Menù Spagnolo (1513-1714)

Re Ferdinando II di Borbone

Dopo l’espulsione degli Ebrei dalla Sicilia (1492) e l’introduzione presso il palazzo reale di Palermo del tribunale del Sant’Uffizio comandato dal terribile Torquemada (1513), Ferdinando II°, attraverso la moglie Isabella, unì l’Aragona alla Castiglia, facendo della Sicilia una provincia del nuovo impero spagnolo.

Alla morte di Ferdinando, la corona passò a suo nipote, il futuro Carlo V (1516-1554), fondatore della dinastia degli Asburgo di Spagna ed imperatore di Germania a partire dal 1519. Affermatasi in un momento politico di difficile gestione, date le rinnovate incursioni ottomane nel Mediterraneo, la dominazione spagnola fu apprezzata dai siciliani sia per l’aiuto militare impiegato nella difesa dell’isola, sia perché fece della Sicilia un baluardo strategico contro le incursioni turche determinando un rilancio della sua funzione mediterranea.

Tuttavia, la condizione politico-sociale venne appesantita dalle strategie adottate dagli spagnoli: il parlamento era quasi assente e veniva frequentemente sostituito dagli organi di governo connessi con la Corona. I baroni ottennero molti più privilegi e nuovi feudi, ma questi ultimi, a causa dello scarso senso imprenditoriale dei proprietari, furono spesso abbandonati dai contadini che si riversarono nelle città alla ricerca di migliori condizioni di vita.

In questo quadro non mancarono quindi rivolte popolari come quella di Palermo del 1647, guidata da La Pilosa (un assassino condannato ed evaso) e quella di Messina del 1674, sostenuta da Luigi XIV.

Due secoli della storia siciliana furono segnati dalla dominazione spagnola, con chiari segni di crisi cancellati soltanto con la pace di Utrecht nel 1713; da questo momento l’isola venne confiscata a Filippo V di Borbone e passò al suocero Vittorio Amedeo, duca di Savoia (e non savoja commercianti di tessuti ragusani di origine spagnola).

Una cartina geografica antica della SiciliaFondamentale per lo sviluppo della cucina siciliana fu l’epoca dei viceré spagnoli, che introdussero molti ingredienti (alcuni dei quali fondamentali di molti piatti siciliani) portati dall’America dai conquistadores, tra cui il pomodoro, la melanzana, il peperone ed il peperoncino, la patata, la zucca, il fagiolo, il fico d’india, il granturco, mais, il tacchino, il cacao.

Quest’ultimo, fu portato in Europa perché in quel di Montezuma l’imperatore atzeco fece gustare a Hernan Cortés. Una bevanda divina (non a caso il nome botanico del cacao è Theobroma che significa la pianta degli dei) ricavata dalle fave di cacao, la xocoatl, la ricetta della quale fu donata dagli spagnoli alla città di Modica come dono di fedeltà: la peculiarità della lavorazione è che la pasta viene manipolata a crudo e a freddo in modo che non raggiunga mai lo stato liquido in questo modo anche i cristalli di zucchero non si sciolgono e la vaniglia aggiunta non perde il suo profumo conferendo al cacao la classica consistenza granulosa e a fragranza inebriante.

I siciliani furono i primi a coltivare il pomodoro per uso alimentare, anche se una larga diffusione in Europa si ebbe solo un paio di centinaia di anni dopo.

Nacque la parmigiana di melanzane, famosa in tutta Italia, la quale, nonostante il nome, non a nulla a che vedere con il parmigiano o l’Emilia: esso, infatti, è la storpiatura del siciliano parmiciana, che indica le listelle di legno che compongono le persiane che ricordano la preparazione delle melanzane, fritte a listelle e condite con pomodoro, formaggio e basilico e poi infornate. Nacque, il piatto che oggi è tradizionale del nord Italia: la polenta ancora oggi usata nell’interno della Sicilia (u farru). Si ebbe lo sfruttamento intensivo del maiale. Fu introdotto il pan di Spagna, che modifico, in meglio, la struttura ed il gusto della cassata araba.

Un saluto da Enzo Raneri


Un menù siciliano di derivazione spagnola potrebbe essere fatto così:

• ‘Mpanata di verdure
• Farru ca faciola (polenta fagioli e cotiche)
• Stufato di maiale
• Pignolata glassata

ed ecco le ricette.


‘Mpanata di verdure

'Mpanata di verdure, foto: Vincenzo RaneriIl nome di ‘mpanata derivante dallo spagnolo empanadilla; gli spagnoli usavano realizzare piatti sontuosi con semplici ingredienti, si tratta di pasta farcita e cotta nel forno a legna: la farcitura originale è con semplici verdure, uova e olive, successivamente, è stata arricchita con salsiccia, carne di agnello, ricotta, uova.

Preparate con farina, acqua e lievito 500 grammi di pasta di pane e dopo averla fatta lievitare, lavoratela con 3 cucchiai di olio e dividetela in 2 panetti, uno più grosso e uno più piccolo.
Spianateli con un mattarello su una superficie infarinata, sino ad ottenere uno spessore di 1 cm e riporre il pezzo più grande su una teglia imburrata e infarinata, in modo che i bordi escano fuori dalla teglia.

Nel frattempo, cucinare 500 grammi di spinaci senza acqua e con sale, pepe.
Quando sono cotti fateli scolare, strizzateli ben bene, salateli e poneteli sulla sfoglia che già si trova sulla teglia.
Fate 5 fossetti sugli spinaci, tutto intorno e mettetevi in ognuno un uovo intero, poi distribuite un pugno di olivi nere snocciolate, una spolverata di formaggio caciocavallo, noce moscata, aglio tritato finemente, sale e pepe.

Ponete l’altra sfoglia sopra il ripieno, facendola combaciare con quella sottostante e rientrate i bordi della sfoglia sottostante su di essa, chiudendo bene tutto il bordo, pressando leggermente.
Spennellate la superficie tutta con dell’albume, leggermente battuto.
Prendete un coltello e con delicatezza, fate un buco al centro largo e lungo 1 cm.
Infornate a 200 gradi in forno preriscaldato.

Quando è cotta, lasciate che intiepidisca e servite a fette.


Farru ca faciola (Polenta fagioli e cotiche)

Farru ca faciola foto: Vincenzo RaneriIl granoturco veniva sgranato e riposto in appositi cassoni di legno, per poi essere utilizzato come mangime per le galline oppure per essere macinato con il mulinello a mano (mulineddu a manu o cintimulu) e cotto in una pentola di terracotta.

Mettere a mollo la sera prima 300 grammi di fagioli secchi scuri.
L’indomani bollite in acqua non salata e senza farli disfare, i fagioli insieme ad un ciuffetto di finocchietto selvatico tritato grossolanamente.
L’indomani in un tegame soffriggete in olio di oliva pezzettini di cotica di maiale o di pancetta tagliata a pezzetti, aggiungendo alla fine sale e pepe ed aggiungerli ai fagioli.

A parte cuocete la polenta, mettendo sul fuoco un capace tegame, con acqua nelle proporzioni di una tazza da latte (possibilmente di capra a persona), e aggiungete un filo di olio d’oliva.
Quando sta per bollire, fate cadere a pioggia 400 grammi di farina di granoturco, avendo cura con l’altra mano di mescolare continuamente per evitare la formazione di grumi.
Raggiunta una certa consistenza, continuare a cuocere la polenta sempre mescolando, senza farla addensare troppo: dovrebbero bastare 15 minuti di cottura.
Quindi unite i fagioli e lasciate cuocere per qualche altro minuto.
Mia nonna cuoceva anche una salsiccia a testa nella padella col vino e la aggiungeva nel piatto di ognuno.


Stufato di maiale

Stufato di maiale, foto: Vincenzo RaneriFate appassire in abbondante olio d’oliva una cipolla tagliata finemente.
Aggiungere mezzo chilogrammo di carne e farla soffriggere, dopo versare un bicchiere di vino rosso, farlo evaporare un po’ e aggiungere un peperoncino rosso ed una foglia di alloro, l’aglio intero, sale e pepe.

Far cuocere a lungo a fuoco lento fino a completa cottura della carne, avendo l’accortezza di poggiare il coperchio sul tegame in modo da lasciarlo socchiuso.

Nel caso che il sugo si addensi troppo aggiungere ancora acqua tiepida.


Pignolata glassata

Pignolata grassata, foto: Vincenzo RaneriLa pignolata glassata deriva direttamente dalla pignolata al miele, che prevedeva un mucchietto di “pigne” fritte ricoperte da miele e scorza di limone.

La pignolata glassata nasce nel periodo della dominazione spagnola, quando su commissione di famiglie nobili si rielaborò la precedente ricetta “povera” sostituendo la copertura con una dolcissima glassa aromatizzata al limone ed al cacao.

La Pignolata è un dolce che si presenta come un mucchietto di pigne di varie dimensioni ricoperte di glassa bianca al limone e scura al cioccolato e dall’odore di essenza di limone (o bergamotto) e cioccolato vanigliato.

Gli ingredienti utilizzati sono:
· Uova
· farina
· grappa o alcool puro
· strutto

Per la glassa:
· zucchero
· uova
· essenza di limone (o di bergamotto)
· cacao
· vanillina

Impastate la farina con le uova ed il liquore o alcool fino ad ottenere una pasta omogenea.
Stendete la pasta in lunghi grissini della grossezza di un pollice e poi tagliare a tocchetti di 2 cm circa.
Friggete in olio o strutto, la pasta si gonfierà e si spaccherà.
Ritirate le palline quando dorate e mettete ad asciugare sulla carta.
Immergete metà in una glassa di zucchero bianco aromatizzato con la scorza di limone (o bergamotto) grattugiata e l’altra metà in una glassa di cioccolato.
Lasciate raffreddare.