Menu Gallo-Italico (dal 1038 d.C.)

Menu dedicato alle ricette nate nel periodo Gallo-Italico in Sicilia che va dall'anno 1000 d. C. circa fino ad oggi.
Menu Gallo-Italico

Menu Gallo-Italico (dal 1038 d.C.)

I primi lombardi arrivati in Sicilia, con una spedizione partita nel 1038, furono dei militari al seguito del condottiero bizantino Giorgio Maniace, che per brevissimo tempo riuscì a strappare Messina e Siracusa agli arabi.

L’esercito di Maniace, oltre che da lombardi, fu composto da bizantini, da guardie variaghe, da truppe guidate dal longobardo Arduino, arruolate con la forza in Puglia (i cosiddetti Konteratoi), e da una compagnia di normanni e vichinghi comandati da Guglielmo Braccio di Ferro e da Harald Hardrada, futuro re di Norvegia. Maniace fu l’unico condottiero che riuscì, prima dei normanni, a liberare seppur temporaneamente alcuni territori siciliani al dominio musulmano. I lombardi, giunti con la spedizione bizantina, si stabilirono a Maniace, Randazzo e Troina, mentre un nucleo di genovesi e di altri lombardi della Liguria si insediò a Caltagirone.

Migrazioni più consistenti di lombardi giunsero con la conquista normanna della Sicilia, iniziata nel 1061 con la presa di Messina. La liberazione dell’isola si rivelò un’impresa meno facile del previsto. I normanni impiegarono trent’anni per liberarla completamente dal dominio musulmano.

Nel 1091, con la caduta di Noto, ultima roccaforte musulmana nell’isola, fu ottenuta la vittoria militare, ma nell’isola vivevano ancora numerosi arabi che miravano alla riconquista.
Con l’obiettivo di rafforzare soprattutto (nelle aree a forte presenza greco-bizantina) il “ceppo franco-latino” (che in Sicilia era minoranza rispetto ai più numerosi greci e arabosaraceni), i normanni Altavilla iniziarono un processo di latinizzazione della Sicilia, incoraggiando una politica d’immigrazione della loro gentes e dell’Italia settentrionale (detti lombardi o longobardi, ma prevalentemente piemontesi e liguri) con la concessione di terre e privilegi. A questi si aggiunsero soldati mercenari provenienti dalla Francia (provenzali e bretoni) chiamati a difesa delle fortificazioni normanne. Si stima che fossero immigrati in Sicilia circa duecentomila lombardi.

La Sicilia centrale e orientale furono così ripopolate con coloni e soldati del nord Italia, provenienti da un’area comprendente tutto il Monferrato storico in Piemonte, parte dell’entroterra ligure di ponente, e piccole porzioni delle zone occidentali di Lombardia ed Emilia. Secondo molti studiosi, la migrazione di genti del nord Italia in queste isole linguistiche siciliane sarebbe poi continuata fino a tutto il XIII secolo.

Si stabilirono principalmente nelle zone dei comuni di:

  • San Fratello e Novara di Sicilia, in provincia di Messina
  • Nicosia, Sperlinga, Piazza Armerina e Aidone in provincia di Enna

e, in minor parte, alcuni comuni delle province di Catania e Siracusa:

I primi sei sono inseriti nel R.E.I.S. – “Registro Eredità Immateriali della Sicilia” – Libro delle Espressioni – Parlata Alloglotta Gallo Italico – istituito dalla Regione Siciliana.

Tracce galloitaliche si possono trovare anche nelle parlate di :

  • Fondachelli-Fantina, Roccella Valdemone, Montalbano Elicona, in provincia di Messina
  • Valguarnera Caropepe in provincia di Enna
  • Randazzo, Bronte, Caltagirone, Mirabella Imbaccari, in provincia di Catania
  • Ferla, Buccheri, Cassaro, in provincia di Siracusa.

E in misura ancora minore anche nelle parlate di:

  • – Santa Domenica Vittoria, Francavilla di Sicilia, San Piero Patti ,Raccuja, Basicò, San Basilio, Floresta, San Marco d’Alunzio, Militello Rosmarino, Capizzi, Acquedolci (Euadauza) Castel di Lucio, Motta d’Affermo e Santa Lucia del Mela, in provincia di Messina;
  • Leonforte, Cerami, Agira, Pietraperzia, in provincia di Enna;
  • Maletto, Paternò, San Michele di Ganzaria, Militello in Val di CT, in provincia di Catania;
  • Butera, e Mazzarino, in provincia di Caltanissetta;
  • Corleone e Vicari, uniche enclavi in provincia di Palermo.

Grazie probabilmente alla posizione di relativo isolamento, i paesi di San Fratello e Novara di Sicilia, Nicosia e Sperlinga sono quelli che hanno mantenuto più a lungo e in modo più fedele la parlata originaria gallo-italica è sentita come elemento di identità cittadina ed è ancora usata abitualmente nei rapporti interpersonali, seppur con diverse sfumature.

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La Sicilia orientale nell'anno 1000

La parlata di questi coloni, provenienti dal nord Italia, si è mantenuta a lungo in Sicilia, anche se le isole linguistiche createsi hanno cominciato a essere erose dall’impatto, prima, con i dialetti siciliani, e in tempi più recenti, con quello della televisione e della scuola dell’obbligo, prospettando il concreto pericolo di una scomparsa di questa antica e preziosa testimonianza storica e glottologica siciliana.

Tra le caratteristiche che accomunano il gruppo gallo-italico al gruppo gallo-romanzo sono:

  • l’indebolimento delle sillabe atone (sincope, fortissimo soprattutto in emiliano e in romagnolo, ma comune anche in piemontese)
  • l’assenza di alcune o tutte le consonanti geminate (consonanti doppie)
  • la generale tendenza all’apocope (caduta) delle vocali finali diverse da a, fenomeno al quale è tuttavia estraneo il ligure
  • la palatalizzazione di a tonica latina in sillaba libera
  • la presenza, in molte varianti, delle vocali /y/ ed /ø/, dette anche, in passato, “vocali turbate”
  • la lenizione: le occlusive sorde /p/, /t/, /k/ tra vocali del latino vengono sonorizzate e in molte varietà cadono. (es. ROTAM > lombardo [ɾœdɐ], ligure e piemontese [ɾua̯ ]; “ruota”.)
  • L’utilizzo del pronome clitico soggetto obbligatorio, proprio come in francese, per dare senso a verbi che altrimenti non ne avrebbero data la caduta delle finali delle coniugazioni.

La definizione galloitalici di Sicilia è preferibile ad altre, quali gallo-siculo o lombardosiculo, che risultano più ambigue: il termine siculo presume un sostrato primitivo che è stato pressoché annullato dal greco e poi dal latino, il termine lombardo oggi è molto più limitato rispetto al significato originario che indicava l’antico regno longobardo. La definizione dell’area geografica “di Sicilia” va specificata perché il galloitalico originario qui ha subito processi di confronto, cedimento, adeguamento o simbiosi con il siciliano prevalente, dando vita a dialetti che si distinguono dal resto dei siciliani per una diversa articolazione fonetica e in alcuni casi morfologica, ma che ha perso, forse molto presto, buona parte del patrimonio lessicale dell’antico galloitalico.

L’articolazione fonetica, invece, è ancora oggi tanto marcata che il galloitalico che parla italiano si differenzia in modo notevole dal resto dei siciliani.

Nel resto dell’Italia Meridionale colonie galloitaliche si trovano anche in Basilicata, dove il galloitalico è parlato in due distinte aree linguistiche, entrambe in provincia di Potenza: la prima comprende i comuni di Picerno, Tito, Pignola, Vaglio; la seconda nell’area che sovrasta il golfo di Policastro che comprende i centri di Trecchina, Rivello (con la frazione di San Costantino), e Nemoli.

Castello di Sperlinga - Menu Gallo-Italico
Castello di Sperlinga

 Ed ecco un saggio di gallo italico nella favoletta di Fedro

La montagna che partorì un topolino

Una montagna era pronta a partorire e urlava co sì fortemente che sembrava ci fosse un terremoto. Gli abitanti del villaggio curiosi aspettavano che nascesse una montagnola e guardavano pieni di meraviglia. Dopo tanti strilli, tanti lamenti e tanto rumore finalmente la montagna partorì: e sapete cosa? …un topolino.
Questo racconto è stato scritto per te che parli troppo e non concludi niente.

A muntagna ch f’gghjàva

Na muntagna era lesta d′ f’gghjièr e
bramiàva accuscì fort ch’ parìva ch gghjera u t′rr′mòt′. I paisài curiùs pustiàv′n ch′ nasciva na muntagnìta, e taliàv′n′ tutt′ a bucca verta. Dop tant vusg′, tant ddamìnt′ e tant′ rumùr′, ns′nalmìnt′ a muntagna parturì. E u savìa sa ch nascì ? …Un surcìt′!
Stu cunt fu scritt p tija ch parr′ assai e nan cunchiùd nint′

La forma vernacolare, conservata nei documenti scritti (soprattutto composizioni poetiche dell’inizio del Novecento) mi ha indotto a verificare se esistono forme di “eredità immateriali” di tipo gastronomico, anche sulla scorta delle numerose esperienze dirette avute con i viaggi che ho fatto nei vari paese e perché anch’io sono nativo di uno di essi.

Ho individuato, fra i diversi esistenti, un piatto tipico per ogni comune gallo-italico:

Comune gallo-italico (tipo A)
A1 San Fratello (ME) frascatuli dolci (latte e cannella)
A2 Novara di Sicilia (ME) farru di frummentu d’innia (granoturco)
A3 Nicosia (EN) piciotta e nocattoli
A4 Sperlinga (EN) tortone
A5 Piazza Armerina (EN) maccheroni in agrodolce
A6 Aidone (EN) frascatui (polenta di cicerchie)
Comune gallo-italico (tipo B)
B1 Fondachelli Fantina (ME) piccillatti
B2 Roccella Valsemone (ME( ziringuli
B3 Montalbano Elicona (ME) rami di miele
B4 Valguarnera Caropepe (EN) frascatula con verdure selvatiche
B5 Randazzo (CT) nuvoletti
B6 Bronte (CT) mammurati
B7 Caltagirone (CT) sfingi
B8 Mirabella Imbaccari (CT) cassateddi di ceci e ricotta
B9 Ferla (SR) scacciuni (calzone)
B10 Buccheri (SR) pasta a milanisa
B11 Cassaro (SR) pizzolo
Comune gallo-italico (tipo C)
C1 Francavilla di Sicilia (ME) pignoccata con miele
C2 Santa Domenica Vittoria (ME) focaccia con cipolle e guanciale
C3 San Piero Patti (ME) pasta ca ricotta
C4 Raccuja (ME) panettone con le nocciole
C5 Basicò (ME) pasta ‘ncasciada
C6 Floresta (ME) mustazzoli
C7 San Marco d’Alunzio (ME) sprurria
C8 Militello Rosmarino (ME) pasticciotto (bianco delle suore)
C9 Capizzi (ME) niuri
C10 Castel di Lucio (ME) tabisca
C11 Acquedolci Euadauza (ME) pasta con alici
C12 Motta d’Affermo (ME) cassata (calzone di giri)
C13 Santa Lucia del Mela (ME) baludde
C14 Leonforte (EN) ricotta fritta
C15 Cerami (EN) zuppa di grano bollito e legumi
C16 Agira (EN) cassatelle
C17 Pietraperzia (EN) buccellatini
C18 Maletto (CT) pasta di pane fritta
C19 Paternò (CT) bucchinotti
C20 San Michele di Ganzaria (CT) mostarda di fichi d’india
C21 Militello in Val di Catania (CT) cassatelline
C22 Butera (CL) spaghetti con il miele
C23 Mazzarino (CL) pasta al sugo di finocchietti e mollica
C24 Corleone (PA) sfincione bianco
C25 Vicari (PA) passavolanti

Nota : la denominazione di “tipo” è fatta sulla base della ripartizione sopra riportata.

Ma andiamo alle ricette (che rimango sempre “aperte” a critiche e/o integrazioni).

A1 – FRASCATULI DUCI (latte e cannella) - San Fratello (ME)

Preparate la frascatula la sera prima, tienila in frigo per tutta la notte e mettela in forno un’oretta prima di consumarla, avrà una consistenza perfetta

Lessate un kg di broccoletti in due litri di latte intero, poi sgocciolateli al dente (conservando il latte) e fateli soffriggere con olio e cipolletta, alla fine aggiungete una cucchiaiata di miele e una spolverata di cannella, quindi, mescolate e tenete da parte. Fate arrivare quasi ad ebollizione il latte di cottura dei broccoletti e aggiungete un bicchiere di acqua e versate i broccoletti soffritti e poi 500 gr di farina integrale di grano duro a pioggia, mescolando in continuazione per qualche minuto.

Poi versatela su un tagliere e lasciar raffreddare.

Quando è fredda, tagliatela a strisce e friggetele in poco olio di semi.

I pezzetti di frascatula dolce si trasferiscono su carta assorbente e si spolverano con zucchero e cannella..

A2 - FARRU DI FRUMMENTU D’INNIA (granoturco) - Novara di Sicilia (ME)

Il granoturco veniva sgranato e riposto in appositi cassoni di legno, per poi essere utilizzato come mangime per le galline oppure per essere macinato con il mulinello a mano (mulineddu a manu o cintimulu) e cotto in una pentola di terracotta.

Mettere a mollo la sera prima 300 grammi di fagioli secchi scuri. L’indomani bollite in acqua non salata e senza farli disfare, i fagioli insieme ad un ciuffetto di finocchietto selvatico tritato grossolanamente. L’indomani in un tegame soffriggete in olio di oliva pezzettini di cotica di maiale o di pancetta tagliata a pezzetti, aggiungendo alla fine sale e pepe ed aggiungerli ai fagioli. A parte cuocete la polenta, mettendo sul fuoco un capace tegame, con acqua nelle proporzioni di una tazza da latte (possibilmente di capra a persona), e aggiungete un filo di olio d’oliva.

Quando sta per bollire, fate cadere a pioggia 400 grammi di farina di granoturco, avendo cura con l’altra mano di mescolare continuamente per evitare la formazione di grumi. Raggiunta una certa consistenza, continuare a cuocere la polenta sempre mescolando, senza farla addensare troppo: dovrebbero bastare 15 minuti di cottura. Quindi unite i fagioli e lasciate cuocere per qualche altro minuto.

Mia nonna cuoceva anche una salsiccia a testa nella padella col vino e la aggiungeva nel piatto di ognuno.

A3 - NOCATTOLI - Nicosia (EN)

Impastate 200 gr di strutto con 500 gr di farina, tre tuorli d’uovo, 200 gr di zucchero, la scorza grattugiata di un limone, due cucchiaini di lievito e 40 ml di latte.

Una volta pronto, mettete a riposare l’impasto in frigorifero per circa un’ora. Nel frattempo preparate la farcia di mandorle, unendo a 500 gr di farina di mandorle, l’albume di un uovo, 350 gr di zucchero e poi impastato con un bicchierino di vermouth. Stendete l’impasto con il mattarello e ricavate con il coppa-pasta dei cerchi di frolla che ho disporrete sulla teglia da forno e ricoperti con la farcia di mandorle.

Quindi infornate a 200° C per circa 15/20 min, quindi servite con zucchero a velo.

A4 - TORTONE - Sperlinga (EN)

A Sperlinga, dal 1982, fanno anche una sagra, nell’anniversario dei “Vespri Siciliani”, non è altro che la trasposizione in chiave rievocativa, della vita che per secoli si protrasse nel chiuso delle grotte, antiche abitazioni del borgo rupestre.

Si prepara con lo stesso impasto del pane, ma viene invece fritto in abbondante olio di oliva fino a quando la sua superficie non risulta dotata.
Ultimata la cottura, il Tortone viene cosparso di zucchero e cannella, potendolo gustare sia caldo che freddo

A5 - MACCHERONI IN AGRODOLCE - Piazza Armerina (EN)

Affettate finemente tre cipolle e mettetele in una casseruola con olio a stufare con calma e fate cuocere a per circa 15 minuti a fuoco lento. non devono bruciare per non dare un sentore amaro al piatto

Tagliate a dadini 100 gr di pancetta e aggiungeteli alle cipolle. Fate rosolare la pancetta per 5 minuti poi aggiungete sale, pepe e peperoncino a piacimento.

Cuocete 400 gr di rigatoni, scolandoli al dente, per scolarla e finire la cottura saltandoli nella padella dell’intingolo di cipolle e salume.

A6 – FRASCATUI (Polenta di cicerchia) – Aidone (EN)

La cicerchia, Lathyrus sativus, detta anche cicerula, cece nero, dente di vecchia, pisello quadrato”, è una leguminosa da granella conosciuta da sempre nel bacino del Mediterraneo. Come legume ha avuto una parte importante nella cucina povera, in Aidone è stata da sempre usata come farina ottenuta macinando i legumi previamente tostati. La polenta, chiamata comunemente frasquatul’ , ha rappresentato un alimento fondamentale nei momenti più critici della nostra storia e forse, appunto per questo, gli anziani hanno preferito dimenticarla. Solo recentemente è stata rivalutata, incentivandone la coltura, è diventato un alimento di pregio se si arriva a pagare sei euro al chilogrammo!

Mettete a bollire quattro litri di acqua, quindi mettete un pugno di finocchietti selvatici tagliuzzati per farli cuocere per una decina di minuti.

Raffreddate con un bicchiere d’acqua fredda e portate al minimo la fiamma; con l’aiuto di una frusta cominciate a versarvi a pioggia messo chilo di farina di cicerchia, fino a quando raggiunge la consistenza desiderata e comincia a ribollire; aumentate la fiamma e far cuocere per un quarto d’ora circa, sempre rimestando;

Intanto fate soffriggere in abbondante olio di oliva uno tre spicchi di aglio, e poi aggiungetelo alla polenta e rimestate per amalgamarlo bene; spegnete e versate nei piatti. Si può mangiare così com’è, con un po’ di pepe e peperoncino, accompagnata con salsiccia o coniglio selvatico al sugo. Raffreddata per almeno 12 ore si può friggere, tagliandola a fettine, infarinandola e friggendola in olio caldo.

B1 - PICCILLATTI - Fondachelli Fantina (ME)

Si tratta di un dolce ripieno a base di miele e nocciole.

Prima si prepara il ripieno

Tostate nel forno a 150 °C circa 1 kg di nocciole sgusciate, poi togliete la pellicina ormai screpolata e tritate possibilmente in un mortaio, fino ad una dimensione media della granella di cica 3-5 mm.
Fate sobbollire circa 1 kg di miele e quindi aggiungete le nocciole tritate: il peso del miele deve essere uguale al peso delle nocciole.
Dopo circa 5 minuti, spegnete ed aggiungete la buccia grattugiata di arance (circa 6 per ogni kg di miele) e lasciate raffreddare, badando bene a non grattugiare la parte bianca ed a non fare cuocere la buccia, altrimenti diventa amara.

Per la sfoglia esterna

Prendete una quantità di farina pari alla quantità totale del miele e delle nocciole utilizzata e, per ogni kg di farina, impastate 200 grammi di zucchero, 200 grammi di sugna, 10 grammi di ammoniaca, 200 gr di succo d’arancia “tarocco” e 200 di succo d’arancia “vaniglia” (zuccherine) o “paradiso” (sanguinelle dolci).

Formato l’impasto, prendetelo a pezzetti e stirate una sfoglia non troppo sottile, ricavando delle strisce possibilmente tagliate con la rotellina dentata. Quindi su ogni striscia disponete il ripieno modellato a forma di grissino, richiedendo la pasta di ogni pezzo lungo la sua circonferenza ad intervalli regolari, ed infine formate con ogni pezzo una ciambella unendo le due estremità e pressando le due punte di pasta Disponete i pezzi in una teglia spolverizzata con della farina ed infornate in forno già caldo a 180°C per un numero di minuti sufficiente a farli appena colorire.

B2 - ZIRINGULI - Roccella Valdemone (ME)

Nei giorni della macellazione del maiale (in genere nel mese di gennaio), dopo la lavorazione dei pezzi di carne, il terso giorno è dedicato alla Sugna e agli Ziringuli; tutto il lardo tagliato a cubetti è bollito nella “coddara” (calderone) che è alimentata da legna grossa in modo da non produrre fiamme alte per sporcarlo, l’ebollizione viene mantenuta per ore fino alla dissoluzione dei cubetti da dove dalla parte grassa (la maggiore) ne deriva lo strutto e dalla parte magra si producono i Ziriguli che rimangono come scarto della lavorazione.

Lo strutto (‘a saime) ancora liquido è immesso con l’imbuto nella vescica del maiale e annegata in acqua fredda per solidificarsi, poi appesa assieme ai salami, il rimanente si conserva in vasi di terracotta smaltati bianchi; alcuni dentro lo strutto annegano alcune salsicce (confezionate il giorno prima), che rimarranno conservate fresche fino alla scopertura in estate o per la mietitura.

I Ziringuli sono pezzetti di carne semi magra contenuta all’interno del lardo, questi rimanendo solidi decantano nel ormai strutto e, alla fine del recupero dello stesso, rimangono al fondo della caldaia solidificando con dello strutto non recuperabile, i ziringuli sono il primo alimento conservato del maiale, che viene utilizzato per l’alimentazione, già dal primo giorno si usano come guarnizione e condimento in padella per la cottura delle uova, chiaramente stiamo parlando di cibi grassi ma di una genuinità e di un gusto indescrivibile. Si possono conservare nel vasetto di terracotta ed utilizzarli in tal senso per lunghi periodi senza catena del freddo.

B3 - RAMI DI MIELE - Montalbano Elicona (ME)

I rami di miele sono dei biscotti durissimi, ma se nell’impasto aggiungete un cucchiaino di olio di oliva, vengono un po’ più mangiabili (ma comunque li potete inzuppare).

In un tegame in acciaio mettete 230 gr di miele millefiori e 100 gr di zucchero semolato, fateli sciogliere a fuoco medio, finché non diventa liquido.
Quindi, unite 330 gr di farina 0 setacciata un po’ per volta, mezzo cucchiaino di lievito e, se volete, un cucchiaino di olio extra vergine di oliva, mescolate bene fino a creare un composto ben amalgamato.
Versate il tutto su un piano di lavoro infarinato e lavoratelo con le mani fino a creare una palla.
Avvolgetela in una pellicola da cucina e mettetela a riposare in frigorifero per almeno 1 ora.
Trascorso il tempo, riprendete la nostra pasta e create dei cordoncini lunghi 12 cm e spessi poco più di un dito, da questi ricavate tutti pezzi da 4 cm.
Unite 3 pezzi tra loro e creare i rami come in foto, aggiustateli con le mani in modo da sistemare un po’ le punte e la base e incidete i rami con un coltello.
Sulla base dove congiungono i rami posizionate una mandorla, mettete i biscotti su una placca da forno foderata di carta forno e infornate in forno caldo a 180° C per circa 15 minuti.
Appena sfornati, quando sono ancora caldi, spennellateli con altro miele e lasciate raffreddare prima di consumarli.
Se volete che il miele si rapprenda subito, appena i biscotti saranno freddi potete metterli in frigo per 15-20 minuti.

B4 - FRASCATULA CON VERDURE SELVATICHE - Valguarnera Caropepe (EN)

Questo cibo rappresenta al meglio l’inverno se non la polenta?
Tradizionalmente quando si parla di polenta si tende ad associarla, quasi in maniera esclusiva, ai paesi dell’Italia settentrionale, in particolare a quelli di montagna, dove è molto diffusa e ne costituisce uno dei piatti tipici, ma in verità si tratta di una preparazione, che nelle sue molteplici varianti, è presente in tutta l’isola fin dai tempi dell’antica Roma. I romani infatti, e più in generale i popoli italici, erano soliti cuocere la farina di grano o altri cereali, quali ad esempio il farro, per preparare una sorta di minestra piuttosto densa mista a verdure o carne, quasi una pappa, denominata “puls”, da cui avrebbe avuto origine la polenta; è proprio al periodo della dominazione romana, che si deve la diffusione di questa particolare preparazione in Sicilia, quando la nostra isola ricca di grano rappresentava uno dei principali bacini di rifornimento dell’Impero, dal quale, a sua volta, assorbiva usi e costumi anche di carattere culinario.
La polenta siciliana è conosciuta di “frascatula”, dal francese “flasque, che vuol dire molle.

La Frascatula infatti si prepara versando farina di cereali (generalmente semola di grano duro) o farina di legumi (cicerchie, ceci, fave, piselli), talvolta anche le due farine insieme, nell’acqua bollente in cui sono state lessate in precedenza delle verdure, che possono essere broccoli, bietole, finocchietto selvatico, borragine, cicoria o altre erbe spontanee, che andranno ad arricchire la minestra di gusto e colore verdastro; per impreziosire ulteriormente la polenta si può soffriggere a parte qualche spicchio d’aglio in olio d’oliva e unirlo al composto a cottura quasi ultimata e, ancora, si possono utilizzare lardo, pancetta o salsiccia, ingredienti facoltativi, che vennero aggiunti alla ricetta originaria solo in un secondo momento, con il miglioramento delle condizioni economiche.

Oggi in molti hanno dimenticato o non conoscono affatto questa pietanza tanto semplice quanto genuina e saporita, ma c’è ancora chi la prepara e la tramanda, soprattutto nell’entroterra siculo dove, a seconda della zona, si adoperano ingredienti e nomi diversi. A Enna per esempio in passato si utilizzava la farina di grano di Timilia, sostituita poi da quella di semola di grano duro, ma visto il recente recupero dei grani antichi non è escluso che si torni ad adoperarla; Ad Aidone la frascatula è rigorosamente con farina di cicerchia, finocchietto selvatico, broccoli o cavoli e un filo d’olio a crudo; A Troina la polenta è detta “piciocia” e si prepara con farina di ceci e cicerchie e come verdura si usano i cardi, mentre a Nicosia viene chiamata “picciotta” e si cucina unendo insieme farina di cereali e legumi misti, di solito frumento, fave, ceci e piselli; ancora a Caltanissetta e Agrigento si utilizza la semola impreziosita da finocchietto e pancetta, più semplice invece nel ragusano dove la si cucina in acqua bollente e senza verdure, per poi condirla con olio e pecorino grattugiato.

Comunque venga preparata la polenta siciliana, se avanza, una volta raffreddata, si può tagliare a fette e friggere.
Una menzione particolare va alla zona di Trapani dove con il termine frascatuli si fa riferimento alla semola preparata versandovi sopra l’acqua bollente, come si fa per il cous cous, dal quale però si differenzia per la formazione di granelli più grossi e per l’abbinamento di questa preparazione a cimette di cavolfiore.

B5 - NUVOLETTE - Randazzo (CT)

Sbattete tre uova e 300 gr di zucchero per almeno 15 minuti, aggiungete poi 300 gr di farina poco alla volta.

Versate il composto a cucchiaiate, creando appunto le nuvolette, su una teglia leggermente unta di olio.

Cuocete in forno moderato fino a doratura.

B6 – MAMMURATI – Bronte

Per prima cosa tostate 300 gr di mandorle in forno a 180°C per circa 15 minuti senza farle bruciare. Quindi tritate.

In una ciotola versate lo zucchero semolato e fate sciogliere con un bicchiere (circa 200ml) di acqua tiepida.

Versate il composto di acqua e zucchero sulle mandorle, mescolate. Aggiungete circa 300 gr di farina, poco alla volta, fino ad ottenere un impasto liscio ed omogeneo, facilmente maneggiabile.

Stendete l’impasto con l’aiuto di un mattarello su di un piano leggermente infarinato, non molto sottile, circa 7/8 mm.

Con l’aiuto di un coppapasta date la forma tradizionale tipica a forma di cuore. Sistemate i biscotti su una leccarda da forno e infornate per circa 5/8 minuti in forno preriscaldato a 180°C.

Una volta cotti lasciateli raffreddare e dedicatevi alla preparazione della “Mammurata” ossia la glassa.

Montate a neve ferma un albume d’uovo. Aggiungete 200 g di zucchero al velo e un paio di gocce di succo di limone

Mescolate il tutto fino a formare una glassa liscia e omogenea, molto simile al composto per la meringa.

Con l’aiuto di un cucchiaino cospargete i biscotti di glassa e ricopriteli di diavolini (una volta si usava frutta secca tostata).

Reinfornate per circa un minuto, quel tanto che basta per far leggermente indurire la glassa.

B7 - SFINGI - Caltagirone (CT)

Una volta si mangiava per merenda, soprattutto quando si impastava per cuocere il pane e una parte dell’impasto era riservato alla preparazione delle sfince.

Si impastano 500 gr di farina di rimacinato di grano duro, messo litro di acqua, 25 gr di lievito di birra e una presa di sale, si lascia riposare l’impasto per un paio di ore circa (fino a quando si sarà ben lievitato) e poi si pone a cucchiaiate in una padella con olio bollente. Un volta fritte, si estraggono e si mettono a sgoccioalare per un paio di minuti e vengono fatte rotolare nello zucchero semolato mischiato alla cannella e subito mangiate caldissime.

P.S. Una variante interessante è quella che prevede l’aggiunta di patate lesse. In questo caso dimezzate la quantità della farina sostituendola con le patate e sostituite l’acqua con pari quantità di latte.

B8 -CASSATEDDI CECI E RICOTTA - Mirabella Imbaccari (CT)

Sapete chi sono i “Maccarìsi” ? Sono gli abitanti di Mirabella Imbaccari, un comune in provincia di Catania con poco meno (nel 2011) di 4 mila e 600 anime.

Nel dialetto locale, derivante come struttura fonetica (e in parte lessicale) dal gallo-italico di Sicilia, si traduce la seconda parte del toponimo, “Imbaccari”, da cui “I Màcari”. La prima parte, “Mirabella”, è intraducibile, poiché è il cognome della nobile Leonora Mirabella, sposa del barone Giuseppe Maria Paternò, il quale apparteneva alla famiglia dei feudatari che fondarono il paese.

I cassateddi di Mirabella si diffenziano da quelle prodotte nel resto della Sicilia per la composizione del ripieno. Dappertutto, infatti, il ripieno è costituito dalla ricotta lavorata con lo zucchero; nelle cassatedde di Mirabella Imbaccari, invece, alla crema di ricotta è aggiunta una crema a base di ceci, cioccolato e cannella.
Anche se il termine cassatelle, fa subito venire in mente la cassata siciliana, dobbiamo precisare che sono totalmente diverse e che hanno soltanto in comune il nome. Ecco di seguito la semplice e gustosa ricetta per prepararle in casa.
Passate al setaccio 100 gr di ricotta ed amalgamatela con 70 gr di zucchero, 10 gr di cioccolato fondente, 10 gr di zucca candita w un cucchiaio di aroma di arancia e lasciate riposare.
Analogamente, passate al setaccio 80 gr di pure di ceci ed amalgamatela con 30 gr di zucchero a velo1/3 di cucchiaino di cacao amaro, 10 gr di zucca candita, 10 gr di cioccolato fondente, 10 gr di fecola di mais e 1/3 di cucchiaino di cannella
Lavorerete in modo da ottenere un impasto omogeneo e mettete da parte.
Quindi lavorate 1’’ gr di farina con 15 gr di strutto, incorporate mezzo tuorlo d’uovo, 10 gr di zucchero e 25 gr di vino bianco.
Impastate bene e formate una palla, avvolgetela con la pellicola per alimenti e tenetela in frigo per un’ora circa.
Tirate la pasta in strato sottile ma non troppo, altrimenti l’impasto si strappa. Tagliate con un coppapasta tanti dischi di pasta in cui metterete dentro un cucchiaino di crema di entrambi i tipi; quindi chiudete in due il disco di pasta pressando bene i bordi con i rebbi di una forchetta, rifilando i bordi con la taglierina dentellata.

Friggete le cascatelle in abbondante olio di semi, quindi per far perdere l’unto lasciatele a sgocciolate su carta da cucina.
Spolverizzate con zucchero a velo e cannella.

B9 - SCACCIUNI (calzone di erbe alimurgiche) - Ferla (SR)

Una ricetta un po’ datata, semplice, povera nei suoi ingredienti ma buona. E’ un rustico che solitamente si preparava con la farina integrale o con l’impasto del pane e lo si condiva appunto con ingredienti poveri e freschi.

Il termine dialettale “scacciuni”, deriva dalle sfoglie che vengono appunto schiacciate nella preparazione e la forma, che è uguale a quella delle scacce.

Per l’impasto e prima lievitazione, intiepidire 350 gr di acqua, Nel frattempo accendere il forno o portarlo a 30°C e spegnerlo.
In una ciotola, a 500 g. di farina integrale di grano duro, amalgamare: 4 gr di lievito (di birra in polvere), due cucchiai di olio extravergine, un cucchiaino di succo di limone e mezzo cucchiaino di bicarbonato di sodio
Versare 3/4 di acqua tiepida e fare un primo impasto
Nell’acqua rimasta sciogliervi 10 gr di sale, aggiungere all’impasto e lavorare fino ad ottenere un panetto liscio e morbido
(Regolarsi con l’acqua in base a quanta ne assorbe la farina. L’impasto non deve essere ne troppo molle o troppo duro)
Coprire e ponetelo dentro al forno a lievitare per almeno un’ora.

Per il ripieno, la ricetta originale prevede che la cipolla venga condita a crudo, ma volendo si può stufare mentre l’impasto lievita: comunque deve essere condita con un cucchiaio di extravergine, una macinata di pepe nero, una spolverata di origano e sale. Amalgamare alla cipolla due mazzi di erbe selvatiche leggermente scottate in acqua bollente e due cucchiai di prezzemolo trito.

Ritornando all’impasto, dividerlo in 4 panetti e formate dei dischi, che appoggerete in una teglia rivestita con carta forno, cospargendo la superfice di ognuno con un po’ di farina, per poi coprire e porre a lievitare per altri 20 minuti.

Ritornando al ripieno, tagliare 200 gr di formaggio semi stagionato a listarelle o a pezzetti e unirli alla verdura, insieme alla cipolla e mescolare, aggiungendo un poco di origano e 30 gr di formaggio grattugiato.

A questo punto, riprendete le sfoglie, se risultano molli, cospargere un po’ di farina nella spianatoia e appiattatele ulteriormente allargandole leggermente: lo spessore deve essere circa di 3 mm.
Quindi conditele con il ripieno e un filo di olio extravergine; quindi ripiegate un lembo verso l’interno, appoggiarvi sopra l’altro lembo e chiudere i bordi e sistemateli in teglia Preriscaldate il forno a 180°C ventilato e cuoceteli per 40 minuti.

B10 - PASTA A MILANISA - Buccheri (SR)

Il bello della Sicilia è proprio questo: di dodici dominazioni, ognuna ha lasciato la sua traccia, anche e soprattutto in cucina. Ve ne avevamo già parlato in occasione di cibo e migrazioni, osservando le varie stratificazioni alimentari che rendono questa cultura gastronomica immensa.

Il nome ha origini incerte, che si perdono e sfumano nella storia, tra realtà e leggenda: è la “pasta ‘à milanisi”, la pasta alla milanese, che per alcuni non ha nulla a che vedere con Milano, mentre per altri sì. Quel che è certo è che si trova ovunque in Sicilia, da Enna a Lampedusa e quasi sempre in occasione del pranzo del venerdì santo.

Una ipotesi sulla origine di questo nome, consiste nel fatto che i Normanni venivano chiamati lombardi oppure milanesi ed avevano introdotto il pesce conservato, quindi essiccato, affumicato o salato, nella parte interna della Sicilia lontana dalle coste, dove arrivava più difficilmente.
Non dimentichiamo che qui le sarde non mancano mai, anche perché per secoli il salatore di sarde è stato uno dei mestiere più diffusi nella nostra Isola.

Le tecniche per conservare il pesce, quali l’affumicamento o appunto la salatura, sono antichissime e risalgono ai tempi degli egizi. In Italia, in particolare, la tradizione di salare il pesce azzurro è cambiata proprio negli ultimi decenni, quando da casalinga e artigianale è diventata purtroppo sempre più industriale. Basti pensare che oggi in qualsiasi supermercato troviamo scatolette di tonno, alici, sgombri, sardine, preparati in infiniti modi. Un tempo, però, non era così: i salatori di sarde erano particolarmente diffusi, come ad esempio a Licata, dove c’è proprio un intero quartiere, il Salato appunto, che in passato era il punto di sbarco e di conservazione delle sarde, l’attività fiorente della città ancora fino ai primi decenni del ‘900. L’intero quartiere era tutto abitato da salatori di sarde, come Angelo Vecchio, ultima appendice di una famiglia molto attiva in questo ambito. Dopo aver eliminato testa e interiora, venivano ricoperte interamente con un’abbondante quantità di sale e chiuse ermeticamente per almeno tre mesi in un luogo asciutto e fresco, al riparo dalla luce. Oggi potete preparare questo piatto anche con le sarde fresche, oppure perché non provare a utilizzare entrambe, accontentando tutti?

Fate un soffritto di cipolla, poi quando è ben dorata e rosolata unite 200 gr di estratto di pomodoro e un mazzetto di finocchietto selvatico fresco.
Dopo due minuti, aggiungete otto sarde fresche ben pulite o salate; poi versate due bicchieri di acqua calda o di brodo di pesce (se ne avete da parte un po’ già pronto).

Quando il sugo comincerà a bollire, aggiungete un pugno di uva passa e pinoli e aggiustate di sale e pepe.

Intanto, in un’altra padella preparate 100 gr di pangrattato (a muddica): versate il pangrattato con un filo d’olio e mescolate continuamente finché non risulterà dorato. Nel frattempo bollite l’acqua per la pasta e buttate 400 gr di bucatini o spaghetti. Scolateli al dente e versateli nella padella con la salsa; mescolate bene, impiattate e ricoprite completamente di muddica.

B11 - PIZZOLO - Cassaro (SR)

Il Pizzolo (in siciliano “ u pizzolu”) è una pizza alta, tonda, divisa a metà, che dopo essere stata cotta “in bianco”, viene imbottita con una scelta tra ingredienti come melanzane, peperone, spinaci, speck, prosciutto, carne di ogni tipo, salsiccia, scamorza, etc. Dopo essere stato farcito, il Pizzolo viene spennellato in superfice con olio ed insaporito con sale, origano (o timo) e parmigiano. Completa la sua cottura nuovamente in forno.

Ogni famiglia ha la propria ricetta del pizzolo, che farcisce con ingredienti a proprio gusto. La ricetta è di origine contadina, quando il pane veniva farcito con ciò che si trovava in casa.

In origine si trattava di una focaccia preparata con gli avanzi della preparazione del pane, che veniva farcita a metà cottura con peperoni arrostiti o melanzane grigliate e rimessa nuovamente in forno.

C1 – PIGNOCCATA AL MIELE – Francavilla di Sicilia (ME)

La pignolata è un dolce tipico siciliano, ma anche calabrese. E’ anche chiamata pignoccata. Ne esistono due versioni, quella glassata che è tipica della città di Messina, e quella al miele che si trova anche in Calabria, ma anche in molti paesini dei Nebrodi e dei Peloritani.

Cominciamo con il setacciare 300 gr di farina 00 in una ciotola, aggiungete 30 gr di burro morbido a pezzetti, un pizzico di sale, 20 gr di zucchero semolato, la scorza del limone grattuggiata ed infine un bicchierino di grappa.
A questo punto unire le due uova ed infine il tuorlo.

Impastare energeticamente, amalgamando in modo uniforme; quando è pronto, metterlo su un piano ben infarinato e proseguire ad impastare, fino ad ottenere un impasto compatto dando la forma di un panetto ed avvolgerlo con la pellicola per alimenti. Riporre in frigorifero per 2 ore. A questo punto dividete l’impasto a pezzettini di 1 cm. Finalmente possiamo inziare la cottura, che dovrà essere fatta in olio di semi bollente, con una schiumarola immergere pochi pezzettini alla volta.

Friggere per circa 3-4 minuti e poi scolate i bocconcini ed adagiarli su un vassoio rivestito di carta assorbente per asciugare l’olio in eccesso.

Mettere la pignolata in una ciotola e versateci sopra il miele millefiori.

C2 - FOCACCIA PANCETTA E CIPOLLA - Santa Domenica Vittoria (ME)

Per prima cosa sbriciolate in un bicchiere 15 gr di lievito, aggiungete un cucchiaino di zucchero e un pò di latte tiepido e fate sciogliere.

In una ciotola setacciate 500 gr di farina 0 con 10 gr di sale formando la classica fontana e versate il contenuto del bicchiere col lievito al centro.

Lasciate schiumare il lievito per 15 minuti tenendo la ciotola coperta con un canovaccio pulito, al calduccio vicino alla stufa .

Poi, poco per volta, aggiungeteo 200 gr di latte, un vasetto di 125 gr di yogurt e un cucchiaino di strutto e ho lavorato il composto fino a farlo diventare liscio ed elastico.

Riponete in un contenitore ermetico e lasciatelo lievitare per un’oretta e mezza sempre al calduccio vicino alla stufa.

Oliate la teglia del forno e stendete l’impasto, schiacciandolo con i polpastrelli formando delle fossette.

Cospargete il tutto con cipolla a fette, cubetti di pancetta e, per ultima, l’emulsione di acqua ed olio.

Infornate da forno spento per permettergli di lievitare ancora un po’ e, raggiunta la temperatura dei 180°C, cuocete per una ventina di minuti.

C3 – PASTA CA RICOTTA – San Piero Patti (ME)

Rappresenta uno dei primi piatti semplici, genuini, appartenenti alla tradizione povera e contadina della Sicilia Orientale.

La ricotta resiste all’incedere del tempo e rimane sempre la stessa, che sia di pecora (più intensa, più calorica in termini nutrizionali) o di mucca (decisamente più leggera).

Questo latticino lo si ottiene attraverso la coagulazione del siero del latte, tramite la separazione della parte liquida (il siero) da quella solida (la cagliata), conservato a strati in fuscelle di varia pezzatura, e trasformato in diversi modi: dalla ricotta fresca, mangiabile in purezza o lavorata per produrre ricette dolci o salate, a quella salata sino alla ricotta infornata e a quella rinfornata anche tre volte (quest’ultima, molto in voga in provincia di Messina).

La ricotta si può conservare in frigorifero, nella sua fuscella di origine, poggiata all’interno di un contenitore concavo, che ne raccolga il residuo siero e che si possa facilmente svuotare, per un corretto mantenimento del latticino medesimo.

Se ben conservata, la ricotta, può durare 6 giorni circa, evitando contaminazioni dirette con cibi o peggio con muffe o altri segnali di cattiva igiene del vano frigo.
Dopo i tre giorni circa, la ricotta comincia a solidificarsi e ad asciugarsi di più; in tale occasione sarà perfetta per produrre ripieni vari e farciture per dolci.

In antichità la pasta era sostituita con pezzi di pane molto raffermo e mangiato “a zuppa” insieme alla ricotta appena prodotta, all’interno di scodelle di legno.
Quel che ci tengo molto a sottolineare è di scegliere un formato piccolo di pasta, Disponete in una ciotola di vetro 450 g di ricotta (ovina o vaccina secondo la disponibilità e la preferenza), rendetela vellutata e cremosa con l’aiuto di un minipimer oppure setacciatela a mano; questo procedimento vi aiuterà a realizzare una pasta avvolgente e morbida al palato.

Cuocete 200 gr di pasta, prelevate circa 2 cucchiai di acqua ricca di amido per rendere ancora più fluida la crema di ricotta. Scolate la pasta, conditela e servite con una bella grattugiata al momento di pepe nero.

Ricotta e meli vìvici bene, si raccomanda di abbinare un bel bicchiere di vino rosso. 

C4- PANETTONE ALLE NOCCIOLE E CIOCCOLATO - Raccuja (ME)

Può sembra strano e sicuramente non risalente al medioevo, ma segnala un ulteriore legame gastronomico con i lombardi. Gli ingredienti sono per un panettone di un kg.

Per prima iniziate ad impastare: 90 g di lievito madre rinfrescato e maturo e 70 gr di acqua, e poi aggiungete 70 gr di zucchero, lavorare qualche minuto e poi aggiungete a filo.55 gr di tuorli d’uovo, leggermente sbattuti, Un po’ per volta aggiungete quindi 170 gr di farina manitoba w460 e 50 gr di farina 00 e far incordare.

Aggiungre poi 85 gr di burro (che deve essere a pomata, quindi lasciato a temperatura ambiente già un po’ di tempo prima) in tre dosi, aspettando che ogni dose sia assorbita prima di passare all’aggiunta successiva. Continuare fin quando l’impasto sarà liscio ed elastico, fate la prova del velo come in foto.

A questo punto pirlare l’impasto con le mani su un piano, dando una bella forma tonda, inserire dentro un contenitore capiente e lasciar lievitare in luogo caldo fino a quando sarà triplicato. Noi lo mettiamo in forno con la lucina accesa, coperto con pellicola oppure con un canovaccio. In genere il nostro lievita in circa 12 ore ma è impossibile stimare il tempo esatto, ogni pasta madre ha i suoi tempi.
Quando l’impasto sarà pronto e triplicato, mettere un’ora in frigo e intanto preparare gli aromi: in un pentolino su fiamma bassa far sciogliere il miele, aggiungere quindi la pasta di nocciole e far raffreddare.

Cominciare quindi il secondo impasto, prendendo il primo impasto e aggiungendo 75 gr di farina manitoba w460, 20 gr di farina 00, 3 gr di sale e 55 gr di tuorli d’uovo sempre in tre dosi, aspettando sempre che l’impasto assorba bene ogni aggiunta prima di passare a quella successiva e far incordare.
Aggiungere allo stesso modo (cioè in tre dosi) 55 gr di burro a pomata alternando con 60 gr di zucchero, (una dose di burro e una di zucchero e così via).
Inserire mezzo cucchiaino di malto (non è obbligatorio ma serve a velocizzare il processo di lievitazione, migliorare struttura e colorazione, lo potete trovare nei negozi bio), poi gli aromi e infine il sale.

Lavorare l’impasto fin quando non sarà liscio ed elastico ed aggiungere 100 gr di cioccolato tritato grossolanamente un poco alla volta lavorando con le mani per amalgamare bene.
Pirlare l’impasto e lasciarlo sul piano per 20 minuti, poi pirlare nuovamente e inserire l’impasto nel pirottino da panettone.
Lasciar lievitare in luogo caldo coperto con un canovaccio (nel forno con la lucina accesa) fin quando l’impasto arriva a due centimetri dal bordo.

Preriscaldare il forno a 170°C, praticare con una lama affilata un taglio a croce ed infornare il panettone per circa 50 minuti, il panettone sarà cotto quando al cuore arriverà a 94°, se non siete muniti di termometro fate una prova stecchino (il consiglio è di munirvi di termometro perché lasciando meno un panettone in forno verrà crudo al suo interno, al contrario lasciando troppo lo asciugherà e perderà in sofficità).

Quando sarà cotto infilzare con dei ferri (vanno bene anche quelli per la lana o per gli spiedoni) e capovolgere il panettone a testa in giù, appenderlo in questo modo fino a raffreddamento. Potete utilizzare una pentola alta oppure tra due sedie, ingegnatevi come potete.

Sciogliere a bagnomaria 80 gr di cioccolato e mescolare con 30 gr di pasta di nocciole e un cucchiaio di miele, lasciar intiepidire, poi versare sul panettone e decorare con le nocciole intere e tritate, far asciugare bene e poi chiudere il panettone in un sacchetto per alimenti.

C5 -PASTA 'NCASCIADA - Basicò (ME)

Potete iniziare preparando quattro uova sode: versatele in un pentolino con acqua fredda e, al bollore, calcolate 9 minuti.

Una volta cotte, fatele raffreddare completamente passandole sotto acqua corrente e infine sbucciatele.
Poi lavate e tagliate a dadini 720 gr di melanzane,: se le melenzane sono scure, conviene porle in uno scola pasta, cospargerle di sale e metterci di sopra un piatto con un peso di sopra, per sei ore.

Friggete le melanzane in una padella con abbondante olio (affinché galleggino, in modo che non verrà a contatto con il fondo della padella).

Scolatele man a mano su carta da cucina per far scolare l’olio in eccesso e tenete da parte.
Mettete a bollire in tegame l’acqua da salare a bollore: servirà per cuocere la pasta. Versate in un tegame un filo d’olio e fate soffriggere leggermente lo spicchio d’aglio. Aggiungete 700 gr di passata di pomodoro, due cime di basilico fresco spezzettato a mano, salate e pepate a piacere. Coprite con coperchio e lasciate cuocere a fiamma medio-bassa per almeno 20 minuti e alla fine aggiungete tanto altro basilico spezzettato. Cuocete al dente 500 gr di rigatoni e scolateli direttamente nel tegame con il sugo, mescolate per insaporire.

Ora ungete leggermente una teglia (da 30×22 cm) e distribuiteci metà della pasta, 100 gr di caciocavallo grattugiato, 270 gr di ricotta distribuita a cucchiaiate, le melanzane e le uova sode spezzettate.

Quindi ricoprite con la pasta rimasta, terminando con ancora del caciocavallo e delle cucchiaiate di salsa.
Ponete la teglia in forno statico preriscaldato a 200°C per circa 25 minuti. Servite calda.

C6 - MUSTAZZOLI - Floresta (ME)

Questi modestissimi biscotti, molto duri, ma buoni, erano già noti nel XV secolo e il loro nome è oggi registrato nei più antichi vocabolari siciliani. Con lo stesso nome vi sono altri dolcetti in varie zone della Sicilia, ma questi variano ovunque per gli ingredienti e per la forma, che molte volte si ispira a delle figure oppure a dei fiori.

Dopo aver tritato 100 gr di mandorle finemente, impastatele con un kg di farina e 400 gr di zucchero ed aggiungete 50 gr di lievito di birra sciolto in una tazza di acqua tiepida quindi spolverate con cannella ed quattro aggiungete i chiodi di garofano.

Amalgamate il tutto fino a che l’impasto diventi compatto e lasciate lievitare per circa un’ora. Stendete la pasta, tagliatela in forme ovali ed incidete con un coltello ogni forma. Cuocete al forno per circa venti minuti.

C7 – SPURRIA – San Marco D’Alunzio (ME)

Si tratta di una zuppa vegetale con tutto quello che si riesce a reperire nella campagna.

Su una base di soffritto fatto con la solita cipolla, sedano e carota, si vanno aggiungendo lenticchie, patate a dadiini, castagne secche, legumi secchi precedentemente ammollatiuna notte (fagioli, ceci, cicerchie, ecc.) cereali precedentemente ammollati 24 ore, grano, orzo.

C8 – PASTICCIOTTO (bianco delle suore) – Militello Rosmarino

Si prepara una frolla, impastando 200 gr di burro ammorbidito a temperatura ambiente, 200 gr di zucchero, due uova, uno alla volta e infine 450 gr di farina.
Appena l’impasto diventa omogeneo e si stacca facilmente, si avvolge in una pellicola e si fa riposare per due ore.

Ricavare la scorza di un limone molto sottile, evitanto la parte bianca, aggiungerla 500 ml di latte e portare a ebollizione lasciandola poi in infusione per 15 minuti.
In un tegame a parte amalgamare con una frusta quattro tuorli d’uovo con quattro cucchiai colmi di zucchero; aggiungere alternando quattro cucchiai di farina e il latte (a cui è stato tolta la scorza di limone) e passare tutto attraverso un colino a maglie fitte.

Cuocere a bagnomaria a calore moderato, girando continuamente col la frusta, finché non abbia raggiunto la giusta consistenza; spegnere, aggiungere il burro, continuando a girare e far raffreddare. Aggiungere amarene sciroppate.

Per evitare che asciughi in superficie, girare spesso; in alternativa si può coprire con della pellicola per alimenti.

A questo punto stendere la pasta frolla tra due fogli di carta da forno, ritagliare delle sagome un po’ più grandi del bordo superiore delle formine e rivestirle, farcire poi con la crema pasticcera e per finire adagiare al centro un’amarena sciroppata. Coprire con altra pasta frolla, sigillare i bordi pizzicandoli e spennellare con dell’albume battuto.

Cuocere in forno preriscaldato a 170°C per 15 minuti e comunque fino ad ottenere un aspetto biscottato.

Prima di assaggiare, far raffreddare almeno un oretta.
Si ottengono 10 Pasticciotti in formine piccole di 6 cm di diametro.

C9 - NIURI - Capizzi

Cioè “il nero“, in esso ciò che un qualsiasi pasticcere butterebbe nella spazzatura è diventato un’originale preparazione, andando a costituire la base di un dolce artigianale tipico di Capizzi, in cui la maestria e l’originalità consiste nel saper tostare il suo ingrediente principale in maniera millimentrica ad un passo dalla bruciatura. “U Niuru” è di colore scuro e impiega solo mandorle sovra tostate.

  • 1 kg di farina 00
  • 1 kg di zucchero
  • 1oo g di zucchero a velo
  • 1 albume d’uovo

Abbrustolite molto un kg di mandorle (tanto che sembra che possano essere buttate).

Macinate e impastate insieme un kg di farina 00, un kg di zucchero, cannella e chiodi di garofano macinati, aggiungendo dell’acqua poco alla volta.

Prelevate una quantità d’impasto della dimensione del palmo della mano di donna e date la forma desiderata (il dolce non deve essere molto schiacciato).

Mettete in una teglia leggera e mandate in forno già caldo a 180°C per 8 minuti circa. Per preparare la glassa: montate a neve molto densa 100 gr di zucchero a velo e un albume d’uovo, con un pennello decorate il dolce e lasciate asciugare a temperatura ambiente.

C10 – TABISCA – Castel di Lucio

Senza impastare, miscelare 460 gr di acqua fredda, 530 gr di farina 00 media forza, 4 gr di lievito di birra (oppure 1.5 g di lievito secco), 6 gr di sale, 6 gr di zucchero.

Si lascia che il tempo faccia il lavoro per noi per almeno un giorno.

Quindi infornare e quado è cotta, si unge la superficie, si spolverizza di sale e si utilizza, imbottendola a piacimento: al paese ci mettono ricotta e ci fanno anche una sagra.

C11 – PASTA CON ALICI – Acquedolci (in lingua: Euadauza)

Pulite 50 gr di finocchietto selvatico, togliendo la parte più dura, lavatelo e lessatelo in acqua bollente salata scolatelo e tritatelo.

Conservate l’acqua di cottura, servirà per lessare la pasta.
Mettete 40 gr di uvetta a mollo in acqua tiepida.

In una padella con l’olio fate rosolare tre acciughe con uno spicchio di aglio. Aggiungete 40 gr di pinoli, l’uvetta scolata e strizzata, il finocchietto, una bustina di zafferano sciolto in un pò di acqua di cottura, salate, pepate e fate cuocere per 5 minuti. Nel frattempo fate cuocere 329 gr di spaghetti nell’acqua di cottura del finocchietto, scolateli e versateli nel condimento.

Aggiungete qualche cucchiaio di acqua ancora calda, mescolate delicatamente e servite.

C12 - CASSATA (calzone di biete selvatiche) - Motta d’Affermo

  • due belle manciate di olive nere
  • 1 cucchiaio di capperi
  • pinoli
  • 2 spicchi di aglio in camicia
  • olio extra vergine d’oliva

La sera prima in cui decidete di farli, verso le 19 fate sciogliere 10 gr di lievito di birra fresco con un cucchiaino di zucchero, a temperatura ambiente, per circa 10 minuti. In una capiente ciotola mettere 400 gr di la farina 0, 5 gr di sale e versate 290 gr di acqua e due cucchiai di olio extra vergine di oliva.

Impastate velocemente giusto 1 o 2 minuti solo per far amalgamate gli ingredienti.
Fate un giro di pieghe Coprite la ciotola mettete in frigo a 4° per 20-24 ore.

Il giorno dopo verso le 17:30 riprendete l’impasto, dividetelo in 2 pezzi sulla spianatoia infarinata di semola, coprite i panetti a campana o con panno umido e tenete a temperatura ambiente per circa 2 ore.

Iniziate a preparare il ripieno, lavando accuratamente tre mazzi di biete selvatiche. In una padella capiente soffriggete leggermente l’olio con l’aglio in camicia. Aggiungete la verdura e far appassire, poi unite due belle manciate di olive denocciolate, un cucchiaio di capperi dissalati in acqua, un cucchiaio di pinoli.

Saltare in padella le verdure e portate a cottura, aggiustare di sale se serve, togliere dal fuoco e far raffreddare.
Stendete con le mani un panetto alla volta sulla spianatoia infarinata di semola senza rompere le bolle che si formeranno.

Farcite il centro dell’impasto con le verdure, piegare a mezza luna e sigillare bene i bordi schiacciando con le dita e ripiegandoli verso l’alto e procedere così con gli altri.
Metteteli in una teglia leggermente oliata e spolverata con semola rimacinata oppure rivestita con carta forno e spennellarli con poco olio o latte.

Cuocete a 280°C (statico) per circa 1o minuti nella parte bassa del forno, poi abbassate la temperatura a a 200°C e proseguite la cottura per altri 5-10 minuti nella parte centrale fino a quando sono belli dorati.

C13 - BALUDDE di Santa Lucia del Mela

Si tratta di pagnotte impastate interamente con farina di mais.

  • Ingredienti per 4 baludde
  • 250 ml circa di acqua
  • 10 g di lievito di birra
  • Sale q.b.

Per prima cosa sciogliete il lievito di birra con un poco d’acqua.

Riponete su una spianatoia 250 gr di farina di mais e impastatela con 250 gr di acqua Quindi incorporate piano piano il lievito alla farina di mais.

Lavorate bene l’impasto aggiungendo alla fine il sale e continuate a impastare. Quando avrete ottenuto un panetto omogeneo riponete in una ciotola e lasciate lievitare fino al raddoppio.

Formare dei panetti aiutandovi con la farina di mais. Lasciare lievitare ancora per un ora.

A questo punto fare il classico taglio a croce in superficie e infornare in forno già caldo a 230°C per circa 30 minuti.
È preferibile consumarle calde.

C14 – RICOTTA FRTITTA - Leonforte

Tagliate a fette 350 gr di ricotta.

In una ciotola versate due uova e aggiungete sale e pepe, quindi sbattete con una forchetta.
Passate la ricotta nell’uovo e nel pangrattato, quindi friggetela in una padella con olio bollente.

Mettete a scolare su carta assorbente.
Se vi rimane un po’ di uovo sbattuto, potete bagnare e friggere anche il pane raffermo (ovviamente saltando il passaggio del pangrattato).

C15 – ZUPPA DI GRANO BOLLITO E LEGUMI - Cerami

La zuppa di legumi e cereali è un primo piatto molto semplice , sano e sostanzioso. Le patate doneranno la giusta cremosità, quindi cercate di non sostituirle. Se in frigorifero avete delle croste o degli avanzi di formaggio da grattugiare, inserite anche quelli nella zuppa durante la cottura: vedrete che sapore!

Come prima cosa mettete in ammollo 100 gr di i fagioli borlotti secchi e 10 gr di fagioli cannellini secchi per tutta la notte.

Poneteli poi in una capiente pentola e riempitela di acqua fredda, con aglio e alloro, ma non salatela assolutamente, altrimenti i legumi si induriranno.
Cuocete per 1 ora dal primo bollore.

Intanto tagliate a dadi di circa 1 cm 150 gr di carote, 120 gr di sedano e una cipolla dorata. Sbucciate 360 gr di patate e tagliatele a dadini. Sfilacciate 250 gr di pomodori pelati.
Sciacquate 100 g lenticchie secche, 100 g di lenticchie rosse decorticate, 100 g piselli secchi, 150 gr di farro, 150 gr di orzo
Intanto scolate i fagioli. Non preoccupatevi se risultano ancora leggermente duri, perché cuoceranno ancora.

Versate quindi un bel giro d’olio sul fondo di una casseruola capiente. Versate per prima la cipolla e fatela soffriggere mescolando per 3-4 minuti. Unite quindi sedano e carota e fate rosolare ancora 2 o 3 minuti. A questo punto versate l’orzo e il farro.

Aggiungete i due tipi di lenticchie, i piselli e i fagioli scolati Versate circa 2 litri d’acqua.
Aggiungete i pelati, salvia, rosmarino e le patate a cubetti.

Mescolate e coprite con il coperchio e lasciate cuocere dalla presa del bollore per circa 40 minuti, a fuoco moderato, aggiungendo altra acqua al bisogno per regolarne la densità. Verso fine cottura dunque rimuovete le foglie di salvia e rosmarino e aggiungete il sale e il pepe, fino al vostro gusto.

Mescolate bene. Fate riposare qualche minuto, e servite con un giro d’olio a crudo.

C16 CASSATELLE - Agira

Per prima cosa tostate 300 gr di mandorle in forno a 180°C per circa 20 minuti e girandole a metà tostatura.

Per la frolla, riunite in una ciotola 625 gr di farina e 225 gr di strutto ed impastate per un paio di minuti, fino ad ottenere un composto sbriciolato.

Aggiungete, quindi, un uovo, 185 gr di zucchero, 100 gr di acqua, una bustina di vanillina, mezzo cucchiaio di cannella la scorza grattugiata di un limone e impastate nuovamente 5 minuti e formate una palla.

Avvolgete la frolla nella pellicola e riponete in frigorifero per almeno 12 ore.
Preparate, quindi, il ripieno.

Versate le mandorle già tostate e la buccia di limone in un tritatutto e tritate alla velocità massima per circa 1 minuto.
Raccogliete con una spatola le mandorle sui bordi del tritatutto e ripetete l’operazione per altre due volte per 20 secondi in modo da tritare il tutto molto finemente.
Trasferite il trito di mandorle in una casseruola ed aggiungetevi 375 gr di acqua e 250 gr di zucchero e portate il composto a bollore per 7 minuti.

Unite al composto sul fuoco 75 gr di cacao dolce, 45 gr di caca amaro, 50 gr di farina di ceci, una bustina di vanillina e mezzo cucchiaino di cannella e fate cuocere per circa 10 minuti.

Trasferite la farcia in una ciotola di ceramica a raffreddare avendo l’accortezza di mescolare spesso con un cucchiaio di legno per evitare che si indurisca la superficie. Accendente il forno a 175°C e confezionate le cassatelle.
Stendete la frolla sul piano di lavoro ben infarinato e ricavatene dei dischi di 10 cm di diametro con l’apposito attrezzo.

Adagiate su ogni disco un cucchiaio di ripieno, chiudete l’attrezzo (che è simile a quello per realizzare i panzerotti) così da sigillare il ripieno all’interno della frolla.
Sistemate, via via, le cassatelle in una teglia foderata con della carta forno.

Infornate le cassatelle per 15 minuti.

Appena sfornate, distribuite abbondante zucchero a grana molto fine sulle cassatelle stesse.
In alternativa potrete utilizzare una miscela di zucchero e cannella in polvere. Lasciate raffreddare le cassatelle e servitele in tavola.

C-17 BUCCELLATINI SICILIANI – Pietraperzia

Sono una versione piccola e monoporzione del più regale e famoso.

  • La prima cosa da fare è la frolla: prendete. Tenete 130 gr di burro a temperatura ambiente per un’ora e solo a quel punto aggiungetela in una ciotola 130 gr di zucchero a velo.
  • Iniziate a lavorare questi due ingredienti fino a quando si sarà formata una crema ben liscia e senza grumi.
  • Solo a questo punto potete aggiungere un uovo intero, anche questo tenuto per circa un’ora a temperatura ambiente.
  • E’ il momento di aggiungere un pizzico di sale e la scorza di un’arancia bio. Se non avete delle arance fresche in casa potete usare l’insaporitore per torte all’arancia.

Preparazione della frolla

  • A questo punto non resta che aggiungere 270 gr di farina 00. La aggiungerete poco per volta continuando a lavorare l’impasto all’interno della ciotola. Piano piano si formerà un panetto.
  • Potete ora spostarvi sul piano di lavoro leggermente infarinato dove continuerete a lavorare la frolla pe run minuto circa. Appena si formerà un panetto compatto potete fermarvi.
  • Formate, quindi, una palla e coprite con pellicola trasparente.
  • Fate riposare in frigorifero per un giorno, in modo che si compatti per bene.

E’ importante far riposare la frolla ed il ripieno per un giorno in frigorifero così che mantengano la loro forma e non si deformino in cottura.

  • Adesso che la frolla è pronta vi potete dedicare al ripieno. Come prima cosa dovete mettere in ammollo per 15 minuti 250 gr di fichi secchi così che si ammorbidiscano per bene.
  • Fate la stessa cosa anche con 20 gr di uvetta. Aggiungetela all’interno di una ciotola, versate sopra dell’acqua a temperatura ambiente o leggermente intiepidita e fate stare in ammollo per 15 minuti.
  • Prendete ora 60 g di mandorle r 60 g di noci e aggiungetele all’interno di un mixer. Dovrete ridurre in una granella più o meno grossolana, a seconda dei vostri gusti.
  • Riprendete ora i fichi, ormai ben ammorbiditi, privateli dell’acqua e quindi frullateli all’interno del mixer così da ottenere una pasta ben compatta ed omogenea.
  • Adesso tutto è pronto per dedicarvi al ripieno. All’interno di una ciotola ben capiente aggiungete i fichi ormai ridotti in purea e la frutta secca.
  • E’ il momento di aggiungere anche 90gr di cioccolato fondente, precedentemente tritato al coltello, e l’uvetta privata dell’acqua e ben strizzata.
  • Versate anche 50 gr di marmellata di albicocche e la scorza d’arancia e di mandarino candita.
  • Per ultimi aggiungete 15 ml di marsala, cannella, pepe. noce moscata, scorza d’arancia candita, scorza di mandarino candita.. Iniziate ad amalgamare tutto.
  • Dovrete lavorare gli ingredienti fino a quando avrete ottenuto un composto ben compatto.
  • A quel punto potete spostare il ripieno su della pellicola trasparente e quindi compattare con le mani dando una forma più allungata e con un diametro regolare ed omogeneo per tutta la lunghezza.
  • Per aiutarvi in questa operazione chiudete il ripieno con la pellicola e fatelo roteare un po’. In questo modo riuscirete a regolare meglio il diametro e ad allungarlo ancora così che la farcitura poi dei vostri buccellatini non risulti troppi alta.
  • Quando avrete ottenuto il risultato desiderato potete chiudere anche le due estremità con la pellicola e quindi mettere in frigorifero a freddare per un giorno. In questo modo sarà ben compatto quando lo utilizzerete per dare forma.

E’ importante che i biscotti vengano tenuti in frigo così che siano ben freddi e vengano poi cotti subito ad alta temperatura. questo vi permetterà di far mantenere una forma perfetta.

  • Il giorno successivo, quando frolla e ripieno avranno ben riposato e si sono compattati potete passare alla formazione vera e propria dei buccellatini. Stendete la frolla sul piano di lavoro infarinato così da formare un rettangolo.
  • Posizionate sopra il ripieno, privato della pellicola, e quindi ripiegate la frolla così da avvolgere completamente la pasta. Fate un po’ di pressione così che aderisca bene al ripieno e non si formino dei vuoti.
  • Eliminate la frolla in eccesso utilizzando un coltello e sigillate bene i bordi.
  • Utilizzando un tarocco o un coltello riducete in fette dello spessore che più preferite. In questo modo formerete i vostri buccellatini.
  • Una volta formati, i biscotti andranno adagiati su una teglia antiaderente o su una qualsiasi teglia foderata con carta da forno.
  • E’ il momento della decorazione. Metà dei biscotti andranno pinzati utilizzando la classica pinza per buccellati, mentre gli altri andranno lasciati semplicemente così.
  • I buccellatini vanno tenuti in frigorifero per un paio di ore prima di infornarli, meglio ancora per un giorno. In questo modo manterrete la frolla ben compatta e i vostri biscotti non si deformeranno in cottura.
  • Cuocete i buccellatini in forno preriscaldato statico a 200°C per circa 15-20 minuti o fino a doratura. A quel punto potete sfornarli e lasciarli da parte a freddare completamente.
  • Quando i biscotti saranno ben freddi potete procedere con la loro decorazione. I biscotti che avete pinzato andranno cosparsi con della marmellata di albicocche e decorati con della granella di pistacchi.
  • Gli altri buccellatini, invece, andranno decorati con la glassa. All’interno di una ciotola aggiungete, quindi, un albume e qualche goccia di succo di limone e cominciate a lavorare con una frusta per qualche secondo.
  • Potete, quindi, aggiungere poco per volta 120 gr di zucchero a velo continuando a lavorare con la frusta. Dovrete ottenere una glassa ben liscia e senza grumi.
  • Utilizzando un pennello stendete la glassa così formata sui biscotti e infine decorate con granella di pistacchio e nocciole, facendo asciugare la glassa in forno spento ma ancora caldo. In pochi minuti la glassa si solidificherà e potrete consumare i vostri buccellatini.

C18 – PASTA DI PANE FRITTA - Maletto

Al posto del lievito madre, si possono usare 8 gr di lievito di birra, naturalmente cambieranno i tempi di lievitazione: con il lievito madre ci vogliono delle ore, con il lievito di birra di solito basta un ora.

Mettere 300 gr di farina 0 in una ciotola, aggiungere 90 gr di lievito madre rinfrescata, un cucchiaio di olio, 150 gr di acqua appena tiepida e per ultimo un cucchiaino di sale. Passare l’impasto sulla spianatoia e fare un panetto morbido e liscio.

Mettere il panetto a lievitare in una ciotola in luogo caldo, va bene o in forno con la luce accesa oppure coperto da un canovaccio.

Aspettare che sia raddoppiato di volume, prenderlo e metterlo sulla spianatoia stenderlo con il matterello dello spessore di 7/8 millimetri, tagliare a piccoli pezzi tipo losanghe anche irregolari. Io da piccola non lo stendevo ma tagliavo dei pezzetti e li allargavo con le mani. Versare l’olio in una padella dai bordi alti farlo riscaldare e friggere le losanghe.

C19 BUCCHINOTTI – Paternò

Per prima cosa preparate il ripieno.

Macinare grossolanamente 300 gr di mandorle leggermente abbrustolite. Montare cinque chiare d’uovo a neve lasciandole morbide Versare 125 gr di acqua, 125 gr di latte e 300 gr di zucchero in una pentola e fare sciogliere a fuoco basso, ma mano aggiungere 100 gr di cioccolato fondente, 1/2 busta di cacao amaro (circa 40 gr) si può sostituire con 100 gr di cioccolato fondente, mezza bustina di cannella (1 cucchiaio raso).

Quando sono tutti ben sciolti (attenzione non devono bollire) spegnere il fuoco e piano, piano aggiungere i bianchi d’uovo montati a neve morbidi, otterrete una crema un pò granulosa per via delle mandorle tritate. Per preparare la frolla per l’esterno, setacciare 750 gr di farina su una spianatoia mescolarvi 29 gr di zucchero, fare la fontanella al centro aggiungere 200 gr di strutto (o il burro morbido) un uovo e cinque tuorli, una bustina di lievito sciolto in ½ bicchiere di latte, impastare velocemente e mettere a riposare in un tovagliolo umido o nella pellicola.

Nel frattempo che il ripieno diventa freddo, con un pennello imburrare e infarinare le formine. Stendere la pasta con il mattarello abbastanza spessa circa 3 mm.

Tagliare dei rettangoli, coprire le formine togliendo la pasta in eccesso sui bordi, riempire le formine con un cucchiaio di ripieno, ricoprire la parte superiore con altri pezzetti di sfoglia chiuderli bene con le dita togliendo, sempre, la pasta in eccesso sui bordi, utilizzare i ritagli impastandoli velocemente per altri bocchinotti.

Cuocere a forno preriscaldato a 170°C per 25/30 minuti, devono essere appena dorati, non devono diventare scuri, aspettare che siano tiepidi e togliere dalle formine, sistemarli su dei vassoi e spolverare con zucchero a velo.

C20 - MOSTARDA DI FICHI D’INDIA - San Michele di Ganzaria (CT)

La mostarda o gelo di fichidindia è un dolce della tradizione siciliana, si fa con il succo di fichidindia ristretto o con il mosto cotto, si mangia come un gelo, appena raffreddato, oppure, messo nelle formine o in un contenitore piano si fa asciugare al sole per consumarla in inverno: insieme ai fichi secchi e alla cotognata asciugata allo stesso modo era il dolce delle feste,”portato” ai bambini buoni dai Morti o dalla Befana!

Dosi per un litro di succo di fichidindia o di vino cotto già ristretto: 100g di amido o di farina 00, nocciole o mandorle tostate e tritate, cannella e/o bucce di arancia.

Sbucciare bene i fichidindia, raccoglierli nella pentola e spremerli alla grossa con le mani; metterli sul fuoco, quando raggiungono l’ebollizione abbassare la fiamma e farli cuocere per mezzora almeno. Scolare e setacciare la polpa; misurare il succo prodotto per calcolare l’amido o la farina (100g per litro); metterne da parte un terzo circa e porre l’altro sul fuoco. Stemperare con la frusta l’amido nel succo freddo messo da parte, e aggiungere il tutto pian piano al succo in ebollizione, facendo attenzione affinché non si formino grumi; far cuocere ancora per una decina di minuti sempre rimestando (fare la prova del piatto umido, si dovrà staccare facilmente).

Versare nei piatti o nelle formine inumidite con l’acqua, condire sopra con le mandorle tostate e tritate grossolanamente e con la cannella o l’arancia (gli aromi si possono mettere anche in mezzo).

C21 - CASSATELLINE - Militello in Val di Catania

Cassatelline antica ricetta delle suore …cassatelle”dolci tipici di Militello a base di un trito con mandorle, fichi secchi, cioccolato avvolti da un cuore di glassa profumata alla vaniglia, uno spettacolo per il palato e prodotte secondo un’antica ricetta segreta di famiglia.

Si tratta di cestini di pasta frolla sfogliata, di forma quadrata, riempiti con un impasto di mandorle, confettura di frutta, cioccolato, liquore, cannella e chiodi di garofano. Il tutto è decorato da una candida glassa bianca, asciugata al forno.

Dovete anzitutto preparare la frolla: impastate 250 gr di farina 00, 150 gr di strutto ammorbidito e a pezzetti, un cucchiaino di lievito per dolci, la scorza grattugiata di un limone e un pizzico di sale. Dovete ottenere un composto dalla consistenza sabbiosa. Unite 100 gr di zucchero e continuate a impastare, quindi aggiungete all’ultimo un uovo e due tuorli d’uovo.

Continuate a impastare, fino a ottenere un composto omogeneo.
Passate l’impasto sulla spianatoia e compattatelo senza maneggiarlo troppo.

A questo punto create un panetto liscio, avvolgetelo nella pellicola trasparente e fatelo riposare per almeno un’ora in frigo.
Trascorso questo tempo, stendete la pasta frolla col matterello, formando una sfoglia di circa 4 mm di spessore.
Fate scaldare il forno a 180°C, in modalità statica.
Imburrate gli stampini quadrati e rivestiteli con la frolla, facendo aderire bene l’impasto ed eliminando la pasta in eccesso.

Bucherellare con una forchetta il fondo dei cestini, per evitare che la pasta frolla si gonfi durante la cottura.
Cuocete per circa 15-18 minuti, sfornate e fate raffreddare. Una volta freddati, sformate i cestini.

Immergete le mandorle in acqua per spelarle
Mettete le mandorle, già spellate, su una teglia ricoperta di carta da forno e tostatele per circa 10 minuti in forno, a 200°C. A metà cottura vanno girate.
Fatele intiepidire, quindi tritatele.

Unite in una ciotola 300 gr di confettura di albicocche, le mandorle, il cioccolato, un cucchiaino cannella, un pizzico di chiodi di garofano e 30 gr di amaretto. Mescolate con cura.

Quando i cestini saranno cotti, impermeabilizzatene la superficie interna con uno strato sottile di confettura di albicocche scaldata al microonde o a bagnomaria.
Riempite i cestini di farcia, quindi trasferiteli su una teglia rivestita di carta da forno. Per fare la glassa al limone, setacciate 335 gr di zucchero a velo.

Battete a neve ben ferma due albumi d’uovo, quindi unite lo zucchero a velo, poco alla volta e la buccia del limone grattugiata.

Lavorate il composto con le fruste, rendendolo morbido e molto bianco. Glassate il bordo esterno con un pennellino.
Fate asciugare all’aria aperta o nel forno spento, ancora caldo.

C22 – SPAGHETTI CON IL MIELE - Butera

Sicuramente è un piatto fuori dalla norma e non è un dessert. Superati i pregiudizi, lasciatevi sorprendere da questo primo piatto della tradizione semplice e gustoso, con un aroma speciale.

Tostate 250 gr di pan grattato o la mollica sminuzzata in modo grossolano in una padella larga e riscaldata. Basta qualche minuto, quindi mescolate di continuo e fate attenzione a non bruciarla. La mollica deve risultare dorata.
Tritate 250 gr di mandorle con la loro pellicina, utilizzate un classico mortaio oppure un semplice mixer. Non riducetele a farina, lasciate i pezzi disomogenei e croccanti. Tostatele in padella.

Tagliate a strisce sottili 25 gr di scorza di arancia ben lavata e pulita e fatela tostare in forno per qualche minuto, su una teglia con della carta da forno.

Lessate 360 gr di spaghetti in abbondante acqua salata e scolateli al dente.
Mescolate in una ciotola la mollica e la mandorle tostate. Nella padella in cui avete tostato le mandorle, fate sciogliere 250 gr di miele, aggiungendo mezzo bicchiere di cottura della pasta. Mantenete il miele liquido e scaldatelo a fiamma bassissima per pochi minuti. Mantecate gli spaghetti nella cremina al miele, poi unite il pangrattato, le mandorle, una spolverata di cannella e, per ultime, le fettine di arancia.
C’è chi aggiunge noci e parmigiano, chi la ricotta e chi persino il tonno.

Per la versione miele e ricotta, preparate la pasta così. Versate la ricotta in una ciotola, aggiungete 3 cucchiai di acqua e il formaggio grattugiato. Stemperate con un cucchiaio di olio d’oliva. Aggiustate di sale e pepe, poi aggiungete del coriandolo macinato. Lessate e scolate al dente gli spaghetti e uniteli in padella con la crema di ricotta e un po’ di acqua di cottura. Aggiungete il miele e mantecate. Aggiungete qualche foglia di maggiorana e servite.

C23 – PASTA AL SUGO DI FINOCCHIETTI CON LA MOLLICA - Mazzarino

Lava un mazzo di finocchietto selvatico accuratamente e fallo bollire in abbondante acqua salata, per massimo 5 minuti. A cottura ultimata, conserva l’acqua che servirà in un secondo momento.

A questo punto, passa al soffritto. In una padella antiaderente di medie dimensioni, versa un filo d’olio, aggiungi la cipolla tritata finemente e lascia soffriggere a fiamma bassa. Dopo circa 5 minuti, versa le acciughe sott’olio e aspetta che si sciolgano.

Unisci al soffritto i pomodorini tagliati a metà. Dopo pochi minuti, togli tranquillamente la buccia da 6 pomodori, lasciando solo la polpa.

E’ il momento del finocchietto selvatico, aggiungilo al condimento e insaporisci con un pizzico di sale. Bagna con l’acqua di cottura conservata in precedenza.
Metti il coperchio e lascia cuocere per 10 minuti, noi sentiamo già il profumo!

Trascorso il tempo indicato, trasferisci la preparazione in una boule e con il mixer ad immersione frulla. Otterrai una fantastico sugo al finocchietto.
Prepara i bucatini, facendoli cuocere sempre nell’acqua di cottura della verdura. Quando la pasta sarà pronta, condiscila con la crema di finocchietto e conferisci croccantezza con i pinoli. Tocco finale: pepe nero, olio extra vergine d’oliva a crudo e una manciata di pangrattato. La pasta al finocchietto selvatico è pronta!

Sarai inebriato dall’aroma e dal gusto, davvero irresistibile.

C24 – SFINCIONE BIANCO – Corleone

Se volessimo darne una definizione sintetica, potremmo dire che lo sfincione è un pane condito; solo che è così condito da diventare piatto, pietanza che racchiude in sé tutta una cena.

Lo sfincione è quindi una pasta di pane, lievitata due volte, di forma circolare o rettangolare, condita prima di essere infornata con gli alimenti, che costituiscono il quotidiano companatico: sarda salata, cipolla, formaggio e olio.

La pasta viene schiacciata col palmo delle mani, ma con un tocco leggero, perché deve rimanere abbastanza alta e non essere troppo traumatizzata, per potere gonfiare ancora un po’ nel forno e cuocere bene.

Sulla pasta si conficcano tre sarde salate a piccoli pezzi.
Il secondo strato di condimento è costituito da fette di pecorino fresco: tuma o primusali. Il terzo e ultimo strato consiste di mollica di pane mista a pecorino grattugiato, cipolla appassita in padella, oppure, se scalogno, cruda e finemente tritata, quindi un pizzico di origano e olio nuovo.

Sulla preparazione della mollica esiste tutta una serie di prescrizioni: deve essere ottenuta per sfregamento, a mano, dall’interno di grandi pagnotte rafferme, comprate a tale scopo tre-quattro giorni prima.

Il forno da utilizzare per questo tipo di preparazione resta quello a legna, giacché, non soltanto conferiscono agli sfincioni il profumo del legno di limone o delle fascine di ulivo, ma ne permettono la cottura direttamente sui mattoni.

C25 - PASSAVOLANTI – Vicari

  • 1 kg di mandorle sbucciate
  • 4 uova (5 se sono piccole)
  • una bacca di vaniglia (Pina usa la vaniglina)
  • 800 grammi di zucchero
  • 200 grammi di farina
  • un buon pizzico di cannella
  • succo di mezzo limone

Tostare le mandorle e spezzettarle grossolanamente. Mettere le uova e lo zucchero in una ciotola e montare con la frusta finché il composto diviene ben gonfio e di colore chiaro (circa 15/20 minuti se si procede manualmente).

Aggiungere la cannella, i semi della bacca di vaniglia, le mandorle tostate, la farina, il succo di limone e amalgamare il composto dal basso verso l’alto. Oliare una teglia e depositarvi mucchietti, del composto ottenuto, distanziati l’uno dall’altro e fare in modo che stiano bene in piedi. Mettere in forno preriscaldato a 180°C per sei minuti nella parte bassa del forno e poi per altri sei minuti nella parte alta. Togliere dal forno, far raffreddare e servire.

CURIOSITÀ

I Passavolanti, o meglio passavulanti di Vicari fanno parte di quei manicaretti della pasticceria siciliana che – come si legge nel dizionario sentimentale della parlata siciliana di Gaetano Basile – già nel Settecento, ogni monastero produceva quasi fosse un segno distintivo: a Palermo le feddi del Cancelliere, le minni di vergini del Noviziato, le ravazzate con la ricotta di Sant’Elisabetta, il pan di Spagna della Pietà, il bianco mangiare di Santa Caterina, i famosi strunziddi di l’Ancili dei Sett’Angeli, poi diventati gli odierni biscotti Regina (o reginelle); ad Agrigento quel cuscus dolce color verde Islam delle monachelle del monastero di Santo Spirito e i delicati passavulanti di Vicari.

Possiamo dire che non ci fu ordine monacale di ogni angolo della Sicilia che non ebbe la sua piatta (appunto manicaretto o piatto particolare). La piatta più celebre e celebrata rimane ancora oggi la frutta della Mdelle Nobili Signore dell’Ordine di San Benedetto di Palermo. Si erano stabilite nello splendido edificio voluto, attorno al 1410, da Giorgio Antiocheno, Grande Ammiraglio di re Ruggero, affidato al clero greco nel 1221. Solo nel 1435 fu ceduto da re Alfonso d’Aragona alle monache benedettine del vicino convento fondato nel 1191 da Eloisa Martorana.

Fu più noto a tutti siciliani per i dolci di pasta di mandorla, retaggio di antichi pasticceri saraceni. Di certo sappiamo, però, che quelle suorine andavano molto fiere del loro giardino ricco di ogni sorta di verdure e di alberi di ogni frutto”.

A tal proposito, nella ricetta già pubblicata dei frutti di Martorana, abbiamo descritto l’importanza di questi alberi, addobbati, con frutti di Martorana, in occasione di una visita ecclesiastica invernale, quando gli alberi non producevano frutta.

Con l’unità d’Italia e dopo che, nel 1866, il regno sabaudo soppresse gli Ordini, le nobili signore cessarono la loro dolce attività che divenne patrimonio dei pasticceri palermitani. E non solo.