Lavate il pesce e tagliatelo a pezzi lasciandogli ancora la pelle; mettete dell’olio in una padella grande e rosolate il capitone con due foglie d’alloro; cuocete a fuoco medio aggiungendo del vino bianco che farete evaporare.
Togliete il capitone dalla padella e nella stessa fate appassire una cipolla, l’aglio, il prezzemolo ed il peperoncino; aggiungi al soffritto del vino bianco, i pomodori schiacciati e un po’d’acqua.
Mettete i pezzi del capitone in padella, copriteli con il brodo, salate e cuocete per circa 20 minuti; infine, a cottura ultimata togliete la lisca centrale al pesce, posizionatelo nuovamente nel sugo e scaldatelo fino a rendere il sugo della densità desiderata.
Attenzione a non esagerare con le porzioni, perché l’anguilla ed il capitone non sono facilmente digeribili.
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