Abramo era un pastore armeno nomade, che, insieme alla sua enorme famiglia, sarebbe vissuto nella città di Ur in Mesopotamia (oggi Iraq), probabilmente nel ventesimo secolo a.C.
Solo ed esclusivamente dalla lettura della “Genesi”, in cui si legge: “Alla tua discendenza io do questo paese dal fiume d’Egitto al grande fiume l’Eufrate”, che comprenderebbe il territorio in cui oggi ricadono: Egitto, Sudan, Etiopia, Arabia Saudita, Yemen, Oman, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Kuwait, Israele, Giordania, Libano, Siria, Iraq, a tutt’oggi gli ebrei accampano il diritto alla cosiddetta “terra promessa” ad Abramo.
Addirittura tutta la storia degli Ebrei di quel periodo e dei loro scontri con le potenze dell’epoca (Egizio, Assiro, Babilonese, Persiano, Macedone) è possibile rintracciarla solo nella Bibbia, dato che le fonti storiche dei singoli paesi riportano solo alcuni fugaci accenni a questo popolo marginale e periferico.
Il primo riscontro storico della esistenza degli ebrei è costituito dalla stele di Tel-Dan, ritrovata nel 1933 nel nord d’Israele, riporta un’iscrizione in aramaico databile all’853 a.C. nella quale Cazael re di Damasco si vanta di aver ucciso un re “della casa di Davide” e rappresenta la prima fonte storica extrabiblica relativa al re Davide.
A Davide successe Salomone, che costruì il tempio a Gerusalemme e alla morte di Salomone (circa 933 a.C.) si costituirono due regni: Israele (a nord di Gerusalemme) e Giuda (a sud Gerusalemme compresa questa).
Il rapporto tra essi fu prevalentemente conflittuale, sebbene questi conflitti siano stati poco più che scaramucce di frontiera, che si conclusero tutte con sconfitte e deportazioni, soprattutto del popolo di Giuda: l’opera di riflessione degli esiliati sulla storia del popolo ebraico diede probabilmente inizio alla stesura dei testi del Pentateuco, terminata poi nel successivo rientro in Giudea.
Dopo una occupazione ellenica della Giudea, giunse anche quella di Roma nel 63 a.C.
La Giudea divennne prima uno stato vassallo dell’impero e poi una vera e propria provincia di Roma.
Tragica ne fu la conclusione, con le due grandi rivolte ebraiche nel 70 d.C e nel 135 d.C., che determinarono circa 600 mila ebrei morti, 100 mila ebrei venduti come schiavi, il tempio (costruito da Salomone, distrutto dai Babilonesi e molti secoli dopo ricostruito) nuovamente e definitivamente distrutto (ne resta ancora oggi il solo “muro del pianto”), divieto di ingresso a Gerusalemme per i figli di Israele: ha così inizio la Grande diaspora ovvero la dispersione del popolo ebreo per il mondo.
La tolleranza verso gli ebrei diminuì ulteriormente con l’affermazione del cristianesimo e in particolare dopo che la religione cattolica fu riconosciuta con l’editto di Tessalonica di Teodosio (380) religione ufficiale dello stato: da questo momento, al principio della tolleranza si sostituì quello dell’intransigenza verso tutti i culti non cristiani.
Quando poi, in epoca comunale, nacquero le corporazioni di arti e mestieri, essi ne furono esclusi: per farne parte bisognava essere cristiani e gli ebrei poterono esercitare solo il commercio della roba usata ed il prestito ad interessi.
Quest’ultimo fu vietato dalla Chiesa ai propri fedeli sino al secolo XIII.
Il IV Concilio Lateranense (1215) stabilì che gli ebrei dovevano vivere in quartieri separati (che prenderanno in Italia il nome di ghetti) e portare un segno di riconoscimento consistente per gli uomini in un cappello di foggia e colore particolare (giallo o rosso) o un disco di panno sul mantello; le donne dovevano portare un velo giallo sul capo, come le meretrici.
Queste disposizioni rimasero però inattuate per oltre un secolo, anche negli stessi stati della Chiesa.
L’intensificarsi della devozione popolare e la crescente irritazione nei confronti dell’usura praticata dagli ebrei culminano in una serie di espulsioni: dall’Inghilterra nel 1290, dalla Normandia nel 1296, dalla Francia nel 1306, nel 1394 e alla fine del ‘400 dai domini spagnoli.
Nel 1492, tutti gli ebrei della Spagna e poi del Portogallo furono espulsi sotto Ferdinando il Cattolico e molti si rifugiarono nelle comunità italiane (Livorno, Ancona, Venezia); nel giro di un cinquantennio dovettero lasciare anche l’Italia meridionale e le isole.
Fu un esodo biblico, che causò la progressiva e definitiva scomparsa degli ebrei dal Sud dell’Italia.
La popolazione ebraica, ridottasi a circa 10.000 unità all’inizio del XIX secolo, ricominciò ad aumentare alla fine dell’ottocento.
Fu in quel periodo che si sviluppò il sionismo, movimento nazionale che auspicava la creazione di un’entità politica ebraica in Palestina.
Ma nella prima metà del novecento la comunità ebraica in Europa fu resa oggetto di persecuzioni con il sistematico sterminio attuato dal regime nazista tedesco, noto come Shoah (= tempesta, uragano).
Sull’onda emotiva di tale evento, nel 1947, fu approvata dall’Assemblea delle Nazioni Unite una Risoluzione, che prevedeva la creazione di uno stato ebraico e di uno stato arabo in Palestina, con la zona di Gerusalemme sotto l’amministrazione diretta dell’ONU.
Tra il dicembre del 1947 e la prima metà di maggio del 1948 vi furono cruente azioni di guerra civile da ambo le parti.
Il 14 maggio del 1948 venne dichiarata unilateralmente la nascita dello Stato di Israele, un giorno prima che l’ONU stessa, come previsto, ne sancisse la creazione.
Il 15 maggio 1948 gli eserciti di Egitto, Siria, Libano, Iraq e Transgiordania, attaccarono l’appena nato Stato di Israele, che respinse le forze arabe e le costrinse ad arretrare.
Israele distrusse centinaia di villaggi palestinesi, causando, un anno dopo, l’esodo di 726 mila abitanti, ai quali ed ai cui discendenti è tuttora vietato il ritorno in territorio israeliano.
In seguito all’armistizio ed al ritiro delle truppe ebraiche l’Egitto occupò la striscia di Gaza mentre la Transgiordania occupò la Cisgiordania, assumendo il nome di Giordania. Israele si annetté la Galilea e altri territori a maggioranza araba conquistati nella guerra.
Negli anni immediatamente successivi, vi fu una nuova forte immigrazione, che portò al raddoppio della popolazione di Israele.
Nel 1967, scoppiò un nuovo conflitto fra Israele e i vicini Paesi arabi, denominato guerra dei sei giorni: constatato che Egitto, Siria e Giordania stavano ammassando truppe a ridosso dei propri confini, Israele decise di passare ad un attacco preventivo.
Sotto il comando dei generali Ytzhak Rabin e Moshe Dayan, in soli sei giorni, a partire dal 5 giugno 1967, Israele sconfisse gli eserciti dei tre paesi arabi, conquistando la Cisgiordania con Gerusalemme Est (che erano sotto l’amministrazione giordana), la Penisola del Sinai, le Alture del Golan, la Striscia di Gaza, occupando così vaste aree di territorio (i cosiddetti Territori occupati) al di fuori dei propri confini originari.
Nei Territori Occupati Israele rifiutò di applicare la Quarta Convenzione di Ginevra, per cui i palestinesi non hanno gli stessi diritti politici dei cittadini israeliani.
Dopo la guerra, Israele annesse non solo la città di Gerusalemme (6 km²), ma anche i villaggi cisgiordani circostanti (64 km²).
Nel 1973 Egitto e Siria attaccarono a sorpresa Israele nel giorno della festività ebraica dello Yom Kippur. Nei primi giorni di conflitto, denominato oggi appunto guerra del Kippur, i due paesi arabi ebbero la meglio ma, dopo una fase di stallo, le truppe israeliane riuscirono a riprendere il controllo della situazione e a rovesciare le sorti del conflitto, ricacciando egiziani e siriani al di là delle posizioni iniziali.
In seguito, nel 1978, con gli accordi di Camp David, Israele si impegnava a restituire la Penisola del Sinai mentre l’Egitto si impegnava al riconoscimento dello Stato di Israele.
Gerusalemme è stata proclamata capitale d’Israele nel 1950 e confermata come tale, nel 1980, con “legge fondamentale”. Tali proclamazioni non sono state riconosciute come valide dalla comunità internazionale e sono state anzi condannate da Risoluzioni ONU, poiché la città di Gerusalemme comprende territori non riconosciuti internazionalmente come israeliani promulgata dalla Knesset.
La Corte Internazionale di Giustizia ha confermato nel 2004 che i territori occupati dallo Stato di Israele oltre la “Linea Verde” del 1967 continuano ad essere “territori occupati” e dunque con essi anche la parte est di Gerusalemme, unilateralmente annessa da Israele nel 1980, senza riconoscimento internazionale. A rimarcare questa situazione, tutti gli Stati che hanno rapporti diplomatici con Israele mantengono le proprie ambasciate fuori da Gerusalemme, in genere a Tel Aviv o nelle immediate vicinanze.
I primi ebrei in Sicilia giunsero sin dal settimo secolo avanti Cristo, raggiungendo il periodo di massima presenza con l´arrivo degli arabi, tanto che, l´idioma degli ebrei isolani, il giudeo-siciliano, è una lingua giudaica a base araba.
A Palermo, il quartiere si trovava suddiviso nei due rioni della Meschita e della Guzzetta, lungo il corso del torrente Kemonia, fuori dal perimetro cittadino del Cassero, in particolare nella zona del Ponticello.
A Messina il quartiere si trovava fuori le mura quattrocentesche tra il Duomo e il torrente Portalegni, che corrisponde all’attuale via Tommaso Cannizzaro e si ritiene che fosse il nucleo più antico di una comunità ebraica siciliana.
A Catania il quartiere si trovava fra l’attuale piazza Dante fino a piazza Duomo.
A Taormina la giudecca si trovava vicino porta Catania e la sinagoga quasi accanto al monastero di San Domenico.
A San Fratello, ove ancora oggi si festeggia la festa dei giudei (o meglio si direbbe dei cristiani contro i giudei), c’è una contrada denominata Catena e che era la giudecca: in Sicilia tutti i luoghi con chiese dedicate a Santa Maria della Catena sono contrade abitate in quel tempo da giudei e sedi d’antiche sinagoghe.
Ben 52 erano le giudecche esistenti (Trapani, Agira, Petralia, Geraci, Polizzi) con 60 sinagoghe.
L’evoluzione della cucina ebraica nel vecchio continente passa per l’allontanamento degli Ebrei dalla Palestina messo in atto dai romani nel 70 d.C. e la successiva distinzione degli Ebrei fuoriusciti in: ashkenaziti e sefarditi. Il nome dei primi deriva da “Ashkenaz” (Germania) e indica le comunità stabilitesi nell’Europa centrorientale.
Quello dei secondi proviene da “Sepharad” (Spagna) e identifica gli ebrei della Penisola Iberica e della Francia meridionale.
Questa distinzione si ritrova anche in cucina dove, ferme restano le norme religiose, gli ashkenaziti spiccano per sobrietà (brodo, pesci ripieni, aringa, patate, composte di frutta), mentre i sefarditi apprezzano piatti più sostanziosi e aromatici (stufato di carne e prugne, pesce in agrodolce, insalata di carote al cumino).
La cucina siciliana ha una notevole connotazione ebraico-safardita e, a dispetto dell’Inquisitore spagnolo del XVI° secolo Andres Bernaldez, il quale annotava che gli ebrei “preparano i piatti di carne con aglio e cipolla rosolati nell’olio, che usano al posto del lardo che non vogliono mangiare, e la carne all’olio lascia un pessimo odore in bocca!”, l’uso dell’olio d’oliva per condire verdure e friggere la carne ci é pervenuto come parte dell’eredità culturale del mondo ebraico siculo-spagnolo, compreso (ahinoi !) il famigerato “fetor judaicus” di aglio fritto.
Un saluto da Enzo Raneri
Un menù ebraico siciliano potrebbe essere composto da:
• Carciofi ripieni
• Melanzane ripiene alla siciliana
• Polpette fritte
• Torta di mandorle
ed ecco le ricette
Pulite 8 carciofi, scolateli e tagliate punte e stelo, in modo da poterli inserire dritti nel tegame.
In un piatto fondo mescolate il pane grattugiato, formaggio pecorino grattugiato, prezzemolo tritato, aglio tritato, sale e pepe.
Aprite al centro i carciofi e riempiteli con l’impasto ottenuto.
Ponete i carciofi ben stretti in un tegame e versate l’olio extra vergine di oliva.
Aggiungete tanta acqua fino a coprire fino a metà i carciofi, aggiungete un cucchiaio d’olio extra vergine di oliva, un pizzico di sale.
Cuocete per almeno 30 minuti e servite.
…si dice che ogni donna ebrea abbia una ricetta segreta a base di melanzane.
Tagliate a metà nel senso della lunghezza sei melanzane e lessatele.
Successivamente, svuotatele evitando di rovinare la buccia.
Mettere la polpa delle melanzane in un recipiente insieme a 3 uova, 150 grammi di pane grattugiato, 50 grammi di formaggio pecorino grattugiato, un poco di aglio sminuzzato, prezzemolo, sale e pepe, mescolando per amalgamare il tutto.
Riempite le melanzane e spalmate con il bianco dell’uovo.
Friggete le melanzane in una padella con abbondante olio, e non appena dorano, toglietele e disponete su carta assorbente da cucina.
Servitele cospargendole con un poco di formaggio grattugiato.
E’ stato il cavallo di battaglia di mia nonna (ma lei non era ebraica).
In una ciotola mettete 500 grammi di carne con maggiorana, prezzemolo e aglio, se piace, abbondante, 2 uova, 100 grammi di latte, 10 grammi di acqua fino ad ottenere un impasto morbido.
Formate tante palline e schiacciatele leggermente per facilitare la cottura….
Riscaldate in una padella abbondante olio di oliva extravergine e friggete le polpette fino a doratura.
6 uova, 300 g di zucchero bianco, 300 g di mandorle tritate, 2 cucchiaini di liquore maraschino (facoltativo).
Lavorate a neve ferma sei uova con 300 grammi di zucchero, quindi aggiungete prima 300 grammi di mandorle tritate, due cucchiai di maraschino ed un pizzico di sale, mescolando delicatamente per evitare che si smontino.
Infine, versare il composto in uno stampo imburrato e infarinato o ricoperto di carta da forno, cuocete 30 minuti in forno a 180°.
Menù della Sicilia preistorica (da non si sa al 5000 a.C.) La Maggior parte degli studiosi è concorde nel ritenere
Menù Neolitico dei Sicani (5000 a.C. – 2000 a.C.) La Sicilia è famosa, fin dalle nostre più remote reminiscenze scolastiche
Menù degli Elimi (1000 a.C – 500 a.C.) L’origine degli Elimi è stata ed è, tuttora, una questione di difficile