Menù di San Pancrazio da Giardini Naxos (agosto)
Menù di San Pancrazio da Giardini Naxos (agosto)
Sembra assodato che l’odierna Giardini Naxos sia la prima colonia greca di Sicilia, fondata nel 734 a.C.
Esiste un suggestivo mito che racconta che il primo greco ad arrivare sulle spiagge di Naxos fu Teocle, il quale si trovava a bordo di una nave, il cui nostromo non aveva ben cotto il fegato di un sacrificato offerto in sacrificio a Nettuno, dio del mare. Nettuno andò su tutte le furie e si arrabbiò tanto da “squassare le onde del mare e colpire il fragile legno”.
Tutti perirono tranne Teocle, il quale riuscì ad aggrapparsi a un relitto e vi rimase fino a che le onde del mare lo spinsero verso la baia nei pressi della spiaggia di Naxos sulle coste orientali della Sicilia. Nettuno vide il naufrago, ma lo risparmiò dalla sua furia. Teocle giunto sulla spiaggia rimase talmente affascinato dalla bellezza dei posti che decise di stabilirvi e poi, tornato in patria, riuscì a convincere i suoi concittadini a trasferirsi in Sicilia.
Secondo gli storici invece fu fondata dai Calcidesi originari dell’isola Eubea e daiNassi provenienti da un grande isola dell’Egeo, non ancora del tutto identificata dagli studiosi.
L’antico abitato copriva per 40 ettari la piattaforma lavica della piccola penisola di Schisò e sui terreni a Nord di questa.
Entrando da via Stracina, si costeggia la fortezza muraria della città arcaica, nei pressi della quale si trovano le rovine di un grande tempio della fine del VI secolo a.C., che si sovrappose ad un sacello più antico.
Di particolare importanza è l’area sacra nei pressi del Torrente Santa Venera, che costituisce uno dei maggiori santuari della città.
L’odierna Giardini Naxos nel 403 a.C. fu pressoché distrutta da Siracusa, i sopravvissuti si organizzarono in singole abitazioni o piccoli agglomerati sparsi lungo tutta la costa.
Con l’introduzione della coltivazione degli agrumi da parte degli arabi, la zona fu completamente coltivata con questo bellissimo frutto, fino a mezzo secolo fa, tanto che, per i luoghi così caratterizzati, quando fu fondato il municipio, nel 1847, fu indicato il toponimo “Giardini”: a causa di uno “sviluppo turistico” tanto tumultuoso, quanto irrispettoso della storia, di tali giardini di arance ormai non rimane che qualche traccia.
Pancrazio imbarcandosi da Antiochia, in Siria, (l’odierna Antakya in Turchia), sarebbe giunto sulle coste della Sicilia orientale, nell’anno 42 d.C.
Giunto a Taromeniun (Taormina) convertì il prefetto Bonifacio con tutti i cittadini e fondò una tra le prime comunità cristiane della fascia ionica.
Gli antichi luoghi di culto pagani ricevettero la benedizione vescovile e su di essi si costruirono edifici cristiani, tanto che la chiesa in cui ancora oggi trova dimora la statua del Santo, sorse su un tempio greco dedicato a Giove Serapide.
La leggenda narra che il vescovo, mentre era ospite del Procuratore della città rifiutò di mangiare il cibo considerandolo impuro e preferì dedicarsi alla preghiera, sino a che non venne turbato dai balli sconvenienti in onore dell’idolo Scamandro.
Pancrazio con il gesto del segno della croce distrusse l’idolo. Tale azione , lo rese bersaglio degli idolatri che per sanare l’oltraggio ricevuto, lo trascinarono per il pavimento in una fossa, ed alcuni con punte di spada, e altri con pietre, lo uccisero.
Giardini Naxos festeggia in agosto lo sbarco Pancrazio (in dialetto “Brancasiu”), con una suggestiva notturna processione religiosa in mare lungo tutta la baia, a bordo di barche da pesca dei tre rioni pescherecci di “Saja”, “Pietragoliti” e “Schisò”.
Pancrazio è il protettore dei pescatori e dei marinai, appellati ”sciabbacoti” ossia quelli che tirano la sciabbica (un tipo di rete da pesca): fino a qualche tempo fa, in una delle tre serate di festa, nella piazzetta sul lungomare davanti alla chiesa dedicata al santo, veniva organizzata dai pescatori del luogo una mega frittura di pesce, che veniva offerto a tutti i partecipanti alla festa, in onore del patrono.
Ricordo indelebilmente l’ultima volta che, ormai ventenne, una mia amica mi invitò a partecipare alla processione ed alla festa: la miscela di devozione religiosa e di ispirazione pagana, producevano, insieme alla bellezza del posto, un risultato straordinario per originalità.
Ma il ricordo più gustoso risale a qualche decennio prima, assistenti alla processione dal balcone della casa della signorina Ninetta Licari, una amica di mia madre che ci invito a cena e ricordo perfettamente cosa ci fece trovare da mangiare:
• Gamberi di nassa marinati
• Pasta chi masculini e finucchieddu rizzu
(con alici e finocchietto selvatico)
• Masculini arrotolate all’alloro
• Pezzo duro alla nocciola
Ed ecco le ricette:
Gamberi di nassa marinati
Pulite i gamberi, avendo l’accortezza di staccare tutta la parte del guscio dalla coda fino alla testa, ma lasciando la teste stessa attaccata, quindi riponeteli in una ciotola.
A parte, in una tazza, raccogliete il succo filtrato di un limone spremuto, aggiungete un pizzico di sale e pepe nero e versate la stessa quantità del limone di olio extra vergine di oliva, aggiungendo qualche fogliolina di menta piperita spezzate in due, che eliminerete prima di servire.
Emulsionate con un cucchiaio il composto e lasciatelo riposare per 10 dieci minuti.
Tolte i pezzetti di menta, versatelo sui gamberi e coprite la ciotola con della pellicola da cucina e riponete in frigo per quindici minuti circa.
Passata la mezz’ora, prelevate i gamberi, ormai marinati, disponeteli nel piatto ed irrorateli ancora con una parte della marinatura e con qualche altra fogliolina di menta fresca e servite subito.
Pasta chi masculini e finucchieddu rizzu (con alici e finocchietto selvatico)
Pinoli, uva passa, pomodori pelati, aglio, olio, pan grattato e naturalmente pasta (bucatini o maccheroncelli). Quì avevo già pulito le alici.
Lavate un mazzetto di finocchietto selvatico e mettetelo a cuocere in acqua già in ebollizione e salata.
Intanto in una padella saltapasta mettete olio, uno spicchio d’aglio e 4 pomodori spezzettati grossolanamente, facendo cuocere per una decina di minuti al massimo.
Quando il finocchietto è cotto, tiratelo su dall’ acqua, conservando l’ acqua (che poi servirà per cuocere la pasta!!!), scolatelo e lasciatelo intiepidire, per poi metterlo sul tagliere e tritarlo.
A questo punto, riaccendete il fuoco sotto il sughetto e metteteci dentro delle alici e rigirate un attimo; quindi metteteci il finocchietto selvatico cotto e mescolate, facendo insaporire il tutto per qualche minuto, mescolando.
Tostate del pangrattato in una padella con un goccino d’olio.
Cuocete la pasta nell’acqua di cottura del finocchietto, scolate e condite col sugo,aggiungendo un pochino dell’acqua di cottura per ammorbidirla
Impiattate e spolverizzate con il pangrattato tostato.
Masculini arrotolate all’alloro
Togliete la testa, diliscate ed aprite a libro i masculini (alici), cercando di non separare le due metà e pulendole per bene.
Spruzzatele con un poco di aceto di vino bianco e lasciatele riposare.
Nel frattempo, mescolate pangrattato, formaggio grattugiato, aglio tritato, prezzemolo, pinoli e l’uvetta (tritati grossolanamente), e sale, aggiungendo un poco di olio extra vergine di oliva.
A piacere, potete aggiungere on un pizzico di peperoncino.
Prendete i masculini, uno alla volta, bagnate le dita in olio extravergine d’oliva e passate le dita unte sul lato aperto del masculino.
Dopo averlo poggiato su un ripiano, cospargerli il lato aperto con un pugnetto di pangrattato condito come sopra e arrotolatelo su se stesso, sistemandolo in una teglia da forno, nella quale sul fondo avrete messo uno strato di foglie di alloro (fresche o secche – a piacere).
Man mano che preparate gli altri rotolini e li sistemate nella teglia, inserite un’altra foglia di alloro fra un rotolino e l’altro.
Quando la teglia sarà completa, spremete un limone su tutto il contenuto ed informate a 180°C per circa 20/25 minuti, stando attenti a non far seccare troppo il pesce; il tutto dovrà essere ben dorato, ma morbido.
Servite subito caldo.
Pezzo duro alla nocciola
Prendete una forma diciamo “a cupoletta” e distribuite uno strato di gelato alla nocciola sulla superficie laterale della cupoletta, lasciando un largo incavo.
Quindi rivestire il gelato con uno strato di panna fresca montata ben fermamente, lasciando vuoto il nucleo centrale più esterno, che poi riempirete con un semifreddo alla nocciola con aggiunta di pezzetti di cioccolata fondente e granella di nocciole tostate.
Coprite il fondo della cupoletta e mettete nel congelatore per almeno un ‘ora.
Ogni cupoletta, normalmente serve per quattro porzioni, che si ricavano tagliando in quattro il pezzo duro, dopo averlo estratto dalla cupoletta, bagnando con un cucchiaio di vino liquoroso siciliano (malvasia, passito, ecc.).