Una volta veniva chiamata Pasqua d’Uovo perché si festeggiava regalando e mangiando uova sode colorate (“e benedette in chiesa”), quale simbolo di novità portatrice di bene: tale tradizione oggi rimane solo in alcuni centri di lingua albanese.
Ma anche Brama (una divinità orientale) nacque dentro un uovo che galleggiava!
Ma sono le usanze ebraiche che resistono maggiormente, le quali prevedono l’uso dell’agnello.
Sono tutte ricette alquanto elaborate che, dovendo liberare dai restrittivi canoni penitenziali quaresimali, imponevano, ad esempio, il divieto di consumare la carne.
Un saluto da Enzo Raneri
Quindi un menù siciliano di Pasqua potrebbe essere così fatto:
• Turciniuna (budella ovine condite)
• Pastieri (focaccia di interiora di agnello)
• Agneddu aggrassatu (agnello stufato)
• Picureddi duci (agnellini di pasta reale)
e adesso vediamo nel dettaglio come si preparano.
Lavare molto bene con sale ed acqua salata delle budella di agnello e sciacquate definitivamente con acqua corrente.
Attorcigliare le budella attorno al gambo di cipollotti freschi.
Farli quindi insaporire in un tegame con olio caldo, aggiungendo un cucchiaio di cipolletta fresca finemente tritata, prezzemolo, due o tre spicchi di aglio tritati, sale e pepe.
Rosolare per qualche minuto ed aggiungere un bicchiere d’acqua.
Togliere dal fuoco quando le budella cominciano a colorarsi.
Condire con succo di limone appena spremuto e mangiare caldissimi.
Grigliare pezzetti di carne inframmezzati da pezzetti di verdure è un uso comune a moltissimi paesi del Mediterraneo.
Ingredienti:
– Carne di vitello (possibilmente perno)
– Mollica di pane raffermo inumidita con olio
– Cipolla tritata
– Uva passolina e pinoli
– Formaggio caciocavallo o pecorino grattugiato e a pezzetti
– Olio extravergine di oliva
– Sale e pepe
– Foglie di alloro
– Cipolla a fette
Tagliate la carne a fette rettangolari (o quasi) della misura di 5 x 3 cm. con lo spessore di una cotoletta e battetele sottili.
Disponete al centro di ogni fettina un mucchietto di ripieno, fatto con mollica condita con olio, formaggio grattugiato, cipolla tritata, uva passolina, pinoli, sale e pepe.
Avvolgete ogni fettina a forma di cilindro ed infilzatela con uno spiedino.
Ripetete l’operazione fino ad esaurimento dello spazio degli spiedini, interponendo tra un pezzo e l’altro una foglia di alloro e/o una fetta di cipolla.
Preparate la brace con la carbonella non troppo viva e fate infuocare la griglia, ungetela e disponetevi gli spiedini, facendo attenzione che non si brucino troppo.
Tagliare a pezzi un quarto di agnello (circa 1,5 kg), lavarli e asciugarli.
Soffriggere brevemente in olio extravergine di oliva 3 o 4 cipollotti freschi tritati e poi unire subito una noce di strutto e poi i pezzi di carne.
Dopo che la carne è rosolata, unire un bicchiere di vino rosso e lasciare evaporare.
Quindi aggiungere una diecina di patate novelle tagliate a metà, prezzemolo tritato, qualche foglia di rosmarino tritata, qualche foglia di salvia tritata, una foglia di alloro, sale, pepe e qualche bicchiere di acqua e cuocere coperto a fuoco molto basso per circa un’ora.
Dopo aver spento la fiamma, aggiungere un poco di pecorino grattugiato e delle scaglie di caciocavallo.
Con il sughetto mia nonna ci cucinava anche la pasta magghitta (gramigna lunga).
Se si usa il capretto il sapore è più delicato e dolce.
La pasta reale è detta anche Martorana, poiché furono le suore del Monastero della Martorana a tramandare l’arte di questi frutti di marzapane dalle forme e dai colori più disparati, lucidati con gomma arabica.
La pasta reale altro non è che un composto realizzato con pasta di mandorle dolci, albume d’uovo e zucchero.
Il nome deriva dall’arabo Mauthaban che originariamente indicava una moneta, poi un’unità di misura, quindi lo stesso contenitore del marzapane.
Bisogna innanzi tutto procurarsi le forme di gesso, che è possibile ancora trovare in qualche bottega o vecchia pasticceria.
Si prepara quindi la pasta reale, si spolverano le due metà della forma all’interno con un po’ di farina e si riempiono di pasta reale.
Per fare la pasta reale o “pasta di minnuli”, si fa sciogliere un kg di zucchero, si spegne il fuoco e vi si mischia 1 kg di mandorle spellate e tritate finissimamente e un cucchiaino di vaniglia, si rigira velocemente, si versa su una superficie di marmo e si fa raffreddare.
Quindi si impasta ma solo per qualche minuto, altrimenti perde tutto l’olio.
E’ usanza farcire l’interno con una pasta di pistacchi ottenuta, amalgamando sul fuoco, pistacchi pelati e tritati e zucchero in pari quantità.
Si chiudono quindi le due metà della forma, poi si staccano cercando, con qualche colpetto, di far venir fuori la pecorella tutta intera.
Si prepara una glassa bianca con 150 gr. di zucchero a velo, un albume d’uovo battuto a neve, il succo di 1/2 limone, si amalgamano bene tutti gli ingredienti e si “fa la lana” della pecorella.
Le si infilza sul dorso poi un gonfalone rossa simile a quella che nell’iconografia sacra è in mano a San Giovanni ed a Gesù.
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