Menù di San Silvestro da Troina (Nebrodi)
Menù di San Silvestro da Troina
per il loro contributo si ringraziano:
Massimiliano STAZZONE e Basilio ARONA
Una delle città più antiche della Sicilia è senz’altro Troina, in provincia di Enna: i più antichi reperti risalgono alla prima età del bronzo (XVIII secolo a.C.)
Ciò è stato senz’altro dovuto anche alla sua posizione su un largo sperone roccioso a 1.120 metri s.l.m. di quota, tanto da farla preferire, dopo averla conquistata nel 1061, dal Gran Conte Ruggero I° d’Altavilla per l’insediamento della sua prima corte: infatti il papa Urbano II° nel 1088 venne a Troina per incontrarlo e gettare le basi per la “rilatinizzazione” dell’Isola, rispetto alla avvenuta “bizantinizzazione” rimasta immutata anche sotto la dominazione araba.
Non ero mai stato a Troina e mi ci sono recato qualche mese fa a trovare il prof. Basilio ARONA, un appassionato studioso della storia di questa parte della Sicilia.
La penultima domenica di maggio, in onore del patrono San Silvestro (nato proprio a Troina alla fine dell’XI secolo), si svolge una antichissima manifestazione folcloristica: la sfilata dei Rami, con la quale viene dato inizio appunto al “Festinu” di San Silvestro: nella notte di giovedì dalla chiesa di san Silvestro i pellegrini si portano nei boschi a più di venti chilometri dal paese, per pernottarvi fino all’indomani, allorquando viene consumata una abbondante colazione, e poi per raccogliere rami di alloro fino a sera, allorquando, radunati nello stesso posto del pernottamento, i partecipanti fanno festa, fino alla mattina del sabato, allorquando nel pomeriggio viene fatto ritorno al paese, laddove tutta il resto della popolazione che non ha partecipato alla spedizione, rimane ad attenderli per ricevere un ramoscello di alloro.
L’indomani viene effettuata una sfilata con tutti i rami raccolti.
La domenica successiva si ha un’altro festeggiamento simile, la “Ddarata“, utilizzando però i cavalli e nella sfilata della domenica i cavalli vengono vestiti con bellissime bardature realizzate a mano intrecciando rami di alloro.
I festeggiamenti continuano il primo sabato di giugno, allorquando viene effettuata la processione del fercolo, continuano la domenica, con la Kubbaita, una sfilata di cavalieri in costumi spagnoleggianti che lanciano alla gente pezzi di torrone di mandorla (in arabo detta qubbaiat da cui il nome della manifestazione), e finiscono il lunedì con l’ultima processione del fercolo.
Ma cosa mangiano i “Ramara” durante le loro feste nel bosco?
Come antipasto, oltre ad ottimi salami, soppressate e pancette, vengono preparate uova sode, olive incamidate, olive ammollicate, mentre il menù potrebbe essere ricondotto al seguente schema:
• Frittelle di asparagi selvatici
• Vastedda ‘nfigghiulata cu sammucu
• Castrato abbuttunatu
• ‘Nfasciatieddi
Frittelle di asparagi selvatici
Lavate bene un mazzetto di 250 grammi di asparagi selvatici, quindi rompeteli con le mani, partendo dalla loro punta, a pezzetti piccoli e scottateli in poca acqua leggermente salata per pochi minuti.
In un recipiente a parte sbattete 4 o 5 uova, aggiungete gli asparagi e 50 grammi di formaggio pecorino.
Aggiustate di sale e di pepe e amalgamate il tutto.
Scaldate bene in una padella tre cucchiai di olio extra vergine di oliva e subito dopo versatevi il composto di uova e asparagi mescolando il tutto per un momento.
Mettete il coperchio e appena la frittata incomincia a rapprendersi scuotete la padella per staccare bene la parte sotto la frittata e quando sarà ben cotta da una parte, voltatela( aiutandovi col coperchio stesso o con un piatto largo) e ultimate la cottura.
Secondo me è più buona fredda.
Vastedda ‘nfigghiulata cu sammucu
Viene preparata durante il periodo primaverile alla fioritura della pianta del sambuco (Sambucus nigra) un alberello con fiori bianchi delle caprifoliacee, che cresce spontaneo nei luoghi freschi o viene coltivato nei terreni fertili,
La voce “vastedda”, con le varianti “vastella” e “guastella”, assume in Sicilia il significato di focaccia o scacciata, derivando dal francese antico “gastel”, ma la si riscontra pure nel normanno “guastel” e “wastel”.
Quanto all’aggettivo “’’figghiulata”, viene definita una focaccia farcita in abbondanza con tocchetti di salame, pancetta e tuma fresca di latte vaccino leggermente inacidita.
Pertanto, per le origini francesi del termine, tale focaccia può essere ricondotta al periodo medievale.
Amalgamate un chilo di farina tipo 00 e mezzo chilo di farina rimacinata con 150 grammi di strutto.
Sciogliete 15 grammi di lievito (anche di birra) in un poco di acqua calda e aggiungete alla farina, impastando il tutto fino a che non risulti un blocco compatto ed elastico.
Aggiungete uno per volta otto uova battute con un pizzico di sale fino ad amalgamare bene l’impasto.
Battete forte con entrambe le mani e se risulta necessario aggiungere un altro po’ d’acqua.
Mettete, infine, alcuni fiori di sambuco nell’impasto.
Fate lievitare l’impasto, ricoprendolo con delle coperte.
Ungete una teglia con lo strutto, mettere uno strato d’impasto, farcire con 300 grammi di salame affettato e con 400 grammi di tuma sempre a fette.
Ricoprite con un altro strato d’impasto, livellandolo con le mani unte d’olio.
Spolverate con i fiori di sambuco e mettete nel forno preriscaldato a 180°C e quindi cuocere per circa 20-30 minuti.
Castrato abbuttunatu
Mettete a macerare le costolette per tre o quattro ore in una marinata di olio, aglio, limone, sale e pepe.
Cuocere quindi le costolette alla brace con una griglia prima riscaldata e servirle scottanti, guarnite di fette di limoni.
‘Nfasciatieddi
Preparate del vino cotto di fichi d’india portando ad ebollizione per molte ore il succo di fichi d’India, fino ad ottenere uno sciroppo molto concentrato. Alla fine aggiungete qualche chiodo di garofano e lasciate riposare per almeno una giornata.
Appena portate alla temperatura di ebollizione 500 grammi di vino cotto di fico d’india e 500 grammi di acqua, aggiungetevi 400 grammi di farina versandola a pioggia, continuando a mescolare sempre fino a farla rapprendere bene.
Scendete dal fuoco e fate raffreddare; quindi formate rotolini del diametro massimo di 2 centimetri.
Mischiate per almeno quindici minuti un chilo di farina con 250 grammi di sugna e poi 250 grammi di zucchero, 50 grammidi lievito ed un poco di acqua tiepida.
Fate riposare l’impasto per almeno mezz’ora e subito dopo stendete una sfoglia dello spessore di tre o quattro millimetri e tagliatela a strisce di larghezza pari a circa 7 o 8 centimetri
Poggiate i rotolini di ripieno sulle strisce di sfoglia, formando dei pezzi della lunghezza di circa 10 centimetri.
Ungete con olio una teglia, disponetevi i pezzi, punzecchiandoli con una forchetta, e infornate a 250 °C per circa 20 minuti.
Potete mangiarle anche subito dopo cotte oppure è possibile immergerli in un poco di vino cotto e subito dopo in una ciotola con un miscuglio di mandorle tostate e tritate, zucchero e cannella.
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