Menù della vigilia di Natale (24 dicembre)

Scacciata catanese – Menù della vigilia di Natale

Io abito ormai da più di un decennio a Catania e dalle scuole superiori frequento i catanesi.
Essendo pure che Catania e il suo circondario può dirsi il capoluogo dell’Etna e del relativo Parco dell’Etna (anche se la sede dello stesso è a Nicolosi a 10 km di distanza da Catania).

Ma mai ho festeggiato la vigilia di Natale come si usa a Catania, per cui almeno qui desidero farlo.

Un saluto da Enzo Raneri


Menù della vigilia di Natale:

• Carciofi ripieni in tegame
• Scacciata
• Baccalà fritto
• Crispelle di riso col miele


Carciofi ripieni in tegame

Carciofi ripieni in tegame
Carciofi ripieni in tegame

Pulite sei carciofi, privandoli delle foglie esterne più dure e rimuovete anche i gambi, lasciando la base.

Allargate un poco le foglie e con un cucchiaio eliminate il “fieno” interno.

Immergeteli in una ciotola piena di acqua acidulata. Quindi passate al ripieno mettendo in una ciotola una quantità uguale di pangrattato e parmigiano grattugiato, aggiungendo qualche spicchio di aglio tritato e prezzemolo sminuzzato ambedue finemente, una presa di sale e olio, mescolando il composto adeso ma sabbioso.

Con la farcitura, dopo averli scolati, riempite gli interstizi delle foglie e l’incavo centrale fino all’orlo (u civu), premendolo con un cucchiaio.

Disponete i carciofi in una casseruola e versatevi una quantità d’acqua fino ad arrivare ad un terzo dell’altezza. Aggiungete un filo d’olio e un pizzico di sale e pepe, incoperchiate e cuocete a fuoco lento.


Scacciata

Scacciata catanese - Menù della vigilia di Natale
Scacciata catanese

Le Scacciate, all’origine, erano delle focacce di pasta di pane impastata con olio ed un pizzico di bicarbonato.

Forse non erano nemmeno esclusività della gastronomia di strada, anzi c’è a Catania chi sostiene che le scacciate siano nate in casa e solo quando furono demolite le vecchie cucine provviste di forno a legna, cioè quelle delle case nobili e borghesi, le Scacciate siano scese in strada.

Per i sostenitori dell’origine nobile, le Scacciate non nascerebbero quindi cibo popolare, è probabile che siano invece le eredi di nobili torte salate, dei pastizzi, dei timballi, magari un tempo preparate per rifocillare nobili e borghesi in gita in campagna.
Non sarebbero un caso raro, è tanta la gastronomia tradizionale, oggi popolare, che un tempo era appannaggio delle classi più abbienti e dei conventi.
Un esempio per tutti: la messinese ‘Mpanata di piscispada.

Non è quindi un caso che all’aristocratica pasta frolla, o ad una pasta sfoglia, si sia sostituita la popolare pasta di pane.
Non è nemmeno detto che ci sia stato un passaggio diretto dalle cucine baronali e conventuali alla strada; magari contemporaneamente all’arrivo in strada delle Schiacciate, la loro preparazione casalinga è rimasta per secoli in uso nelle case popolari, come d’altronde fino a pochi decenni fa erano tante le famiglie catanesi a fare la pizza in casa.

C’è la Scacciata di tuma, con tuma, acciughe, pepe e olio; la Scacciata di cavolfiori, con cavolfiori affogati nel vino, arricchiti di aglio tritato, olive nere, primosale, acciughe, e pepe; una Scacciata di cipolle, con cipollotti scalogni, acciughe, pepe e olio; una Scacciata di broccoli con broccoletti lessi e saltati in padella con aglio tritato, tuma, olive nere, acciughe, pepe e olio. Tutte varianti che sono rimaste usatissime fino ad oggi.

Per fare la Scacciata, si comincia dalla preparazione della pasta.
Per quattro porzioni, disponete un chilo di farina a fontana su di una spianatoia (o in una capiente bacinella) e formate un buco al centro.
Sciogliete circa 50 grammi di lievito (in mancanza di quello naturale, va bene anche quello di birra) in una scodellina con acqua tiepida e mescolate fino a fare sciogliere bene il tutto.
Mettete al centro della farina il composto di acqua e lievito, poi, a parte, sciogliete 20 gr di sale in un altro bicchiere di acqua tiepida; aggiungete anche quello alla farina, assieme a sei cucchiai d’olio e poi iniziate ad impastare.
Tenete vicino a voi un po’ di farina e mezzo litro di acqua tiepida, che integrerete nell’impasto mano a mano, fino a raggiungere la consistenza desiderata, che deve essere morbida ed elastica (a seconda della farina usata, potrebbe servirvi un po’ di acqua in più o in meno).
Continuate ad impastare fino ad ottenere un impasto liscio e morbido ma consistente, con il quale formerete una palla che andrete ad adagiare in una capiente ciotola (ricordatevi che l’impasto raddoppierà il suo volume), adeguatamente spolverizzata di farina sul fondo.
Datele la forma di un panetto, infarinatela ed avvolgetela in una salvietta lasciandola a lievitare per circa un’ora (se l’ambiente è freddo, impastate la farina con acqua calda e coprite la pasta con una coperta di lana), comunque sarà pronta quando comincerà a gonfiare e a crepare.
A questo punto tornate a lavorarla aggiungendo un pizzico di bicarbonato e un cucchiaio di olio extravergine d’oliva e impastatela fino al completo assorbimento di quest’ultimo.

Dividete il composto in due parti, spianatelo grossolanamente col matterello e foderate con una parte una teglia di circa cm. 28 di diametro, appena unta e infarinata, tenendo da parte l’altra foglia di pasta per coprire la Scacciata una volta imbottita.

Saldata la focaccia passatevi sopra una mano unta d’olio per livellare la pasta e prima di infornare, a forno caldissimo, bucate la parte superiore in due o tre punti con una forchetta.
I tempi di cottura variano a seconda del forno.
Mediamente basterà una mezzora perché la Scacciata sia pronta.


Baccalà fritto

Baccalà fritto foto: Vincenzo Raneri Tagliate il baccalà a pezzi non troppo grossi e mettetelo a bagno in acqua fredda per 3/4 giorni.

Cambiate spesso l’acqua (almeno due volte al giorno).

Preparate la pastella, miscelando acqua e farina, aggiungendo un poco di birra e fare riposare una decina di minuti.

Fare scaldare dell’olio extra vergine di oliva in una padella, passare i pezzi di baccalà nella pastella e buttarli nella padella.


Crespelle di riso

Crespelle di riso foto: Vincenzo Raneri Le Crispelle di Riso dette “dei Benedettini” sono dei tipici dolci fritti catanesi, a base di riso.

Sembra che a realizzare questo dolce siano state per prime le suore benedettine del convento di Catania nel XVI secolo, come risulta da antichi testi di cronisti catanesi.
Questa preparazione sembra avere anche un antenato più economico: il pane col miele.
Quando anticamente si diceva «Cc’è-mmeli,… cc’è-mmeli…»! lo si diceva per partecipare la venuta al mondo di un neonato, per cui quale cosa migliore farlo a natale con conseguente distribuzione di fette di pane spalmate con miele?

Vediamo come si preparano le crispelle.

Fate bollire il 500 grammi di riso (del tipo originario o sant’andrea) con un litro di latte di vacca e 500 grammi scarsi di acqua leggermente salata (l’acqua deve essere circa il doppio del volume del riso), fino a che tutto il liquido si assorbe ma senza che rimanga troppo asciutto.
Lasciate raffreddare bene, in modo che il composto sia ben asciutto e non cremoso.

Sciogliete un cubetto di lievito in poco latte tiepido, aggiungere 500 grammi di farina al riso ed unire il lievito sciolto e un poco di scorze di arancia e limone grattuggiate, quindi iniziate ad amalgamare in una ciotola con la mano, non è come un impasto lievitato è un composto appiccicoso e duro, che deve essere lavorato per almeno 20 minuti in modo che il lievito e la farina siano ben amalgamati.

Fate lievitare in luogo tiepido, coperto con un canovaccio per un’ora scarsa poi lavorate nuovamente e fate lievitare un’altra ora abbondante, dopo la seconda lievitazione l’impasto sarà un poco più morbido, ma sempre molto appiccicoso, lavoratelo per pochi secondi.
A questo punto munitevi di una tavoletta di legno, va benissimo anche un tagliere piccolo, ungetelo d’olio (va bene quello della frittura) con un cucchiaio anch’esso unto di olio mettete una parte dell’impasto sulla tavoletta e con un coltello unto d’olio(!) modellatelo in modo da ottenere un rettangolo che abbia una largezza di circa 8 cm, e l’altezza di un dito.

Mettendo la tavoletta sulla pentola da frittura con il coltello staccate una fettina di impasto e fatela rotolare delicatamente con la lama sul legno in modo da formare un cilindro largo quanto un dito indice grassoccio e tuffatelo nell’olio molto caldo e cuocete fino a che risulta dorato.
Una volta terminata la frittura sciogliete lo zucchero con qualche cucchiaio di acqua e le scorzette di arancia a zeste finissime, fate uno sciroppo lasciando bollire due minuti, poi aggiungete miele di zagara o altro miele fiorato, una volta che il liquido si è ben sciolto ed amalgamato, versate sulle crispelle.