Si tratta di una festività dove non si può dire di fare una vera e propria festa ed, in genere, si preparano piatti molto semplici, soprattutto nella aree ad economia agricola, come quella che tradizionalmente è stata quella del Parco Fluviale dell’Alcantara.
Un saluto da Enzo Raneri
Un menù tipico potrebbe essere:
• Zucca in agrodolce
• Cuccia salata di Motta Camastra
• Zuppa di uova
• Mostarda di fichi d’india
Lavate e mondate 600 grammi di zucca rossa (o gialla che di si voglia) eliminando scorza e semi.
Tagliatela a fettine e soffriggetela in una padella con qualche cucchiaiata di olio extravergine di oliva caldissimo.
Scolate le fette, ben dorate, su carta assorbente, salate e tenetele in caldo.
Nell’olio di cottura aggiungete due spicchi di aglio schiacciati.
Quando avranno preso colore toglieteli e unite tre cucchiaiate di aceto e un cucchiaio di zucchero.
Lasciate sfumare per cinque minuti a fuoco lento.
Poi versate la salsina sulla fettine di zucca, ed aggiungete uno spicchio di aglio crudo sbucciato e tagliato a fettine e delle foglie di menta.
Lasciate raffreddare e servite.
Leggenda vuole che, in Sicilia, dopo un lungo periodo di carestia, nel giorno di Santa Lucia, arrivasse un carico di frumento: per alcuni ciò è avvenuto a Siracusa, per altri a Palermo.
In questo giorno e’ bandito l’uso di pasta e pane e quindi “si cuccìa” (3 a persona singolare di “cucciàri” derivato da “còcciu” cosa piccola, chicco).
Per cui si consumano pietanze a base di riso e grano.
I musulmani la chiamarono keck.
La tradizione vuole che questi alimenti siano distribuiti a familiari, amici e vicini di casa.
Le briciole si lasciano su tetti per essere catturate dagli uccellini.
La cuccìa che anticamente era anche un piatto salato (grano cotto con verdure), ma che oramai e’ quasi esclusivamente un piatto dolce: nella tradizione del salato resiste la popolazione della Valle Alcantara ed in particolare di Motta Calastra, laddove viene normalmente preparata.
E si fa così:
La sera prima, ammollate in abbondante acqua, cambiandola diverse volte, un quarto di chilo di grano, un quarto di chilo di ceci secchi, un quarto di chilo di lenticchie, un quarto di chilo di fagioli secchi, un quarto di chilo di fave secche, un quarto di chilo di cicerchie secche, ed un eguale quantitativo di qualsiasi altro legume secco.
Quindi, il giorno dopo, sciacquate il grano ed i legumi secchi ammollati e lessateli in una grossa pentola con metà acqua e metà latte di pecora (se non ne trovate, va bene anche quello di vacca), aggiungendo un paio di foglie di alloro.
A cottura ultimata, condite con olio, sale e pepe e con una sformaggiata di pecorino e poi aggiungete delle verdure, cotte a parte, come cavoli, cavolfiori, ecc. e servire caldissima.
Zuppa contadina di povere origini, che riscalda e nutre.
Fate soffriggere due grosse cipolle con tre pomodori in poco olio.
Aggiungete due bicchieri di acqua e un ciuffo di basilico, quando l’acqua bolle versatevi quattro uova appena rotte e lasciate cuocere, finché queste ultime non diventano sode.
I fichi d’india sono dei frutti tipicamente estivi, introdotti in Sicilia dopo la scoperta dell’America, deliziosi e dolci, resi tali dal caldo e lucente sole della Sicilia: famosissimi quelli di Belpasso in pieno Parco dell’Etna.
Esistono di diversa variazione di colore:
– rossi, detti sanguigni;
– gialli, detti surfarini;
– bianchi, detti i muscareddi;
– arancioni, detti moscateddi.
Nelle località dove i fichidindia abbondano, è d’uso sfruttarli in vario modo, per poterli conservare a lungo ed ottenere dolciumi che un tempo venivano riposti come tutti i dolci nella burnia o in cassettine di legno e tenuti fuori dalla portata dei golosi bambini.
E si fa così.
Prendete un chilo di fichi d’india, tagliate prima le due estremità con le spine (attenzione a queste che sono sottilissime e quasi trasparenti) e poi tagliatele a metà; quindi cuoceteli con tutta la buccia per 15 minuti senza acqua ma con il solo loro sughetto.
Dopo, passateli al setaccio e riponeteli nuovamente sul fuoco per addensarli (occhio a non farli bruciare).
Unirvi 100 g di farina e mescolare fino ad ottenere un composto omogeneo.
Fuori dal fuoco, unire la cannella, 100 grammi di mandorle e noci abbrustolite e tritate, le bucce grattugiate di due arance e due mandarini.
Sistemare il composto in formelle di terracotta per 2 ore; poi toglietelo e mettetelo ad essiccare al sole.
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